Per un’IA che Aumenti la Creatività Umana

| 05/07/2025

Tutte le cose artificiali che l’uomo ha creato sono proiezioni del suo pensiero, delle sue capacità e dei suoi desideri. Questo naturalmente vale anche per le tecnologie informatiche e per l’intelligenza artificiale (IA), disciplina dell’informatica che sta sempre più diventando una parte molto rilevante. L’IA che oggi usiamo è nei fatti una proiezione del pensiero umano, dei desideri e delle capacità dei ricercatori informatici e delle aziende digitali che l’hanno studiata, progettata e realizzata.

Oggi siamo di fronte a una IA che ambisce a sostituire gli umani in molti dei loro compiti. È stato questo l’obiettivo originario che gli hanno assegnato i primi scienziati che se ne sono occupati nella seconda metà del secolo scorso. Tra questi Alan Turing, Warren McCulloch, Walter Pitts, John McCarthy, Frank Rosenblatt. Tutti studiosi che hanno pensato a sistemi automatici capaci di comportarsi come gli umani. Il loro intento era quello di fare un salto in avanti per avere macchine raziocinanti che permettessero di andare oltre l’automazione del lavoro umano manuale per raggiungere l’automazione del lavoro intellettuale.

L’esempio originario dell’imitation game proposto da Turing andava proprio in questa direzione. Alan Turing sostanzialmente sosteneva che un computer può essere considerato intelligente se riesce a conversare con un essere umano senza che questi si accorga che sta invece dialogando con una macchina. Questo approccio ha ricevuto alcune critiche perché l’imitation game assume che per un computer sia sufficiente rispondere come un umano per dimostrare di avere capacità di pensiero. Oggi i chatbot, come ChatGPT e Gemini, sono capaci di sostenere brillantemente l’imitation game e fornire risposte come sa fare un umano, anche se questo non implica che abbiano capacità di pensiero umano.

Di fatto siamo ormai di fronte a una nuova forma di intelligenza non naturale che sta già sostituendo quella umana in moltissimi contesti, nel mondo dell’educazione, nei lavori amministrativi, nella sanità, nell’industria e nel commercio. Oggi la sostituzione dell’intelligenza umana con quella delle macchine è l’obiettivo principale dei grandi magnati delle tecnologie digitali che si sono impossessati dell’IA generativa e pensano di usarla per sostituire, praticamente in tutti i settori, impiegati e lavoratori in carne ed ossa.

Le ragioni sono molte e tra queste efficienza e profitto sono tra le prime. Non è un caso, infatti, che il capitalismo avanzato del XXI secolo spinge moltissimo per l’adozione sempre più ampia dell’IA in tutti i settori cruciali dell’economia mondiale. D’altra parte, i sistemi di IA si stanno mostrando efficaci in molti ambiti e si conquistano spazi di azione e di autonomia in tantissimi settori ogni giorno di più; spesso a scapito degli esseri umani che si vedono sostituire in tanti compiti. Tuttavia, non si può ignorare il fatto che questi sistemi rischiano di farci diventare sempre più soggetti passivi, come sembra dimostrare uno recente studio del MIT Media Lab. Questa ricerca evidenzia che l’uso dei sistemi di IA generativa provoca un calo significativo della capacità cognitiva autonoma non come effetto transitorio, ma con impatti duraturi sulla capacità di pensiero umano indipendente.

Eppure, questo approccio sostitutivo, oggi preminente, non sarebbe l’unico da praticare nello sviluppo e nell’uso dei sistemi di IA. Oltre ai sistemi intelligenti attuali che sanno fare tante cose al posto degli umani (descrivere, modellare, apprendere, prevedere, generare), è possibile avere sistemi di IA che aumentino le nostre percezioni, la nostra creatività, le nostre potenzialità, i nostri orizzonti e il nostro pensiero. Potremmo così avere una IA che estende la mente umana, non che la sostituisce. Una forma di intelligenza delle macchine che ci aiuta ad usarla pienamente per superare i limiti fisiologici attuali. Per essere migliori, non per essere messi da parte.

Nel mondo della ricerca esistono già delle attività in un settore specifico che prende il nome di augmented intelligence. L’intelligenza aumentata è infatti quell’ambito dell’intelligenza artificiale in cui le tecnologie informatiche assistono gli esseri umani anziché sostituirli. Tipicamente, questo avviene utilizzando l’apprendimento automatico per aiutare gli umani a prendere decisioni più intelligenti, a svolgere compiti in maniera facilitata. Quando affiancati agli esseri umani, i sistemi di intelligenza aumentata hanno il vantaggio “di offrire una visione più ampia del buon senso”, che i sistemi di IA tendono a non possedere a causa della loro visione ristretta ai dati e alle informazioni usate.

Se si seguisse questo approccio, invece di preoccuparsi di avere una IA creativa fino al punto di poterci sostituire nei compiti intellettuali, ci dovremmo preoccupare di avere una IA che ci renda più creativi. Insomma, si potrebbe andare al di là delle possibilità umane raggiunte con l’evoluzione, che sono comunque notevoli, e lavorare per progettare sistemi e definire tecnologie di IA capaci di rendere gli esseri umani più creativi, più perspicaci, più raffinati, più complessi, anziché farli diventare soggetti passivi di fonte a macchine che ci dicono cosa vedere, cosa leggere, come muoverci, cosa comprare.

Naturalmente ci potrebbe essere qualcuno scettico su questo nuovo approccio, e potrebbe domandare: ma cosa cerchiamo in più di tutto quello che l’IA fa già e che ci è difficile comprendere e gestire? A questa domanda si potrebbe rispondere che ci sarebbe altro, non tanto in più ma di differente, da considerare. I modelli mentali di percezione, intuizione e ragionamento sono quelli che ci rendono esseri intelligenti, allora bisogna chiedersi, l’IA ci può fornire nuovi modelli mentali, forme di ragionamenti innovativi, estesi ed efficaci? Insomma, qualcosa in più di quello che abbiamo, non solo maggiore velocità di calcolo e di analisi dei dati a disposizione. Qualcosa di nuovo per immaginare quello che ancora non conosciamo ma potremo conoscere, che potrà esistere se saremo in grado di pensarlo.

Si potrebbe avere una forma di intelligenza capace di intuizione, cioè in grado di avere una perspicacia che vada oltre quello che i dati che analizza contengono.  Per questo ci vorrebbe qualcosa di attinente con il concetto di “emergenza” dei sistemi complessi che hanno proprietà e comportamenti che non possono essere previsti osservando solo le loro singole parti. Come quello che avviene in un formicaio non può essere compreso dal comportamento di una singola formica, l’emergenza è la comparsa di nuove qualità o comportamenti a un livello superiore di organizzazione, che non sono presenti o prevedibili a livello inferiore. In poche parole, il tutto è più della somma delle sue parti. Questo potrebbe scaturire da comportamenti collaborativi tra umani e IA, senza che siano le macchine ‘intelligenti’ a decidere per noi.

Per i romantici, l’intuizione era spesso considerata una facoltà superiore, un accesso diretto alla verità al di là della ragione. Sapremo avere una IA romantica per migliorare il nostro modo di interagire con la realtà, non per limitarlo? Chissà se un giorno potremo avere l’”intuizione intellettuale” di cui parlava Hegel per indicare una forma di intuizione che non è puramente sensibile, ma è già mediata dal pensiero. Un’intuizione facilitata dai sistemi di IA che non si contrapponga alla ragione umana, ma che ne sia parte integrante, anzi che la migliori.

L’incontro tra la creatività umana e l’intelligenza artificiale sta dando vita a estetiche ibride che cambiano le categorizzazioni tradizionali e sfidano le capacità dell’intelletto umano. Sarebbe importante studiare e realizzare sistemi di IA capaci di pensiero divergente, in grado di aiutarci ad aumentare il nostro pensiero creativo, anche tramite la costruzione di relazioni e connessioni insolite e non convenzionali. Sarebbe una IA a servizio della creatività umana e non improntata a limitarla, come rischia di accadere oggi. Se questo accadrà avremo un futuro con idee umane migliori di quelle prodotte fino ad oggi, invece di rischiare di avere un domani in cui saranno le macchine ad avere le idee e noi a limitarci a svolgere il ruolo di esecutori.

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