Il Mimit ha pubblicato il cosiddetto “Decreto Salva Open Fiber”, un’operazione da 660 milioni di euro per riequilibrare i conti della società incaricata di portare la banda ultra larga nelle aree bianche. Ma c’è un problema enorme: questo massiccio aiuto di Stato non è stato notificato alla Commissione Europea, come invece è obbligatorio per qualunque intervento pubblico che possa alterare la concorrenza nel mercato.
Secondo il diritto europeo, qualsiasi aiuto di Stato deve essere preventivamente notificato e autorizzato dalla Commissione Europea prima di poter essere erogato.
Questo perché i finanziamenti pubblici a un’impresa possono falsare la concorrenza, dando un vantaggio ingiusto a un operatore rispetto agli altri.
La mancata notifica significa che il governo italiano sta procedendo in violazione delle regole europee, con il rischio che Bruxelles possa bloccare i fondi o addirittura chiederne la restituzione.
L’aspetto più grave è che non si tratta di un piccolo contributo, ma di centinaia di milioni di euro, che lo Stato sta concedendo senza alcuna trasparenza e senza il via libera dell’UE.
Se la Commissione dovesse accertare che l’aiuto è illegittimo, Open Fiber potrebbe essere costretta a restituire l’intero importo, causando un danno ancora più grande al progetto della Banda Ultra Larga.
Questo pone interrogativi pesanti sulla gestione del dossier da parte del governo.
Perché non è stata fatta la notifica a Bruxelles? Il governo sapeva che l’operazione avrebbe potuto essere bocciata e ha deciso di agire comunque? O si tratta di un errore clamoroso che mette a rischio l’intero finanziamento?
In entrambi i casi, l’operazione si configura come un enorme azzardo con soldi pubblici.
Ma oltre alla questione della legalità dell’operazione, resta il problema di fondo: questo decreto è un regalo mascherato a Open Fiber, che riceve fondi pubblici per coprire i suoi problemi finanziari, senza alcuna vera strategia di rilancio o controllo sull’efficienza dell’azienda.
Si sta premiando l’inefficienza con denaro dei contribuenti, senza nessuna garanzia che il progetto venga finalmente completato nei tempi previsti.
La mancata notifica a Bruxelles non è solo un dettaglio burocratico: è il sintomo di una gestione opaca e pasticciata di un dossier strategico per il futuro digitale dell’Italia.
Se la Commissione Europea dovesse intervenire, ci troveremmo di fronte all’ennesimo fallimento annunciato, con il rischio di perdere tempo e soldi senza risolvere i problemi di connettività del Paese.