Dalla morsa delle sanzioni al sorpasso: Huawei rilancia con un supercluster da un milione di processori

RedazioneRedazione
| 18/09/2025
Dalla morsa delle sanzioni al sorpasso: Huawei rilancia con un supercluster da un milione di processori

Sfida aperta a Nvidia e alle restrizioni americane: il colosso cinese presenta l’Atlas 950, un’infrastruttura AI destinata a diventare la più potente al mondo. Un annuncio che intreccia tecnologia, geopolitica e l’ambizione di Pechino a dominare l’era dell’intelligenza artificiale.

Nel cuore di Shanghai, sotto le luci e gli slogan futuristici del Huawei Connect, il colosso cinese ha tolto il velo a una promessa destinata a scuotere il mercato globale dei semiconduttori: l’Atlas 950 SuperCluster. Un’infrastruttura di calcolo progettata per superare qualsiasi rivale in termini di potenza computazionale, almeno nelle intenzioni. Non si tratta di un annuncio tecnico come tanti, ma di un atto di forza, con una valenza politica e strategica evidente: dimostrare che nella nuova “guerra dei chip”, Pechino non è spettatrice, ma protagonista.

Huawei alza la posta

Il messaggio è chiaro: nonostante le sanzioni americane e l’isolamento tecnologico, Huawei non solo resiste, ma rilancia. L’azienda ha dichiarato che ogni supernodo dell’Atlas 950 sarà in grado di integrare 8.192 chip Ascend, i processori sviluppati internamente, collegati tra loro in reti di superpod e, infine, in un supercluster da oltre 500.000 chip.

Il progetto non si ferma qui. Nel 2027 è previsto il debutto dell’Atlas 960, con una capacità raddoppiata: 15.488 chip per nodo e oltre un milione di processori aggregati. Numeri che, se confermati, porterebbero la Cina al centro della scena globale dell’intelligenza artificiale.

Fare di necessità virtù

Dietro a questa architettura mastodontica si nasconde una realtà meno scintillante: i chip Ascend non hanno le stesse prestazioni delle GPU Nvidia di ultima generazione. Ogni unità vale circa un terzo della potenza di un processore statunitense.

Ma qui sta l’ingegno della strategia Huawei: invece di inseguire sul piano della singola unità, la Cina ha scelto la strada della quantità organizzata. Migliaia di chip mediamente meno potenti, se messi insieme in configurazioni ottimizzate, possono raggiungere — e in alcuni casi superare — la performance delle GPU americane.

Un modello che richiama la filosofia della resilienza industriale: trasformare i limiti imposti dall’esterno in leve di innovazione interna.

Nvidia nella tempesta

L’annuncio di Huawei arriva in un momento critico per Nvidia. L’azienda californiana, leader indiscussa nella prima ondata dell’AI generativa, sta vivendo la pressione congiunta di Washington e Pechino.

Da un lato, gli Stati Uniti limitano le esportazioni dei chip più avanzati verso la Cina. Dall’altro, Pechino ha intensificato le indagini antitrust e, secondo il Financial Times, avrebbe ordinato alle big tech locali di sospendere i test del chip RTX Pro 6000D. Un colpo pesante, che ha fatto scendere il titolo Nvidia in Borsa e spinto il CEO Jensen Huang a definire Huawei un “concorrente formidabile”.

Il paradosso è evidente: le restrizioni pensate per frenare l’avanzata cinese rischiano di accelerarla, alimentando la nascita di alternative domestiche sempre più competitive.

Tra ambizione e scetticismo

I numeri sbandierati da Huawei non convincono tutti. Esperti del settore ricordano che la sfida non è soltanto mettere insieme chip, ma gestirne l’efficienza energetica, il raffreddamento e la sincronizzazione delle operazioni. “Huawei potrebbe esagerare le proprie capacità,” ha osservato George Chen di The Asia Group, pur aggiungendo che l’ambizione del gruppo “non può essere sottovalutata”.

Anche se le prestazioni reali si rivelassero inferiori alle promesse, il messaggio resta intatto: la Cina è pronta a ridisegnare gli equilibri della potenza computazionale globale.

La geopolitica del silicio

La presentazione dell’Atlas 950 va letta anche come parte di una strategia più ampia di autonomia tecnologica. Pechino ha fatto della riduzione della dipendenza dai chip americani una priorità nazionale. Huawei diventa così non solo un campione industriale, ma uno strumento politico: l’ariete con cui la Cina cerca di abbattere il muro delle restrizioni occidentali.

In questo scenario, il chip non è più un semplice componente elettronico. È un asset strategico, paragonabile al petrolio o alle materie prime critiche, in grado di determinare la posizione di un Paese nella gerarchia globale del XXI secolo.

Oltre la tecnologia: il potere del calcolo

“Il computing power sarà la chiave dell’AI oggi e in futuro”, ha dichiarato Eric Xu, vicepresidente e presidente a rotazione di Huawei. È una frase che fotografa la posta in gioco: l’AI non si svilupperà dove ci sono le migliori idee, ma dove ci sarà la maggiore capacità di calcolo per trasformarle in realtà.

Chi controllerà questa potenza non controllerà solo un settore economico, ma plasmerà l’evoluzione dell’innovazione, dell’industria e perfino della sicurezza nazionale. È qui che la competizione tra Huawei e Nvidia diventa più di una disputa commerciale: diventa una battaglia per l’egemonia tecnologica globale.

Il futuro scritto nei chip

L’Atlas 950 non è solo un progetto ingegneristico, è una dichiarazione d’intenti. Huawei ha mostrato che, anche sotto embargo, la Cina può rispondere con creatività, massa critica e determinazione politica.

Che le promesse si trasformino o meno in realtà, l’effetto è già tangibile: il dibattito globale sull’intelligenza artificiale non potrà più prescindere da Pechino. In questa nuova guerra dei chip, la posta in gioco non è soltanto il dominio tecnologico, ma il disegno stesso dell’ordine mondiale che verrà.

E forse il punto non è capire se Huawei supererà davvero Nvidia, ma riconoscere che il baricentro della potenza di calcolo globale si sta spostando. E con esso, anche l’asse della geopolitica del futuro.

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