In un’economia globale sempre più interconnessa l’espansione internazionale delle catene di grande distribuzione organizzata (GDO) e’ un potente strumento di sviluppo dell’export.
Consideriamo in particolare il settore enogastronomico, in cui l’Italia ha l’immagine di eccellenza. Francia, Germania e Spagna hanno esportato con successo i loro modelli di distribuzione commerciale oltre i confini nazionali. Invece l’Italia resta indietro nonostante il suo enorme potenziale, perché la politica italiana ha sempre ignorato questa opportunità nelle sue strategie, limitandosi a pochi interventi occasionali.
Posso citare due esperienze personali. Anni fa, dovendo creare a Shanghai un evento sull’enogastronomia italiana, abbiamo dovuto chiedere aiuto a un ipermercato tedesco gestito da un manager italiano per esporre i prodotti italiani. Oggi vivo all’estero: a meno di 300 metri ho due supermercati Auchan, uno Lidl e uno Aldi, e a circa 1 km un enorme centro commerciale di 7 piani del Corte Inglés. Ovviamente questi hanno anche prodotti italiani, ma soprattutto prodotti di imitazione che danneggiano le nostre aziende.
C’è anche un po’ di Italia in tre supermercati cinesi, anch’essi vicinissimi, da 2 a 5 minuti a piedi: molti capi di abbigliamento casual sono italiani, prodotti negli stabilimenti cinesi della Toscana con stile e qualità italiana: prodotti di ottima fattura che costano 5-10 volte meno dei nostri prodotti di marca.
Il gap italiano nella GDO agroalimentare internazionale
L’espansione internazionale delle reti GDO italiane potrebbe rappresentare una straordinaria opportunità per moltiplicare l’impatto dell’export Made in Italy con investimenti relativamente contenuti. Con una strategia coordinata che coinvolga incentivi fiscali del settore pubblico e investimenti privati, l’Italia potrebbe finalmente colmare il gap con i competitor europei e valorizzare appieno il proprio patrimonio produttivo sui mercati globali.
Guardando ai nostri vicini europei, il contrasto è evidente. Il mercato europeo ha una forte presenza di GDO francesi e tedesche: le dieci maggiori catene controllano il 15,2% di questo mercato (fonte: Economy Magazine 2024). Nessuna presenza italiana.
Gruppi francesi come Carrefour e Auchan operano in oltre 30 paesi, con un totale combinato di oltre 12.000 punti vendita a livello globale. Le catene tedesche Lidl e Aldi hanno stabilito una presenza in 29 e 18 paesi rispettivamente, con oltre 17.000 negozi complessivi fuori dalla Germania. Il gruppo spagnolo El Corte Inglés, pur con una presenza più selettiva, ha saputo posizionarsi come punto di riferimento per i prodotti spagnoli di qualità in Portogallo e altri mercati chiave.
La GDO italiana, invece, è presente all’estero con pochi punti vendita, Eurospin 73 e Conad circa 30, entrambe in pochi paesi minori e a basso reddito, quindi con un ritorno molto limitato per la produzione nazionale.
Possiamo citare solo due iniziative italiane, che dimostrano l’enorme potenziale di questa strategia, ma anche la mancanza di vere strategie nazionali dei vari Governi in questo settore.
Eataly – Questa iniziativa rappresenta forse il caso più emblematico di successo italiano nella GDO internazionale specializzata. Con 45 punti vendita in 15 paesi con un formato ibrido negozio-ristorante e scuola di cucina, Eataly ha saputo posizionarsi come ambasciatore del Made in Italy agroalimentare di qualità.
Nei punti vendita Eataly all’estero, il 70% dei prodotti proviene direttamente dall’Italia: grazie a ciò oltre 2.000 piccoli e medi produttori italiani hanno trovato sbocco sui mercati internazionali grazie a Eataly. Il punto vendita di New York, aperto nel 2010, ha generato un volume d’affari di oltre 80 milioni di dollari l’anno, diventando un potente strumento di promozione del Made in Italy.
Casa Italia – Un esempio interessante di sinergia pubblico-privato è rappresentato dal progetto Casa Italia in Cina, che ha visto la collaborazione tra ICE (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane) e alcuni operatori privati.
Questo format di spazi commerciali dedicati esclusivamente ai prodotti italiani ha permesso di aprire 15 punti vendita nelle principali città cinesi, generando un volume d’affari di 120 milioni di euro nel 2023 e incrementando del 18% l’export italiano di prodotti agroalimentari e moda verso la Cina.
Cencosud – Un diverso approccio, che può dare, comunque, risultati positivi, è la collaborazione tra produttori italiani e il gruppo Cencosud, leader della GDO in Sudamerica con oltre 1.100 punti vendita in Argentina, Brasile, Cile, Colombia e Perù. Nel 2022, Cencosud ha lanciato il programma “Settimana Italiana” nei suoi ipermercati Jumbo e Wong, trasformandolo in un evento permanente in 45 punti vendita selezionati con risultati notevoli.
Questo modello di “shop-in-shop”, finanziato da ICE con circa 5 milioni di euro, ha dimostrato come un approccio strutturato alla GDO locale possa generare risultati significativi con investimenti contenuti anche senza possedere direttamente punti vendita all’estero.
Il potenziale inespresso del Made in Italy
L’Italia registra un export agroalimentare che ha raggiunto i 69,1 miliardi di euro nel 2023 (dati Coldiretti), con una crescita del 10% rispetto all’anno precedente.
Questi risultati sono ottenuti attraverso canali distributivi non controllati direttamente da aziende italiane: dagli esempi sopra citati possiamo immaginare l’enorme sviluppo che avrebbe l’export se l’Italia promuovesse proprie reti GDO internazionale. Investimenti mirati in questo settore potrebbero fungere da potente moltiplicatore per l’export del Made in Italy, con un ritorno economico che supererebbe di gran lunga l’investimento iniziale.
Questo “effetto moltiplicatore” si basa su diversi fattori:
- Effetto Vetrina: I prodotti italiani guadagnano visibilità privilegiata negli spazi commerciali
- Controllo della Filiera: Riduzione dei passaggi intermediari, con conseguente maggiore competitività dei prezzi
- Adattamento Locale: Capacità di selezionare e promuovere i prodotti più adatti ai gusti locali
- Cross-Selling: Capacità di proporre bundle di prodotti italiani complementari
- Educazione del Consumatore: Informazione su prodotti e tradizioni italiane e lotta efficace alla contraffazione
Una strategia integrata per l’espansione
La sfida è tradurre questa visione in un piano d’azione concreto, mobilitando risorse pubbliche e private verso un obiettivo strategico che potrebbe rappresentare un punto di svolta per l’internazionalizzazione dell’economia italiana.
Per capitalizzare questo potenziale bastano investimenti pubblici relativamente contenuti, ma deve essere pianificata una iniziativa integrata in un arco di 5 anni su quattro temi strategici:
1. Fondo per l’Internazionalizzazione della GDO
Secondo alcune stime un fondo pubblico-privato da 500 milioni di euro in 5 anni per finanziare l’apertura di 200 punti vendita italiani all’estero, supportare l’acquisizione di catene locali in mercati strategici e coprire i costi iniziali di adattamento e marketing può generare nell’arco del quinquennio un incremento dell’export italiano almeno 3-4 volte l’investimento.
2. Incentivi Fiscali Mirati
Si possono promuovere investimenti privati adottando un sistema di crediti d’imposta per investimenti in nuovi punti vendita all’estero, formazione del personale locale, adattamento dei prodotti ai mercati esteri.
3. Hub Logistici Integrati
Si stima che la creazione di 5 hub logistici strategici (Nord e Sud America, Asia, Medio Oriente, Africa) comportare un sensibile incremento dell’export e una riduzione dei costi logistici attuali del 25%, ottimizzando la gestione delle scorte.
4. Formazione e Supporto Tecnico
Per completare questa strategia è anche necessario prevedere un programma di formazione e assistenza tecnica per formare i manager italiani all’internazionalizzazione della GDO, assistere circa 500 aziende nell’adattamento dei prodotti ai mercati esteri e creare un network di consulenti specializzati nei principali mercati target.
- Un sensibile incremento dell’export agroalimentare italiano
- Creazione di decine di migliaia di nuovi posti di lavoro in Italia nella filiera produttiva e logistica
- Valorizzazione del brand Italia sui mercati internazionali, con ricadute positive anche su turismo e investimenti esteri
Non va dimenticato il ruolo cruciale che l’e-commerce gioca nell’internazionalizzazione. Le piattaforme digitali come Mamma Pack, che ha registrato una forte crescita servendo la comunità italiana all’estero, dimostrano il potenziale di modelli ibridi fisico-digitali.
Una GDO italiana internazionalizzata dovrebbe integrare punti vendita fisici, come showroom e centri esperienziali, con piattaforme e-commerce per raggiungere consumatori anche lontani dai punti vendita e strategie omnichannel per massimizzare l’engagement del consumatore.
Target prioritari
Un’analisi dei mercati più promettenti per l’espansione della GDO italiana evidenzia:
- Stati Uniti – Con una popolazione di oltre 340 milioni di abitanti e una spesa annua di oltre 10 miliardi di dollari in bevande e prodotti agroalimentari italiani, rappresenta il mercato prioritario. La diaspora italiana (circa 18-20 milioni di italo-americani) costituisce un target naturale.
- Sudamerica – La massiccia presenza della diaspora italiana equivale ad una popolazione circa pari a quella italiana, quindi rappresenta un’opportunità eccezionale. Il Sudamerica importa prodotti italiani per oltre 8 miliardi di euro all’anno: con un potenziamento di supporti logistici e adeguati canali distributivi, l’incremento dell’export può essere notevole.
- Cina – Con una classe media in espansione (ormai oltre 400 milioni di persone) e una crescente apertura verso i prodotti occidentali premium, la Cina rappresenta un’opportunità cruciale.
- Emirati Arabi e Golfo Persico – Con un elevato potere d’acquisto e una forte propensione al consumo di prodotti di lusso, questa regione offre opportunità significative, soprattutto nei segmenti alta gamma e gourmet.
- Europa dell’Est – Mercati come Polonia, Repubblica Ceca e Romania mostrano una forte affinità culturale con l’Italia e un crescente potere d’acquisto, con un interesse particolare per moda e gastronomia italiana.
A questi target vanno aggiunti decine di migliaia di ristoranti italiani, o che si definiscono tali, nelle principali città di tutto il mondo. Nel complesso, l’Italia è considerata il paese con il maggior numero di ristoranti all’estero, superando nazioni come la Francia e la Spagna. Alcuni esempi:
- Tokyo sembra essere la città con la più alta concentrazione, con stime che superano i 4.900-5.000 ristoranti italiani.
- New York si avvicina a quota 1.000.
- Altre città con una significativa presenza includono San Paolo, Los Angeles, Melbourne, Rio de Janeiro e Buenos Aires.
Molti ristoratori italiani cercano di utilizzare ingredienti autentici per offrire piatti di qualità: è evidente che reti di distribuzione locali che abbassino i costi logistici e migliorino la disponibilità dei prodotti aumenterebbero notevolmente le vendite a questi operatori. Sarebbe anche agevole avere il supporto di questi ristoranti per organizzare eventi promozionali, che aumenterebbero sia i loro profitti, sia l’export di prodotti certificati italiani.
Un accesso agevole e meno costoso a prodotti italiani originali nei principali mercati mondiali sarebbe un valido aiuto per combattere la contraffazione. Questo fenomeno, spesso definito “Italian Sounding”, comporta per i produttori italiani una perdita di circa 120 miliardi di euro anno (stima Coldiretti): questo include sia imitazioni dirette dei prodotti, sia prodotti che utilizzano nomi, immagini o riferimenti all’Italia per ingannare i consumatori, pur non avendo alcun legame con il nostro paese.