Il ricatto morale di DAZN: intimidazione inappropriata, ma travestita da conciliazione

| 09/10/2025

DAZN, invece di investire in educazione digitale, prevenzione e comunicazione trasparente, sceglie la via più autoritaria e arrogante: quella del “pagate o vi perseguiamo”, una sorta di disintermediazione del diritto, una modalità di farsi giustizia da soli arrogandosi il diritto di stabilire le regole del gioco. C’è anche un paradosso etico: DAZN, che ha mostrato problemi tecnici, abbonamenti costosi, interruzioni di servizio e un’assistenza spesso inefficiente, pretende “pentimento” dagli utenti come se fosse un’autorità morale.

La lettera inviata da DAZN agli utenti accusati di pirateria rappresenta uno dei peggiori esempi di abuso comunicativo e giuridico da parte di un’azienda privata nei confronti dei cittadini.

Dietro la formula apparentemente “bonaria”, una intimazione di non poco conto: “…pagate 500 euro per comporre il caso e pentitevi…”, dietro cui si nasconde un atteggiamento intimidatorio, privo di reale fondamento giuridico e profondamente sbagliato sul piano del rapporto con i consumatori.

Una comunicazione che scivola nel ricatto psicologico

Quando una società privata scrive a un cittadino (già colpito da un procedimento o da una multa da parte della Guardia di Finanza) chiedendogli di versare 500 euro “per evitare ulteriori azioni giudiziarie”, siamo al limite del ricatto morale.
DAZN utilizza toni che evocano paura e colpa (“pentitevi”), facendo leva su un possibile rischio legale futuro per spingere il cittadino a pagare, anche in assenza di una sentenza, di un accertamento definitivo o di una quantificazione del danno.
Questo approccio non ha nulla a che vedere con la giustizia privata o la tutela dei diritti d’autore: è una forma di pressione indebita su persone che, nella maggior parte dei casi, non dispongono di strumenti legali o conoscenze sufficienti per difendersi.

Giuridicamente discutibile, se non illegittimo

Dal punto di vista del diritto, la “composizione bonaria” proposta da DAZN non è sostenuta da alcuna base normativa chiara.
Una società privata non può “autoattribuirsi” il potere di infliggere sanzioni o di proporre una sorta di “patteggiamento extragiudiziale” in cambio di denaro, fuori da un contesto processuale e senza un titolo legale preciso.
L’uso di una cifra forfettaria — 500 euro — è arbitrario e non tiene conto del reale danno subito, né delle circostanze individuali.
Inoltre, la minaccia implicita (“in mancanza di pagamento, ci riterremo liberi di agire in giudizio”) può configurare, a seconda dei casi, una pressione indebita o una pratica commerciale aggressiva ai sensi del Codice del Consumo (art. 24 e seguenti del D.Lgs. 206/2005).

Soprattutto, la comunicazione lascia intendere che il solo accertamento della Guardia di Finanza costituisca prova di colpevolezza, violando così il principio di presunzione d’innocenza tutelato dall’art. 27 della Costituzione.

Un disastro dal punto di vista dell’immagine e del rapporto con il pubblico

DAZN, invece di investire in educazione digitale, prevenzione e comunicazione trasparente, sceglie la via più autoritaria e arrogante: quella del “pagate o vi perseguiamo”, una sorta di disintermediazione del diritto, una modalità di farsi giustizia da soli arrogandosi il diritto di stabilire le regole del gioco.
Questo atteggiamento allontana il pubblico, distrugge la fiducia e trasmette un messaggio pericoloso: che l’azienda considera i propri potenziali clienti come sospetti da redimere, non come persone da comprendere o da riportare sulla via della legalità attraverso strumenti intelligenti e proporzionati.
Un’azienda moderna, responsabile e con una reale visione di lungo termine, avrebbe potuto:

  • offrire un’amnistia condizionata e la possibilità di sottoscrivere un abbonamento legale a prezzo agevolato;
  • promuovere una campagna educativa contro la pirateria digitale, spiegando le conseguenze e valorizzando l’offerta legittima;
  • collaborare con le autorità in modo trasparente, senza trasformarsi in “giudice e parte”.

Invece, DAZN sceglie la scorciatoia della paura e del moralismo, perdendo un’occasione per rafforzare la propria reputazione e costruire una relazione di fiducia con i tifosi.

Il paradosso della “penitenza” in un mercato mal gestito

C’è anche un paradosso etico evidente: DAZN, che negli ultimi anni ha mostrato problemi tecnici, abbonamenti costosi, interruzioni di servizio e un’assistenza spesso inefficiente, pretende “pentimento” dagli utenti come se fosse un’autorità morale.
Un’azienda che non ha saputo garantire una qualità del servizio stabile e accessibile non può pretendere di ergersi a giudice del comportamento dei propri clienti.
La pirateria, pur illegale, è anche il sintomo di un’offerta inadeguata o troppo onerosa. Trattare gli utenti come criminali non risolve il problema: lo aggrava.
Ciò che ne viene fuori è una lezione di arroganza, non di legalità.
Questa lettera non è un atto di giustizia, ma un atto di arroganza aziendale. Trasforma un problema complesso — quello della pirateria digitale — in una questione di denaro e paura, invece di affrontarlo con cultura, innovazione e rispetto per le persone.
In un’epoca in cui le piattaforme dovrebbero costruire fiducia e trasparenza, DAZN sceglie la via del conflitto e dell’intimidazione.
Un errore grave, che rischia di ritorcersi contro di lei non solo nelle aule dei tribunali, ma soprattutto nella percezione pubblica: quella, ormai consolidata, di una società che ha perso il contatto con i propri utenti.

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