Il presidente cinese riafferma la centralità dell’azione climatica e la collaborazione con l’ONU, pur rivendicando autonomia sulle strategie di decarbonizzazione. Attesa per i nuovi target sulle emissioni in vista della COP30 in Brasile.
La transizione energetica e la lotta al cambiamento climatico rimangono al centro dell’agenda politica cinese. È quanto ha dichiarato il presidente Xi Jinping, intervenendo al vertice virtuale su invito delle Nazioni Unite e del Brasile per discutere di “giusta transizione energetica”, secondo quanto riportato dall’agenzia ufficiale Xinhua.
Xi ha ribadito che “le azioni della Cina per affrontare il cambiamento climatico non rallenteranno, nonostante gli sviluppi politici globali”. Il riferimento mai esplicito, ma evidente, riguarda le tensioni commerciali e l’accentuato unilateralismo delle grandi potenze, con impliciti richiami alle strategie degli Stati Uniti sotto la presidenza Trump, caratterizzate da una rinnovata spinta sui combustibili fossili e un atteggiamento meno multilaterale nei dossier ambientali.
Multilateralismo e centralità dell’ONU
Per Xi, il contesto internazionale sempre più frammentato rafforza la necessità di “difendere con fermezza il sistema internazionale con le Nazioni Unite al centro”. Il leader cinese, pur riconoscendo “una storia fatta di avanzamenti e battute d’arresto”, sottolinea che solo una governance multilaterale può rispondere efficacemente alle sfide globali, dal clima alla finanza.
La posizione di Pechino è stata espressa a pochi mesi dalla COP30, che si terrà a novembre a Belém, in Brasile. Il governo brasiliano, che quest’anno ospita i negoziati, punta a coinvolgere la Cina – primo consumatore di energia e principale emettitore di gas serra al mondo – in nuovi impegni rafforzati di riduzione delle emissioni.
NDC 2035 e autonomia nazionale
I Paesi avrebbero dovuto comunicare entro febbraio 2025 i nuovi “contributi determinati a livello nazionale” (NDC) per il 2035. Solo una minoranza lo ha fatto. Xi ha annunciato che la Cina pubblicherà i suoi nuovi obiettivi prima del summit di novembre, ma ha chiarito che ogni impegno dipenderà “dalle esigenze e dalle capacità nazionali”. Una linea che testimonia sia la volontà di non subire pressioni esterne sia la consapevolezza che la transizione energetica richiede tempi, risorse e tecnologie adattate al contesto cinese.
Secondo Li Shuo, direttore del China Climate Hub dell’Asia Society Policy Institute, “resterà un divario tra ciò che sarebbe necessario sui NDC cinesi e ciò che Pechino sarà disposta a mettere sul tavolo”. L’approccio rimane fortemente pragmatico, orientato al bilanciamento tra sviluppo economico, stabilità sociale e sostenibilità ambientale.
Implicazioni geopolitiche, finanziarie e industriali
L’evoluzione della strategia climatica cinese avrà impatti profondi sugli equilibri globali. Sul piano economico e finanziario, la capacità di Pechino di innovare sul fronte delle energie rinnovabili, dell’elettrificazione industriale e dei mercati del carbonio sarà cruciale sia per l’Asia che per i flussi commerciali mondiali. Dal punto di vista giuridico e regolatorio, la Cina si trova a dover integrare gli impegni multilaterali con una crescente attenzione alla sicurezza energetica nazionale, in un quadro di concorrenza tecnologica con USA, UE e altri attori.
La partecipazione alla COP30 e il dialogo con Brasile e ONU rappresentano un test chiave per il posizionamento cinese nella nuova governance climatica globale. La partita, tuttavia, rimane aperta: solo nei prossimi mesi si capirà fino a che punto Pechino sarà disposta a rilanciare i propri obiettivi e a farsi promotrice di una transizione energetica giusta e condivisa.
La transizione energetica globale passa (anche) da Pechino
Nel pieno delle turbolenze geopolitiche e delle incertezze sui mercati, la strategia della Cina in tema di clima e innovazione energetica resta uno degli snodi cruciali per la decarbonizzazione mondiale. Tra multilateralismo e interessi nazionali, il ruolo di Pechino sarà determinante per l’efficacia delle politiche ambientali e per la credibilità degli accordi internazionali da qui al 2035.