Le principali case automobilistiche giapponesi hanno deciso di unire le forze per sviluppare semiconduttori avanzati per veicoli intelligenti, in una mossa strategica volta a ridurre la dipendenza dalla Cina e a rafforzare la competitività dell’industria nazionale nel settore delle smart car.
L’iniziativa, sostenuta dal governo giapponese, rappresenta un passo fondamentale nella costruzione di un ecosistema tecnologico nazionale che possa rispondere all’espansione rapida della Cina nel mercato delle auto connesse e autonome, alimentate da software e chip ad alte prestazioni.
Un consorzio industriale strategico
Secondo quanto riportato dal Nikkei Asia, l’alleanza comprende nomi di primo piano del settore automobilistico giapponese, tra cui Toyota, Honda, Nissan, Mazda e Subaru, e si avvale del supporto di giant della tecnologia come Renesas Electronics, leader nella produzione di chip automotive.
Il consorzio punterà a sviluppare una nuova generazione di semiconduttori dedicati all’elaborazione avanzata per la guida autonoma, la connettività veicolo-infrastruttura (V2X) e la gestione energetica. Il progetto è accompagnato da investimenti significativi e prevede il lancio dei primi chip entro il 2029.
L’obiettivo: autonomia tecnologica
Dietro questa collaborazione si cela una chiara finalità geopolitica: garantire al Giappone un maggiore controllo strategico sulle tecnologie chiave che stanno ridisegnando l’automotive globale. La guerra tecnologica tra Stati Uniti e Cina, l’interruzione delle catene di fornitura durante la pandemia e l’ascesa dei colossi cinesi come BYD e Huawei nei veicoli smart hanno evidenziato l’urgenza di una politica industriale nazionale coerente.
Il governo giapponese, attraverso il Ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Industria (METI), sta già destinando ingenti sussidi pubblici per sostenere la produzione di semiconduttori domestici, anche grazie alla partecipazione di Rapidus, società fondata con l’obiettivo di riportare la produzione di chip avanzati in Giappone.
Sfida aperta alla Cina e alla dipendenza estera
I veicoli del futuro – elettrici, autonomi, connessi – dipendono sempre più da software complessi e da chip potenti. La Cina ha fatto della smart mobility uno dei pilastri del proprio piano “Made in China 2025”, con forti investimenti in AI, batterie e microelettronica, mirando a diventare leader globale nel settore. Giappone, Europa e Stati Uniti stanno ora tentando di rispondere con strategie convergenti, pur mantenendo caratteristiche nazionali.
Secondo dati di McKinsey, entro il 2030 l’elettronica rappresenterà fino al 45% del valore totale di un’auto elettrica intelligente, contro il 20% attuale. Di questo, i semiconduttori rappresentano la componente più critica e più vulnerabile in caso di crisi internazionali.
Impatti economici e prospettive
La creazione di un polo giapponese per i chip automotive ha ricadute significative sull’intera filiera industriale del paese, dalla componentistica alle startup di software, e rappresenta anche un’opportunità per consolidare nuove alleanze con Europa e Stati Uniti, nel contesto dell’alleanza globale dei paesi democratici sulle tecnologie strategiche.
Sul fronte normativo, sarà centrale l’equilibrio tra protezione della proprietà intellettuale, standard comuni e collaborazione tra pubblico e privato. La mossa del Giappone potrebbe anche influenzare il dibattito europeo sulla sovranità tecnologica e la strategia industriale “green & digital”.
L’alleanza tra i giganti dell’automotive giapponese segna una svolta strategica nel posizionamento del Giappone nella corsa globale alle smart car. In un mondo dove software e semiconduttori guidano l’innovazione, costruire una capacità interna robusta non è solo una scelta industriale, ma una decisione politica. Il Giappone ha deciso di rispondere alla sfida cinese con una visione di sistema.