Acquisti artificiali: L’IA allarga il suo spazio di azione al nostro posto

| 13/05/2025

Gli strumenti informatici e gli algoritmi di analisi sono straordinari ed estremamente potenti nel profilare non soltanto gli acquisti, ma anche gli interessi, le preferenze, i gusti, i comportamenti e i desideri di ogni singolo individuo e di grandi collettività.

Gli algoritmi che sono capaci di apprendimento automatico oggi ci aiutano in tante cose, ci sono molto utili, ma in diversi casi rappresentano una minaccia. Sono sistemi capaci di analizzare grandi quantità di dati, si nutrono dei dati personali che lasciamo in rete, come tante tracce nel tempo e nello spazio, e stabiliscono chi siamo, riescono a prevedere i nostri comportamenti e spesso ci riescono benissimo, classificandoci con tecniche molto sofisticate.

Ormai da diversi anni Amazon e altre piattaforme ci suggeriscono gli acquisti da fare online sulla base dell’idea che il loro algoritmo s’è fatta di noi, giusta o sbagliata che sia. La pubblicità ci viene mostrata sulla base di quello che digitiamo, dei siti che visitiamo, di quello che diciamo quando Siri è in ascolto nello smartphone o quando Alexa ci ascolta parlare in casa. Le piattaforme social ci fanno vedere elenchi di post e di reel in base a quello che l’algoritmo di Instagram o di TikTok ha capito dei nostri gusti. Netflix ci propone i film che ci dovrebbero piacere di più perché il suo algoritmo ci osserva continuamente mentre noi guardiamo le sue serie nella nostra smartTV. Potremmo continuare a elencare tantissimi altre occasioni nei quali siamo spiati e bombardati da applicazioni digitali che non hanno alcuna pietà nei nostri confronti quando siamo connessi.

L’ultima innovazione l’ha annunciata Visa pochi giorni fa e prende il nome di “Intelligent Commerce”. Le parole usate sono «permetti all’IA di fare shopping e comprare per te», per fare in modo che l’intelligenza artificiale gestisca la nostra carta di credito e acquisti prodotti e servizi per noi seguendo i nostri desideri, senza indicazioni dettagliate. Si tratta dell’ultima frontiera del consumismo nella quale un assistente virtuale diventa un soggetto attivo al quale descriviamo i nostri desideri (un bel vestito, una crociera, una borsa o un mobile) e lui sceglie e procede ad acquistarli. Noi ci limitiamo a dargli qualche informazione e un limite di spesa, al resto ci pensa lui che ci ha già profilati e ci conosce molto bene.

È una forma molto avanzata per sostenere e anche indurre i bisogni consumistici. Va oltre la pubblicità, non ha bisogno di convincerci a comprare qualche merce, decide da solo di acquistarla per noi. Disintermedia i nostri desideri e li realizza, basta avere una carta di credito con un buon plafond mensile.

Finora l’IA si è mostrata capace di gestire ricerche, fare prenotazioni o confronti di prodotti, suggerire scelte e acquisti. Però non era stato superato il limite dell’atto dell’acquisto vero e proprio. Con Visa Intelligent Commerce, gli agenti di IA eseguiranno acquisti per conto dei clienti a partire dai loro desideri espressi anche in forma generica. L’IA così fa in modo che ognuno possa avere il suo personal shopper. È facile prevedere che se questo sistema si diffonderà, gli affari veri li farà VISA e i suoi affiliati.

Anche quest’ultima trovata “artificiale” dimostra che gli algoritmi, dopo aver capito chi siamo e cosa ci piace, scelgono i prodotti che desideriamo, i servizi che vogliamo ricevere, i film che vogliamo vedere. Così facendo, costruiscono una bolla personale fatta di cose apparecchiate per noi che a lungo andare ci distraggono da quello che siamo e ci spingono a diventare come gli algoritmi ci immaginano, a comportarci come gli algoritmi pensano noi ci dovremmo comportante. Siamo in un universo gigantesco fatto da milioni di bolle costruite e mosse da eserciti di algoritmi che operano sulla nostra persona continuamente durante ogni ora della giornata, con qualche pausa notturna della quale taluni non usufruiscono se hanno deciso di dormire tenendo al polso uno smartwatch o un braccialetto fitness.

Shoshana Zuboff, in un saggio pubblicato negli USA nel 2019, ha spiegato che si tratta del “capitalismo della sorveglianza”. Su questi stessi temi, un libricino dal titolo “La società calcolabile e i Big Data”, pubblicato in Italia un po’ di mesi prima, nel 2018, ha spiegato come i nostri comportamenti vengono calcolati per prevedere scelte, preferenze e acquisti dei singoli e di grandi masse di persone. È questo uno scenario alla base del nuovo ordine economico che sfrutta l’agire umano sotto forma di dati, come materia prima per pratiche commerciali sofisticate, talvolta scorrette, comunque potenti e nascoste.

Certamente il capitalismo è quello che più e meglio di altri ha saputo sfruttare e trarre profitto dalla capacità di profilazione degli individui. Tuttavia, sarebbe errato credere che si tratti soltanto di una questione economica, seppure molto rilevante. Si tratta anche di una nuova forma di potere, sconosciuto quasi fino alla fine del secolo scorso, che impone il proprio dominio politico sulla società.

Stiamo andando verso un futuro nel quale le macchine controllano l’essere umano e non viceversa. Sono loro a guidare anche se ci lasciano l’illusione che a farlo siamo noi. La politica sembra incapace di rendere virtuosi i processi di innovazione per farli diventare beni pubblici. La signoria digitale così diventa soggetto politico capace di riempire gli spazi del potere tradizionale e della società. Il dominus diventa sempre più la tecnoscienza privata che regola le vite delle persone, definisce le loro dimensioni di pensiero e di azione, il loro spazio intimo e l’agibilità di quello pubblico. Decide le loro preferenze, condiziona le loro aspirazioni e adesso è anche capace di decidere ed eseguire i loro acquisti. Lo fa sapendo di limitare i loro spazi di libertà, ma volendo farli felici stimolando e realizzando pienamente i loro bisogni consumistici.

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