I ritardi di Open Fiber e le case scollegate. Ma chi controlla il corretto impiego dei soldi pubblici?

| 10/02/2025

Sino a oggi sono stati spesi miliardi di fondi pubblici, italiani ed europei, senza i dovuti controlli sulla reale conduzione del progetto. A pagarne il prezzo sono, ancora una volta, i cittadini e i consumatori, che vedono miliardi di euro spesi, senza ottenere un servizio realmente funzionante e degno di questo nome.

Open Fiber ha fatto partire nei giorni scorsi la sua nuova campagna “100% Fibra Vera” e ha promesso di portare la “fibra vera” in tutta Italia, ma la realtà è ben diversa dalle aspettative.

Risultati sbandierati, ma cittadini senza fibra

Mentre l’azienda continua a vantarsi dei suoi risultati, la copertura della rete FTTH è solo teorica e milioni di case restano ancora scollegate.
E così Open Fiber, che doveva essere la “rivoluzione della connettività”, ha trasformato l’aspettativa sulla rete in una lunga attesa per cittadini e imprese che non possono ancora utilizzare la fibra, anche quando questa è fisicamente presente nelle loro città.
Open Fiber ha, infatti, ricevuto miliardi di euro di fondi pubblici per cablare le cosiddette Aree Bianche (quelle a fallimento di mercato), ma il risultato è che molte di queste zone hanno la fibra installata solo sulla carta, con troppe strade scavate e troppi cavi posati, ma senza che poi qualcuno si sia preoccupato di completare il lavoro, collegando effettivamente le abitazioni alla rete.
Da qui i problemi di lentezza con cui vengono effettuati gli allacciamenti finali.
E così, Open Fiber ha costruito una rete che spesso resta inutilizzata, proprio perché manca il passaggio cruciale: quell’ultimo passo che consente di portare la fibra dalla strada alle case.
I tempi di attesa per l’attivazione sono lunghissimi e, in molti casi, i cittadini si ritrovano in un limbo, senza sapere quando potranno finalmente usufruire della banda ultralarga. Da qui la protesta di decine di sindaci, come testimoniato costantemente dalla cronaca quotidiana.

I problemi di gestione di Open Fiber

Ma non è solo una questione di ritardi, il problema sembra essere la stessa gestione operativa dell’azienda che ha mostrato gravi carenze. E insistiamo su questo aspetto perché Open Fiber è nata per superare i limiti degli interventi delle aziende private del settore. E così non è stato.
Gli interventi sono invece frammentati, la comunicazione con gli operatori retail è inefficace e, in molte città, come abbiamo denunciato, le infrastrutture rimangono inutilizzate per mesi a causa di problemi organizzativi.
Questo può voler dire che Open Fiber ha sottovalutato la complessità del processo, credendo che bastasse posare la fibra per risolvere il problema. In realtà, senza una strategia chiara per accelerare gli allacciamenti, il rischio è quello di avere un’infrastruttura fantasma. Presente, ma inutilizzabile.

Quale uso di fondi pubblici?

Poi, c’è un problema ancora più grave che nessuno sembra voler affrontare.
Sino a oggi sono stati spesi miliardi di fondi pubblici, italiani ed europei, ma si ha evidentemente la netta sensazione che non siano stati effettuati i dovuti controlli sulla reale efficacia del progetto.
Open Fiber, vogliamo ricordarlo, ha beneficiato di ingenti risorse pubbliche per costruire la rete nelle aree meno redditizie per il mercato, con il sostegno dell’Unione Europea e dello Stato italiano.
Si tratta di soldi pubblici che vanno spesi con responsabilità, con efficienza e portando a compimento gli obiettivi per cui sono stati stanziati.
Si registra pertanto la colposa mancanza di un rigoroso monitoraggio, mancanza che ha permesso l’accumulo di ritardi su ritardi, lasciando migliaia di cittadini senza connessione, nonostante l’enorme investimento.
E allora viene da chiedersi: “Ci sono state verifiche puntuali sull’effettiva capacità di Open Fiber di rispettare i tempi e le promesse?
Si sa per certo dello sforamento di quasi tutti gli obiettivi, che aspettano peraltro ancora oggi, dopo anni, di essere raggiunti.
Il rischio è pertanto che si ripeta il solito schema fatto di grandi annunci, con l’impiego di finanziamenti pubblici mal impiegati, il tutto con poche reali ricadute per cittadini e imprese.

Chi assicura trasparenza al processo?

A tutto questo si aggiungono problemi di trasparenza.
Open Fiber continua a parlare di “unità immobiliari coperte”, ma il dato è fuorviante.
Essere “coperti” dalla fibra non significa essere realmente connessi, come è ben noto anche ai non addetti ai lavori, e i numeri effettivi delle abitazioni che hanno davvero accesso alla fibra sono molto più bassi di quanto l’azienda dichiari e voglia far credere.
Questa strategia comunicativa ha contribuito a creare confusione tra gli utenti, che spesso scoprono che la loro abitazione non è ancora attivabile, ma solo dopo aver sottoscritto un regolare contratto di offerta del servizio.
Il risultato è che l’Italia, nonostante gli investimenti, resta indietro rispetto ad altri Paesi europei. E così, invece di colmare il divario digitale, Open Fiber ha creato un nuovo problema: una rete incompleta che non si riesce a trasformare in un servizio concreto per i cittadini.

E allora cosa fare?

La soluzione non può essere quella di aspettare che Open Fiber risolva da sola i suoi problemi.
Rischiamo di non uscirne.
Serve un intervento immediato per riorganizzare il lavoro di copertura, accelerare le attivazioni e garantire che le abitazioni vengano realmente connesse. Ma, soprattutto, servono controlli seri e trasparenti, da parte dei soggetti istituzionali preposti, governo e agenzie statali preposte, su come sono stati utilizzati i fondi pubblici sino ad ora.
Il governo e le autorità competenti devono pretendere maggiore efficienza, perché una rete di fibra ottica che esiste solo sulla carta non serve a nessuno. In conclusione (e a costo di essere pedanti), Open Fiber ha avuto l’occasione di rivoluzionare la connettività in Italia, ma per ora ha solo accumulato ritardi ed errori. Oggi, a pagarne il prezzo sono, ancora una volta, i cittadini e i consumatori, che vedono miliardi di euro spesi senza ottenere un vero servizio funzionante e degno di questo nome.

C’è da augurarsi che qualcuno prenda le dovute iniziative.

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