La manovra tra Shijian-21 e Shijian-25 segna un possibile primato nella logistica spaziale ad alta quota. Gli Stati Uniti osservano, ma non replicano.
Due satelliti cinesi della serie Shijian — il SJ-21 e il SJ-25 — avrebbero completato un aggancio autonomo in orbita geostazionaria (GEO) a oltre 35.700 km dalla superficie terrestre. A lanciare l’ipotesi è COMSPOC, una società statunitense specializzata in space situational awareness, secondo cui “i due oggetti sono apparsi visivamente fusi” nelle immagini raccolte da sensori ottici.
L’operazione rappresenterebbe un primato tecnico e strategico: nessun altro Paese ha finora documentato con successo un rifornimento autonomo tra satelliti non presidiati in GEO, l’orbita più complessa e rilevante per comunicazioni, difesa e osservazione strategica a lungo termine.
Manovre complesse in microgravità: tra meccanica orbitale e trasferimento di fluido
Il rendezvous tra Shijian-21 e Shijian-25 non è stato un evento improvviso. Secondo COMSPOC, i due satelliti avevano iniziato manovre ravvicinate a partire dall’11 giugno, con un primo “approccio stretto” il 13 giugno, durante il quale si sono avvicinati a meno di un chilometro, per poi separarsi dopo circa 90 minuti. Nuove operazioni di avvicinamento sono state osservate anche il 30 giugno.
Portare a termine un docking e un eventuale trasferimento di carburante in microgravità, senza equipaggio umano, richiede una padronanza straordinaria delle dinamiche orbitali e dei sistemi autonomi di controllo. Le difficoltà aumentano in orbita geostazionaria, dove la latenza dei segnali e la gestione termica complicano ulteriormente qualsiasi operazione.
Sorveglianza internazionale: gli Stati Uniti seguono da vicino
Le manovre dei due satelliti cinesi non sono passate inosservate. COMSPOC ha riferito che i satelliti militari statunitensi USA 270 e USA 271 si trovavano in posizioni ottimali per monitorare l’operazione, rispettivamente a est e ovest del teatro orbitale. Anche l’azienda svizzera s2a systems, specializzata in monitoraggio ottico ad alta risoluzione, ha confermato le manovre, fornendo immagini e tracciamenti indipendenti.
La presenza simultanea di satelliti statunitensi e cinesi in prossimità ravvicinata evidenzia quanto le orbite geostazionarie siano ormai un dominio altamente strategico, non solo per la tecnologia ma anche per gli equilibri geopolitici globali.
Implicazioni tecnologiche e industriali: l’ascesa del servizio in-orbit
Il successo (ancorché non ufficialmente confermato da Pechino) di un rifornimento autonomo in orbita segna un punto di svolta nell’evoluzione della logistica spaziale. I sistemi di on-orbit servicing, come riparazioni, rifornimenti, ispezioni e persino smaltimento o trasferimento di satelliti, rappresentano il prossimo grande mercato dell’economia spaziale.
Con questa operazione, la Cina si candiderebbe a diventare leader nella manutenzione autonoma di piattaforme satellitari, anticipando tecnologie che altri player — come Stati Uniti, Giappone, Europa e Israele — stanno ancora testando in orbite basse (LEO) o in fase di laboratorio.
Diritto spaziale e controllo degli asset strategici: un nuovo contesto regolatorio
L’operazione tra Shijian-21 e Shijian-25 solleva anche interrogativi giuridici e normativi. In assenza di un quadro globale condiviso, le attività di “vicinanza orbitale” tra satelliti di diversi Paesi possono generare tensioni. Il Trattato sullo Spazio Esterno del 1967 non disciplina in modo dettagliato i comportamenti in orbita geostazionaria, lasciando ampi margini di ambiguità.
Nel nuovo scenario, l’attività spaziale non si limita più al lancio e all’uso di satelliti, ma include anche la loro gestione dinamica, interazione e prolungamento operativo, creando un vuoto normativo che potrebbe diventare teatro di attriti o escalation, soprattutto tra le potenze con interessi difensivi o commerciali nello spazio.
Competizione strategica: Pechino accelera, Washington osserva
Sul piano geopolitico, la missione Shijian rafforza la narrativa cinese di autonomia tecnologica e superiorità operativa nello spazio. Mentre la NASA e le forze armate USA investono in nuove piattaforme orbitanti e in partnership pubbliche-private come quelle con Northrop Grumman (che ha già testato docking in LEO), la dimostrazione cinese in GEO rappresenta una mossa ad alto impatto strategico.
L’orbita geostazionaria è considerata uno snodo critico per il controllo dei flussi informativi globali, per la sorveglianza ambientale e per l’allerta missilistica. Poter effettuare operazioni autonome di rifornimento o riparazione significa estendere la vita operativa dei satelliti, ridurre i costi di sostituzione e — in termini militari — garantire una persistenza operativa superiore.
Un nuovo equilibrio nello spazio profondo
La possibile manovra di rifornimento tra Shijian-21 e Shijian-25 segna un cambio di paradigma nell’utilizzo delle orbite geostazionarie: da piattaforme passive a sistemi autonomi intelligenti, capaci di auto-rigenerarsi.
In un contesto in cui la corsa allo spazio si intreccia sempre più con la politica industriale, la sicurezza nazionale e la sovranità tecnologica, l’operazione cinese apre nuovi scenari, e impone a tutti gli attori globali — pubblici e privati — di accelerare ricerca, regolazione e cooperazione internazionale.