L’organizzazione Tax Foundation ha pubblicato anche quest’anno l’indice di competitività fiscale internazionale (ITCI) che ha l’obiettivo definire in che misura il sistema fiscale di un paese rispetta due aspetti importanti della politica fiscale: competitività e neutralità. Un prospetto molto importante per chi deve gestire la cosa pubblica che si può scaricare da questo link
Il concetto di competitività fiscale
Per valutare competitività e neutralità, l’ITCI esamina oltre 40 variabili di politica fiscale, valutando sia le aliquote fiscali, sia la struttura delle imposte sulle società, sul reddito delle persone fisiche, sui consumi, sulla proprietà e sugli utili realizzati all’estero. Una panoramica del fisco dei paesi sviluppati per evidenziare i modelli di riforma buoni o cattivi e fornire importanti indicazioni su come migliorare la politica fiscale.
Le imposte svolgono un ruolo importante per la salute dell’economia di un Paese anche se non sono l’unico fattore che influenza la performance economica.
In un sistema fiscale competitivo vengono tenute basse le aliquote marginali: infatti nel mondo globalizzato odierno, il capitale è altamente mobile e le imprese possono scegliere di investire in qualsiasi numero di paesi in tutto il mondo per trovare il tasso di rendimento più elevato. Ciò significa che le imprese cercheranno paesi con aliquote fiscali più basse sugli investimenti per massimizzare il loro tasso di rendimento al netto delle imposte.
Se l’aliquota fiscale di un paese è troppo elevata, gli investimenti fuggono altrove: la conseguenza è un rallentamento della crescita economica. Inoltre, aliquote marginali elevate ostacolano anche gli investimenti nazionali e portano all’elusione fiscale.
Secondo una ricerca dell’OCSE, le imposte sulle società sono le più dannose per la crescita economica, mentre le imposte sul reddito delle persone fisiche e sui consumi lo sono meno. Le imposte sui beni immobili hanno il minimo impatto sulla crescita.
Un sistema fiscale neutrale è quello che genera il maggior gettito con il minor numero di distorsioni economiche, quindi non favorisce i consumi rispetto al risparmio, come accade con le imposte sugli investimenti e le imposte sul patrimonio. Inoltre elimina le agevolazioni fiscali per attività specifiche svolte da imprese o individui ed evita che imprese o individui facoltosi possano ottenere vantaggi fiscali con escamotage particolari.
Un sistema fiscale competitivo e neutrale promuove una crescita economica sostenibile e investimenti, generando al contempo entrate sufficienti per le priorità del paese.
La competitività fiscale dell’Italia e rispetto ad altri paesi
Analizzando il prospetto sopra citato possiamo vedere il ranking dei vari paresi industrializzati e come si colloca l’Italia in questo scenario.
L’Estonia è al top fra i paesi OCSE col valore massimo 100, seguita da Latvia (92,8) che ha recentemente adottato lo stesso modello: ad esempio sono paesi che paesi che consentono l’ammortamento del 100% sugli investimenti di capitale, poiché le loro imposte sulle società si applicano solo agli utili distribuiti e questo dà un grande incremento allo sviluppo.
In Europa hanno ottime posizioni nella fascia dell’80 anche Svizzera e Lussemburgo. Ma anche Ungheria, Repubblica Ceca e Svezia (con rating fra 76 e 78) sono ben al di sopra delle altre nazioni europee.
Austria, Germania, Grecia, Finlandia e Slovenia sono circa a metà della lista, con rating fra 66 e 69, mentre Italia (50,3) e Francia (45,8) sono il fanalino di coda: una posizione obiettivamente imbarazzante.
Questo evidenzia come decenni di politica fiscale italiana basata su privilegi, demagogia e voti di scambio mascherati da sussidi e aiutini vari abbiamo bloccato la nostra economia. Unica consolazione: dallo scorso anno l’Italia ha guadagnato 4 punti passando dall’ultimo posto al penultimo. Forse qualcosa si muove, ma è decisamente poco per recuperare tutti i danni fatti in passato.
Lo studio fa anche un commento sugli aspetti positivi e negativi del sistema fiscale delle nazioni esaminate. Ecco i commenti sull’Italia:
Aspetti positivi:
- Possibilità di recupero degli investimenti in macchinari, edifici e beni immateriali superiore alla media dei paesi analizzati.
- È consentito il trattamento “last in, first out” per il costo delle scorte.
- Trattati fiscali con 103 paesi che favoriscono i rapporti internazionali
Aspetti negativi:
- Molte imposte patrimoniali distorsive, con imposte separate su trasferimenti immobiliari, successioni e transazioni finanziarie, e un’imposta sul patrimonio su alcuni beni.
- Aliquota IVA del 22% fra i più alti dell’OCSE e allo stesso tempo molti più prodotti con tasse minime o esentasse rispetto agli altri paesi.
- Imposta sulle società del 27,8% significativamente superiore alla media OCSE (24,2%).
E chi conosce bene la situazione italiana potrebbe anche aggiungere un altro commento negativo: nello sviluppo del Paese la burocrazia con l’eccessiva quantità di norme e la difficoltà nell’interpretarle fanno anche più danni delle tasse.
