L’ascesa di SpaceX nella politica spaziale statunitense mette sotto pressione Blue Origin, tra logiche di procurement federale, lobby industriali e scontro tra colossi tech per il dominio dell’economia orbitale.
La competizione tra Blue Origin e SpaceX non si gioca più solo sulla frontiera dell’innovazione tecnologica, ma su un piano ben più complesso che coinvolge dinamiche istituzionali, scelte di procurement federale, lobbying e influenza geopolitica.
La recente nomina di un dirigente considerato vicino a Elon Musk ai vertici della NASA ha riacceso le tensioni su un equilibrio già fragile tra soggetti privati e governance pubblica dell’esplorazione spaziale. Sullo sfondo, i contratti miliardari per il trasporto orbitale, le missioni lunari Artemis e l’affermazione della leadership americana nell’economia spaziale del XXI secolo.
Blue Origin: progressi tecnici e ostacoli politici
Dopo anni di ritardi, il lancio inaugurale del razzo New Glenn – avvenuto a gennaio – ha segnato un passaggio cruciale per Blue Origin, la compagnia fondata da Jeff Bezos, oggi in fase di crescita grazie ai primi contratti pubblici. Tuttavia, il confronto con SpaceX resta impari: Musk gode di una posizione consolidata presso la NASA, il Pentagono e il Congresso, dove la sua capacità di condizionare gli orientamenti strategici si è consolidata negli anni.
La “partnership preferenziale” tra NASA e SpaceX
Secondo fonti di settore, la leadership di SpaceX nelle missioni Artemis e nei servizi cargo verso la Stazione Spaziale Internazionale è sostenuta da un network di relazioni istituzionali, rafforzato da una strategia industriale che combina pricing competitivo, capacità ingegneristiche e una forte presenza sul territorio statunitense. Blue Origin, sebbene in crescita, fatica a colmare il gap nella pipeline contrattuale e nella frequenza di lanci.
Il timore diffuso tra osservatori e concorrenti è che la leadership pro-Musk alla NASA possa ostacolare il pluralismo tecnologico e concentrare eccessivamente il mercato spaziale federale nelle mani di un unico attore privato.
Impatti economici e diritto della concorrenza
L’espansione di SpaceX pone nuove questioni giuridiche. In primo luogo, il rischio di posizione dominante in un settore dove l’accesso ai fondi pubblici è la condizione necessaria per la scalabilità industriale. In secondo luogo, l’opacità nei processi di assegnazione dei contratti – spesso in deroga alle procedure competitive – rischia di compromettere i principi di trasparenza e concorrenza nel procurement federale.
Il ruolo del Congresso e la dimensione geopolitica
La politica spaziale americana si muove sempre più nella cornice della competizione strategica con Cina, Russia e India, rendendo ogni scelta di budget o di fornitore un atto politico, oltre che tecnico. Blue Origin potrebbe trovare sponde bipartisan in Congresso, preoccupato dal consolidarsi di un “monopolio privato” nel settore strategico dell’accesso allo spazio.
Inoltre, l’equilibrio tra sicurezza nazionale, neutralità tecnologica e promozione della concorrenza sta diventando uno snodo cruciale nelle riforme attese del diritto dell’innovazione e della politica industriale USA.
Una corsa che si gioca su più orbite
La nuova corsa allo spazio statunitense non è più solo questione di vettori o capacità di carico. Si tratta di una sfida multidimensionale che coinvolge:
- la governance delle agenzie pubbliche
- la concorrenza tra big tech e startup spaziali
- l’equilibrio tra interessi privati e politiche nazionali
- la tenuta giuridica dei contratti pubblici ad alto contenuto tecnologico.
Mentre Blue Origin spinge per un riequilibrio delle logiche contrattuali e una maggiore diversificazione degli interlocutori istituzionali, il “fattore Musk” continua a dominare lo spazio politico, economico e tecnico americano.