Auto vendute come usate ma mai guidate. Il governo cinese interviene per chiarire una dinamica che altera il mercato e solleva interrogativi su trasparenza, regolazione industriale e sostenibilità degli obiettivi di vendita nel settore automotive.
La crescente pressione per raggiungere obiettivi commerciali aggressivi nel settore automobilistico cinese ha generato una nuova e controversa tendenza di mercato: le cosiddette “auto di seconda mano a chilometraggio zero”. Veicoli immatricolati, formalmente venduti e dotati di targa, ma mai effettivamente utilizzati su strada, che vengono reintrodotti nei canali dell’usato come parte di una strategia per sostenere i numeri di vendita.
Secondo fonti riservate citate da Reuters, il Ministero del Commercio cinese ha convocato un incontro straordinario con le principali case automobilistiche – tra cui BYD, Dongfeng Motor e Great Wall Motor – e associazioni di categoria come la China Association of Automobile Manufacturers (CAAM) e la China Automobile Dealers Association (CADA), oltre a rappresentanti di piattaforme digitali di compravendita di auto usate.
Un fenomeno alimentato dalla guerra dei prezzi
La prassi è emersa chiaramente grazie alle dichiarazioni pubbliche del presidente di Great Wall Motor, Wei Jianjun, che in una recente intervista ha descritto come almeno 3.000-4.000 venditori stiano offrendo sul mercato dell’usato veicoli con targa, ma a chilometraggio zero. Un escamotage che, formalmente, consente alle case produttrici di contabilizzare la vendita di nuovi veicoli e ridurre i livelli di stock, senza che vi sia una reale circolazione sul mercato.
La “guerra dei prezzi” che ha caratterizzato il mercato cinese negli ultimi anni, intensificata dall’ascesa di produttori come BYD e NIO e dalla crescente concorrenza internazionale, sembra aver portato a una tensione insostenibile tra margini, obiettivi commerciali e integrità del mercato.
Impatti su regolazione, fiducia e mercati
Dal punto di vista giuridico e normativo, il fenomeno pone interrogativi cruciali. La registrazione di un veicolo implica il suo ingresso nel ciclo economico come “prodotto venduto”, ma la sua rivendita immediata come “usato mai guidato” crea una distorsione statistica nei dati di mercato e nei report finanziari.
Per gli investitori, si tratta di una questione di trasparenza. L’annuncio dell’incontro ha fatto scendere in Borsa i titoli di BYD e Leapmotor del 3,1%, e l’indice Hang Seng Automobile Index ha perso oltre il 2%. La notizia ha inoltre messo in allerta analisti e osservatori sui reali livelli di domanda interna e sulla tenuta a lungo termine del modello di crescita dell’automotive cinese.
Prospettive geopolitiche e industriali
La questione ha risvolti anche sul piano geopolitico: la Cina è il più grande mercato mondiale per l’automobile, nonché uno dei principali esportatori. Qualsiasi disallineamento tra i dati ufficiali e le dinamiche effettive di mercato può impattare sulle trattative commerciali internazionali, sulla fiducia degli operatori stranieri e sulla percezione della compliance industriale.
Inoltre, in un momento storico in cui Pechino promuove la localizzazione della supply chain, l’elettrificazione del parco veicoli e la competitività globale delle sue imprese, pratiche che offuscano la trasparenza possono minare la reputazione del “modello Cina” proprio nei settori ad alta intensità tecnologica e simbolica.
Verso una nuova regolazione?
L’incontro voluto dal Ministero del Commercio potrebbe aprire la strada a una revisione delle normative sulla registrazione e rivendita dei veicoli, con potenziali implicazioni anche per la reportistica finanziaria delle case automobilistiche e per i meccanismi di incentivazione.
Potrebbe, inoltre, accelerare lo sviluppo di una regolamentazione ad hoc per le vendite di auto usate e semi-nuove, segmenti oggi ancora poco normati rispetto ai canali ufficiali del nuovo.
Il caso delle “auto usate mai guidate” è solo l’ultimo sintomo di un sistema industriale sotto pressione, dove l’innovazione si scontra con la sostenibilità e l’espansione con la trasparenza. La risposta del governo cinese sarà cruciale non solo per il settore automotive, ma per l’intera architettura del mercato e per le regole della concorrenza in una delle principali economie mondiali.