Open Fiber e la favola della rete pronta e disponibile

| 02/12/2025
Ingresso moderno con arredi magenta e figure professionali sfocate sullo sfondo in un ambiente che richiama gli uffici Open Fiber.

Le mappe ufficiali di copertura raccontano una storia di apparente progresso, ma chi prova a richiedere un collegamento FTTH scopre, nella pratica, che la fibra non arriva lì dove è stata dichiarata. Le autorità pubbliche, specialmente quelle preposte al controllo sullo stato di avanzamento della rete, dovrebbero pretendere chiarezza sui dati reali.L’Italia merita (anzi necessita di) una rete davvero completata e non semplicemente dichiarata.

C’è un’abitudine molto italiana, nella quale spesso ci si imbatte, che consiste nel dichiarare la missione che ci è stata assegnata come compiuta, anche quando la realtà dimostra l’esatto contrario.

Certo, qualcuno di voi potrà dire: “Ma non è sempre così”.

Ed è vero. Ma nel caso di Open Fiber, questa abitudine ha assunto dimensioni paradossali.

Mentre i vertici della società parlano di una rete “quasi completata” e diffondono un nuovo mantra cavouriano: “Fatta la rete, ora bisogna fare i clienti” – milioni di cittadini e imprese continuano a vivere in aree dove la fibra è solo una promessa scritta nei report aziendali, magari mandati anche a Bruxelles.

Le mappe ufficiali di copertura raccontano una storia di apparente progresso, ma chi prova a richiedere un collegamento FTTH scopre, nella pratica, che la fibra non arriva lì dove è stata dichiarata.

Il risultato è un alto livello di scontentezza degli gli utenti finali e di irritazione degli operatori di tlc, che si trovano a fare contratti che poi non possono onorare.

Ma attenzione, nonostante le apparenze, ciò di cui parliamo non è un dettaglio tecnico o commerciale. È innanzitutto un problema politico che si trasforma immediatamente in un problema di credibilità di sistema.

Viene allora da chiedersi come sia possibile che fondi pubblici destinati alla digitalizzazione del Paese, peraltro ingenti e per buona parte rientranti nelle dotazioni del PNRR, si trasformino in una gigantesca operazione di marketing maldestramente orientata.

Ma l’Italia non ha bisogno di slogan.

Ha bisogno di risultati certi e verificabili.

Invece di chiedere il finanziamento pubblico di voucher o costose, quanto inutili, campagne di sensibilizzazione verso utenti che sarebbero ben felici di pagare per avere quella rete che non c’è, sarebbe più utile completare davvero la rete, collegare concretamente le abitazioni e dimostrare nei fatti che la banda ultra larga esiste non solo nei comunicati stampa, ma è presente nelle disponibilità condominiali a disposizione di cittadini e imprese.

La verità è che il “take up” – ovvero la percentuale di utenti che si collegano alla rete in fibra – è elevata solo nelle Aree nere, perché solo in quelle aree la rete è collegata alle abitazioni.

Non a caso, là dove la fibra è disponibile e funziona, il mercato risponde spontaneamente. E la ragione è molto semplice: nessuno rifiuta una connessione veloce, stabile e affidabile.

Il problema quindi non è la domanda, il problema è l’offerta.

O, meglio, la mancanza di trasparenza sui risultati reali dell’offerta.

Le autorità pubbliche, specialmente quelle preposte al controllo sullo stato di avanzamento della rete, dovrebbero pretendere chiarezza sui dati reali.

Quanti numeri civici sono effettivamente connessi, quanti ordini di collegamenti restano “KO” (come si dice in gergo) per mancanza di infrastruttura, e quanti milioni di euro sono stati spesi per una rete che in molte zone resta semplicemente virtuale?

Senza questa verifica indipendente, parlare di “switch-off del rame” è una finzione, anzi una impostura. Prima si costruisce la rete, poi si spengono le vecchie linee. Come accade in tutta Europa. Non il contrario.

Open Fiber è nata con una missione importante: portare la fibra nelle aree dove il mercato non arriva. Ma oggi, a distanza di anni e miliardi di fondi già spesi, serve un bagno di realtà.

L’Italia merita (anzi necessita di) una rete davvero completata e non semplicemente dichiarata.

Solo allora potremo parlare dei modi migliori per “fare i clienti”.

Fino a quel momento, sarebbe meglio tornare a “fare la rete”.

Barberio & Partners s.r.l.

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