Il Gigabit Act cambia le regole: anche le tower companies diventano soggetti regolati

| 13/06/2025

Con l’entrata in vigore del Gigabit Infrastructure Act (GIA), l’Europa volta pagina: finisce l’epoca delle tower companies non regolamentate. Da semplici gestori di infrastrutture passive, diventano ora soggetti regolati a pieno titolo, chiamati a contribuire attivamente alla costruzione della rete digitale europea del futuro. Il messaggio di Bruxelles è chiaro: non si può più sostenere la trasformazione tecnologica lasciando zone grigie nell’accesso, nella trasparenza e nei prezzi delle infrastrutture fondamentali come torri, tralicci e rooftop.

Per anni, le tower companies hanno prosperato grazie a modelli ad alta marginalità e basso rischio, spesso sostenuti da fondi infrastrutturali in cerca di rendimenti stabili e prevedibili. Ma ora il quadro cambia radicalmente: il GIA le assimila formalmente agli operatori di rete, imponendo obblighi di apertura, trasparenza, collaborazione e controllo economico. È la fine di una rendita garantita.

Obbligo di accesso e potenziale terremoto contrattuale

Il principio cardine del GIA è rivoluzionario nella sua semplicità: le tower companies dovranno garantire l’accesso fisico alle loro infrastrutture a tutti gli operatori di reti ad altissima capacità (VHCN), come quelle in fibra e 5G, a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie. Non si tratta più di relazioni bilaterali chiuse e opache: i termini contrattuali diventano materia regolata e trasparente.

Alla luce di questa trasformazione normativa, è altamente probabile che gli operatori di rete inizino a chiedere la rinegoziazione delle condizioni economiche previste nei contratti in essere con le tower companies. Prezzi fissati in contesti meno competitivi, durate vincolanti, clausole poco flessibili: tutto sarà messo sul tavolo. E con esso, anche il rischio di contenziosi legali e tensioni tra operatori e fornitori di infrastrutture. La regolazione introduce certezza, ma anche un nuovo campo di battaglia negoziale.

Un mercato finalmente trasparente

Il GIA introduce, inoltre, il Single Information Point (SIP): una piattaforma digitale unificata dove tutte le tower companies saranno tenute a condividere informazioni sulle proprie strutture – dalla localizzazione alla disponibilità, dai cantieri ai prezzi di riferimento. Si tratta di un cambiamento strutturale: ciò che prima era un vantaggio informativo privato, diventa ora bene comune a servizio dell’intero ecosistema digitale.

Prezzi sotto controllo e investimenti sotto pressione

La regolazione stabilisce che i prezzi di accesso alle infrastrutture passive dovranno riflettere le condizioni di mercato e garantire un ritorno equo, ma senza costituire una barriera all’ingresso o un freno al roll-out delle reti. Ma qui si apre una questione delicata: molti investitori finanziari che hanno scommesso sulle tower companies lo hanno fatto contando su modelli di pricing “liberi”, con previsioni di cash flow certe e crescenti. L’introduzione di vincoli regolatori, e la prospettiva di una rinegoziazione al ribasso, rischia di impattare negativamente sulle valutazioni patrimoniali e sulla propensione a nuovi investimenti.

Controversie più rapide, ma più frequenti

Il GIA prevede procedure accelerate per la risoluzione delle dispute – da uno a quattro mesi – con l’intervento diretto dell’autorità competente. Una misura necessaria per evitare che i conflitti rallentino la transizione digitale. Ma anche qui, il rischio è di vedere un’esplosione di contenziosi nel breve periodo, man mano che gli operatori inizieranno a far valere i nuovi diritti che il GIA riconosce loro.

Anche gli aggregatori sotto la lente

Il GIA estende, inoltre, l’obbligo di negoziazione in buona fede alle tower companies che operano come land aggregators, cioè che raccolgono e gestiscono diritti di utilizzo su siti e immobili per conto degli operatori. Anche in questo ambito, finisce la stagione dell’opacità e dei margini arbitrari: la regolazione entra nel cuore della filiera.

Un’Europa che non vuole più restare indietro

Il contesto geopolitico è evidente: Stati Uniti e Cina stanno investendo massicciamente in reti ad altissima capacità e l’Europa non può permettersi di rimanere indietro. Il GIA è una risposta strategica, un tentativo di superare frammentazioni, lentezze autorizzative e barriere economiche che per anni hanno frenato l’avanzamento delle reti gigabit e 5G.

Il futuro regolato delle torri

Il Gigabit Infrastructure Act non è una minaccia, ma un’opportunità: per costruire una rete europea più aperta, accessibile, e competitiva. Le tower companies, finora abituate a operare in un contesto favorevole, devono ora prepararsi a un nuovo scenario: più trasparente, più contendibile, e pienamente regolato.

Per gli investitori, sarà una fase di adattamento. Per gli operatori, un’occasione per riequilibrare il potere contrattuale. Per l’Europa, l’inizio di una rete veramente integrata. E per tutti, il segnale che le torri – da infrastruttura silenziosa – sono diventate, finalmente, materia viva di politica industriale.

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