Clima e Competitività: L’UE prepara l’obiettivo 2040 con maggiore flessibilità per l’industria

RedazioneRedazione
| 30/05/2025
Clima e Competitività: L’UE prepara l’obiettivo 2040 con maggiore flessibilità per l’industria

Bruxelles propone un taglio del 90% delle emissioni nette entro il 2040 rispetto ai livelli del 1990, introducendo meccanismi di flessibilità per bilanciare ambizione climatica e sostenibilità economica.

La Commissione Europea si appresta a presentare il nuovo obiettivo climatico dell’Unione per il 2040. Secondo fonti diplomatiche citate da Reuters, la proposta sarà annunciata ufficialmente il 2 luglio dal Commissario europeo per il clima, Wopke Hoekstra, e conterrà un target di riduzione delle emissioni nette del 90% rispetto ai livelli del 1990.

Tuttavia, per garantire maggiore consenso tra Stati membri e contenere l’impatto su industrie energivore e competitività economica, Bruxelles intende affiancare all’obiettivo una serie di “flessibilità operative”, che consentano di modulare gli sforzi richiesti ai singoli Paesi e settori.

Meccanismi di flessibilità: il compromesso europeo tra ambizione e pragmatismo

La proposta della Commissione prevede la possibilità per gli Stati membri di:

  • Applicare un target inferiore al 90% per le sole emissioni industriali interne
  • Acquistare crediti internazionali di carbonio per coprire parte del gap (fino a tre punti percentuali, secondo quanto richiesto dalla Germania)
  • Selezionare in modo più discrezionale quali settori industriali dovranno sostenere il peso maggiore della decarbonizzazione.

Questi elementi, se confermati, rappresenterebbero un cambiamento significativo rispetto all’approccio normativo più rigido adottato per il pacchetto Fit for 55, aprendo la strada a una gestione più differenziata degli impegni climatici in base alla struttura economica e alla capacità tecnologica di ciascun Paese.

Divisioni politiche e rischio di disallineamento intra-UE

Il nuovo target arriva in un momento delicato, con l’Unione ancora alle prese con gli effetti della crisi energetica post-pandemia e del conflitto in Ucraina. Le divergenze tra Stati membri sono già evidenti: Paesi nordici come Finlandia, Danimarca e Paesi Bassi sostengono l’obiettivo pieno del 90%, mentre Italia e Repubblica Ceca hanno espresso riserve. La Germania, da parte sua, è favorevole, ma solo se saranno inclusi i meccanismi di compensazione attraverso i crediti internazionali.

La proposta dovrà ora passare al vaglio congiunto del Consiglio e del Parlamento Europeo, in un contesto di crescente polarizzazione politica sul Green Deal, aggravata da timori sul costo delle transizioni per imprese e consumatori.

Implicazioni sistemiche: industria, finanza, diritto e geopolitica

L’obiettivo 2040 rappresenta un elemento cardine nella traiettoria verso la neutralità climatica entro il 2050 e avrà impatti profondi su:

  • Politiche industriali, con una pressione crescente verso l’elettrificazione dei processi produttivi, l’efficienza energetica e la localizzazione di tecnologie low-carbon
  • Finanza sostenibile, in quanto guida la direzionalità degli investimenti ESG, della tassonomia verde e della rendicontazione non finanziaria obbligatoria
  • Diritto dell’innovazione, legato all’espansione dei sandbox regolatori, dei partenariati pubblico-privato e alla semplificazione del quadro per le startup cleantech
  • Sovranità tecnologica e geopolitica, perché l’autonomia strategica in settori chiave (batterie, idrogeno, materiali critici) diventa fondamentale per attuare l’obiettivo senza incrementare dipendenze esterne.

Riposizionamento strategico del Green Deal

La proposta climatica per il 2040 segna una fase di riposizionamento strategico del Green Deal europeo: meno ideologico, più adattivo, ma comunque orientato alla trasformazione sistemica dell’economia europea. Il successo dell’iniziativa dipenderà dalla capacità di Bruxelles di conciliarsi con la realtà industriale dei diversi Stati membri, tutelando al contempo credibilità internazionale e coerenza normativa lungo il percorso verso la neutralità climatica.

L’estate politica europea si preannuncia calda non solo per il clima, ma per il futuro stesso del modello economico e ambientale dell’Unione.

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