Energy Clash, USA e Qatar avvertono l’Europa: “Le vostre regole sul clima mettono a rischio gas e commercio”

| 26/10/2025
Energy Clash, USA e Qatar avvertono l’Europa: “Le vostre regole sul clima mettono a rischio gas e commercio”

Cresce la tensione tra Washington, Doha e Bruxelles: la nuova direttiva europea sulla sostenibilità aziendale accende uno scontro tra transizione verde e sicurezza energetica.

Stati Uniti e Qatar scrivono a Bruxelles: la direttiva europea sulla sostenibilità (CSDDD) rischia di danneggiare gli scambi e compromettere la sicurezza energetica. Dietro la lettera del 22 ottobre 2025, un conflitto tra ambizioni climatiche e realpolitik energetica.

Un messaggio diplomatico che pesa come una minaccia

Le parole scelte dai governi di Washington e Doha non lasciano spazio a interpretazioni: le nuove regole europee sulla sostenibilità “mettono a rischio forniture, investimenti e occupazione”.
La lettera congiunta, datata 22 ottobre 2025, firmata dal Segretario all’Energia USA Chris Wright e dal Ministro dell’Energia del Qatar Saad Sherida Al-Kaabi, rappresenta un atto diplomatico di raro tempismo e di insolita durezza.

Indirizzata ai vertici della Commissione Europea, la missiva contesta la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), la normativa che impone alle grandi imprese di mappare e mitigare l’impatto ambientale e sociale delle proprie attività, incluse quelle lungo le catene di fornitura globali.
Una misura pensata per rafforzare la responsabilità delle multinazionali, ma che, secondo i firmatari, rischia di minare l’affidabilità delle forniture energetiche verso l’Europa.

In sostanza, USA e Qatar chiedono all’UE di “rivalutare” il testo della direttiva, avvertendo che, se attuata nella sua forma attuale, potrebbe avere “effetti sistemici sulla sicurezza energetica europea e sulla stabilità economica dei partner transatlantici.”

CSDDD: quando la sostenibilità diventa terreno di scontro geopolitico

La Corporate Sustainability Due Diligence Directive è una delle riforme più ambiziose del Green Deal europeo.
L’obiettivo dichiarato è nobile: responsabilizzare le imprese e rendere trasparenti gli impatti ambientali e sociali lungo tutta la catena di valore, anche fuori dai confini comunitari.

Ma il principio si scontra con la realtà geopolitica.
Per i grandi esportatori di energia come USA e Qatar, la direttiva equivale a un nuovo vincolo commerciale travestito da norma etica.
La preoccupazione principale riguarda la portata extraterritoriale del testo: gli articoli 2, 22, 27 e 29 della direttiva, infatti, estendono gli obblighi di due diligence anche ai fornitori stranieri, prevedendo sanzioni fino al 5% del fatturato globale e responsabilità civile diretta.

Washington e Doha sostengono che questa architettura normativa sia “tecnicamente impraticabile” per un settore — quello energetico — che si regge su catene logistiche transnazionali, consorzi di estrazione, appalti multipli e contratti di lungo periodo.
In altre parole, non si può governare la complessità del gas come se fosse una filiera industriale europea.

L’Europa tra ideale climatico e dipendenza energetica

Il contesto amplifica la portata dello scontro.
Dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022, l’Unione Europea ha ridotto drasticamente le importazioni di gas russo, sostituendole con forniture di LNG provenienti proprio da Stati Uniti e Qatar.
Oggi, oltre il 40% del gas liquefatto importato dall’UE arriva da questi due Paesi, che insieme hanno garantito la continuità energetica del continente nei momenti più critici della crisi.

Ecco perché la nuova direttiva viene percepita come un atto di ingratitudine mascherato da virtù.
Secondo le fonti energetiche di Doha, l’Europa “vuole allo stesso tempo predicare la sostenibilità e comprare gas.”
Un equilibrio che, con il passare dei mesi, diventa sempre più fragile.

Per molti osservatori, l’UE si trova davanti a un dilemma inedito: come conciliare la transizione ecologica con la sicurezza degli approvvigionamenti?
Un eccesso di rigore normativo rischia di scoraggiare nuovi investimenti nel settore LNG, mentre una retromarcia sulla CSDDD indebolirebbe la credibilità europea come leader globale del clima.

Washington e Doha: un’alleanza di interessi e leve

Dietro la lettera del 22 ottobre si intravede una strategia più ampia: trasformare la dipendenza energetica europea in leva diplomatica.
Gli Stati Uniti, oggi primo esportatore mondiale di LNG, e il Qatar, secondo produttore globale, condividono un obiettivo comune: mantenere l’Europa come cliente stabile e prevedibile.

A Washington, la CSDDD viene letta come un tentativo europeo di “legiferare oltre confine”, imponendo standard ambientali che potrebbero penalizzare le società americane operanti in tutto il mondo.
A Doha, invece, la preoccupazione è più pragmatica: l’applicazione del testo potrebbe rallentare nuovi investimenti e compromettere la competitività dei contratti a lungo termine.

Il nervo scoperto dell’industria europea

La direttiva non divide solo i partner internazionali, ma anche il tessuto produttivo europeo.
Le grandi aziende manifatturiere, già sottoposte a costi crescenti per l’energia e la decarbonizzazione, vedono nella CSDDD un nuovo strato di burocrazia e incertezza legale.
Molti gruppi industriali tedeschi, italiani e francesi hanno chiesto una revisione del testo, temendo che l’eccesso di rigidità possa spingere le forniture critiche fuori dall’orbita europea.

Dall’altra parte, ONG e think tank climatici difendono la direttiva come “strumento storico di responsabilità globale”, capace di evitare che le imprese europee “scarichino i propri impatti ambientali e sociali sui Paesi produttori.”

È un confronto che rivela un punto debole della transizione: non basta fissare obiettivi etici, bisogna garantire che siano sostenibili anche per chi deve realizzarli.

La leadership normativa dell’UE sotto pressione

Negli ultimi dieci anni, Bruxelles ha costruito la propria influenza globale più attraverso le regole che attraverso la forza militare o economica.
È la cosiddetta Brussels Effect: l’idea che gli standard europei — dal GDPR al CBAM — finiscano per plasmare le pratiche globali.

La CSDDD rientra in questa logica, ma la reazione americana e qatariota dimostra che la stagione dell’influenza normativa unilaterale sta toccando un limite.
In un mondo multipolare, dove le catene energetiche e industriali sono globali, l’imposizione di regole “made in Europe” rischia di essere percepita come una forma di protezionismo climatico.

Il rischio per l’UE è di trasformarsi da pioniera della sostenibilità in regolatore isolato, mentre gli altri attori definiscono le regole del gioco.

L’Europa al bivio tra potere verde e realpolitik

La lettera non è soltanto un avvertimento tecnico: è un atto politico che ridefinisce i rapporti di forza nel mondo post-carbon.
Gli Stati Uniti e il Qatar hanno ricordato all’Europa una verità scomoda: non esiste sovranità climatica senza sovranità energetica.

La sfida, ora, è tutta europea: mantenere l’ambizione di guidare la transizione globale, senza perdere i pilastri che tengono in piedi la propria economia.
Sarà un esercizio di equilibrio, di visione e di coraggio politico.

Perché il futuro del potere non apparterrà a chi produce più energia o impone più regole, ma a chi saprà tenere insieme entrambe le cose — sostenibilità e sicurezza — in un mondo che non concede più il lusso delle scelte semplici.

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