Centri commerciali, la rivoluzione europea tra rigenerazione urbana, ESG e nuove esperienze di consumo

| 14/08/2025
Centri commerciali, la rivoluzione europea tra rigenerazione urbana, ESG e nuove esperienze di consumo

Dai “templi dello shopping” agli hub multifunzionali: come il real estate retail in Italia e in Europa sta riconvertendo spazi, funzioni e modelli di business per attrarre pubblico, investimenti e comunità.

Nell’articolo “Rinascita dei mall americani: dal declino degli anchor store alla nuova era di chiese, bowling e librerie” e’ emerso come nei decenni d’oro della suburbanizzazione, i centri commerciali chiusi sono stati un’icona del consumo e della socialità. Con l’avvento dell’e-commerce, i cambiamenti demografici e l’evoluzione delle abitudini di acquisto, questo modello ha iniziato a perdere slancio.

Negli Stati Uniti, la risposta è stata un ripensamento radicale. Una trasformazione che sta facendo scuola anche oltre oceano, dove i centri commerciali stanno evolvendo in piattaforme ibride capaci di fondere retail, servizi, tempo libero e funzioni urbane.

Questo nuovo articolo esplora come l’Europa — e l’Italia in particolare — stiano interpretando questa rivoluzione, trasformando i mall da “templi dello shopping” a infrastrutture multifunzionali, integrate con strategie ESG, tecnologie di gestione e format esperienziali per attrarre pubblici diversificati e generare valore duraturo per investitori e comunità.

Indice dei contenuti

Dal “tempio dello shopping” alla piattaforma ibrida di servizi

In Europa, i centri commerciali stanno attraversando una fase di trasformazione strutturale che ricorda, per certi versi, quanto accaduto negli Stati Uniti, ma con specificità legate al contesto economico, urbanistico e normativo del Vecchio Continente. Dopo oltre trent’anni di espansione, durante i quali i mall sono stati concepiti come “cattedrali del consumo” dominate da grandi ancore retail e format standardizzati, il baricentro si sta spostando verso un modello di rigenerazione e riconversione funzionale.

Le cause di questo cambiamento sono molteplici: l’e-commerce, cresciuto a doppia cifra in quasi tutti i Paesi UE, ha eroso le quote di mercato del retail fisico tradizionale; l’inflazione dei costi energetici e operativi ha reso più onerosa la gestione di grandi superfici; le nuove generazioni di consumatori hanno ridotto le visite ai centri per acquisti impulsivi, preferendo esperienze più mirate e diversificate; infine, la crescente polarizzazione del potere d’acquisto ha reso insostenibile un’offerta “one-size-fits-all” in contesti periferici o con catchment in contrazione.

Il mall contemporaneo

Il mall contemporaneo, per restare rilevante, non può più limitarsi a vendere prodotti: deve funzionare come una piattaforma urbana multiuso, dove la dimensione commerciale si integra con funzioni esperienziali, culturali e di servizio. Accanto ai negozi, trovano spazio food hall specializzate, poli sportivi e ricreativi, centri medici e diagnostici, spazi per coworking, aule studio, biblioteche e addirittura servizi pubblici.

Questa ibridazione risponde a due esigenze strategiche: stabilizzare i flussi di traffico lungo tutta la settimana — superando la concentrazione nei soli weekend — e ridurre la volatilità degli affitti, attirando operatori con modelli di business meno ciclici e più resilienti alle crisi settoriali. Inoltre, il centro commerciale del futuro in Europa deve essere percepito come spazio di comunità e prossimità, integrato nel tessuto urbano, capace di ospitare eventi, iniziative civiche e momenti di socialità che vadano oltre la logica della transazione economica.

Italia: geografie e traiettorie di riconversione

Il panorama italiano dei centri commerciali riflette una forte eterogeneità territoriale e strutturale, frutto di un mercato cresciuto in maniera disomogenea negli ultimi trent’anni. La sfida della riconversione non può essere affrontata con un modello unico, ma richiede una strategia modulata in base alla posizione, al bacino di utenza e alla capacità dell’asset di integrarsi con il contesto urbano.

Asset metropolitani: il terreno fertile per la rigenerazione mista

Nelle aree metropolitane — Milano, Roma, Torino, Bologna, Napoli — i centri commerciali ben collegati alla rete di trasporto pubblico e con un catchment superiore ai 500.000 abitanti nel raggio di 30 minuti rappresentano i candidati ideali per progetti di rigenerazione mista. Qui, la domanda di spazi multifunzionali è alimentata dalla densità abitativa, dall’elevata capacità di spesa media e da un flusso costante di pendolari e city users.

Questi asset possono ospitare:

  • Food hall tematiche con brand locali e proposte gourmet, seguendo trend come quello di Mercato Centrale o Eataly, che aumentano il dwell time e attraggono un pubblico trasversale
  • Spazi culturali e creativi, dalle gallerie d’arte ai teatri per eventi temporanei, che favoriscono un posizionamento distintivo
  • Coworking e uffici flessibili, soprattutto in aree con forte domanda di spazi di lavoro a breve termine per professionisti e PMI.

Schemi periurbani: il rischio della monocentricità

I centri periurbani sviluppati negli anni ‘90 e 2000, spesso costruiti su terreni greenfield e concepiti con un ancoraggio fortemente fashion-centrico, soffrono di più. Senza un’integrazione con funzioni pubbliche o di prossimità, rischiano di diventare spazi sottoutilizzati. In questi casi, la riconversione passa dall’inserimento di:

  • Servizi sanitari (poliambulatori, centri di diagnostica, fisioterapia) che garantiscono flussi costanti durante la settimana
  • Sport & leisure come campi da padel, palestre, pareti di arrampicata, spazi per il family entertainment, che rispondono alla domanda crescente di attività esperienziali
  • Funzioni educative, dai campus universitari diffusi ad aule studio attrezzate, in grado di attrarre studenti e giovani professionisti.

Conversione residenziale: la leva abitativa come mitigazione del rischio

Nei contesti caratterizzati da forte domanda abitativa e scarsità di offerta, soprattutto nelle città universitarie o in aree con alta percentuale di over 65, la conversione parziale verso usi residenziali si sta rivelando un’opzione strategica. Le formule più diffuse includono:

  • Student housing, sostenuto dalla crescita degli iscritti internazionali (+20% negli ultimi 5 anni secondo dati MIUR)
  • Senior living, con servizi integrati per la terza età, in linea con il trend demografico che vede l’Italia tra i Paesi più anziani al mondo (23,8% della popolazione over 65 secondo Istat)
  • Affitti a canone calmierato o build-to-rent, in partnership con fondi immobiliari o enti locali, per favorire la mixité sociale e accedere a incentivi fiscali.

Tendenze e case study italiani

In Italia si stanno moltiplicando gli esempi di rigenerazione virtuosa:

  • Il Centro Sarca di Milano ha riconvertito parte degli spazi con un mix di entertainment e food, aumentando la permanenza media dei visitatori
  • Lingotto a Torino ha puntato su un format misto di retail, ristorazione, eventi e spazi per mostre temporanee
  • Fiumara a Genova ha integrato funzioni leisure e servizi, attirando nuovi flussi di clientela.

Questi casi, cosi’ come ne esistono altri, dimostrano che la ricetta vincente passa per un ripensamento radicale del ruolo del mall, che non è più solo “polo dello shopping”, ma infrastruttura sociale e di comunità capace di rigenerare anche l’intorno urbano.

Urbanistica e permitting: la vera “critical path”

La riconversione di un centro commerciale in Italia non è solo una sfida immobiliare, ma soprattutto un percorso amministrativo e normativo complesso, in cui tempi e iter autorizzativi possono fare la differenza tra un’operazione sostenibile e un progetto destinato a rimanere sulla carta.

Il nodo dei cambi di destinazione d’uso

Uno degli ostacoli principali riguarda il cambio di destinazione d’uso, regolato a livello comunale e regionale, che può richiedere varianti urbanistiche e tempi di approvazione anche superiori ai 12-18 mesi. La situazione si complica quando il mall si trova in aree sottoposte a vincoli paesaggistici o in prossimità di zone a tutela ambientale.

  • Nei casi in cui la trasformazione includa funzioni residenziali o servizi pubblici, il progetto deve integrarsi nei Piani di Governo del Territorio (PGT) o nei Piani Regolatori, spesso richiedendo perequazioni urbanistiche (scambio tra cubatura edificabile e opere pubbliche)
  • Alcuni comuni, come Milano, hanno già introdotto varianti semplificate per incentivare la rigenerazione di edifici dismessi, riducendo parte degli oneri e velocizzando le procedure.

Strumenti di pianificazione integrata

In Italia, la strada più efficace per portare avanti una riconversione complessa è l’utilizzo di Programmi Integrati di Intervento (PII) o Accordi di Programma tra pubblico e privato.

  • I PII consentono di pianificare la trasformazione di un’area in modo unitario, includendo funzioni diverse (retail, residenziale, servizi) e definendo in anticipo gli oneri e le opere compensative
  • Gli accordi di programma, invece, permettono di coinvolgere più enti (Comune, Regione, enti di trasporto) e velocizzare l’iter autorizzativo in progetti di interesse strategico.

A livello europeo, strumenti simili vengono utilizzati in Francia (ZAC – Zones d’Aménagement Concerté) e Spagna (Planes Especiales), dove la concertazione anticipata tra sviluppatori e amministrazioni riduce la conflittualità e i tempi.

Il peso delle politiche europee: città dei 15 minuti e consumo di suolo

Le direttive UE stanno influenzando sempre più le scelte urbanistiche. Due sono i driver principali:

  • Città dei 15 minuti: privilegiare funzioni di prossimità per ridurre l’uso dell’auto e migliorare la qualità della vita. Questo favorisce progetti di centri commerciali rigenerati come hub multiservizi per i quartieri circostanti
  • Riduzione del consumo di suolo: obiettivo UE di “zero net land take” entro il 2050, che spinge verso il retrofit di scatole esistenti piuttosto che nuove edificazioni su aree verdi.

La gestione del tempo: dal cronoprogramma alla “fast track”

Il time-to-market è un fattore critico. In Italia, i tempi medi per l’approvazione di un progetto di riconversione possono superare i due anni.
Le best practice per accelerare includono:

  • Avviare scenari multipli di uso già in fase di concept, in modo da adattarsi più rapidamente a eventuali richieste delle amministrazioni
  • Coinvolgere i comuni con workshop partecipativi e presentazioni pubbliche, per creare consenso e ridurre il rischio di opposizioni
  • Utilizzare permitting fast track dove disponibile, ad esempio per interventi legati a obiettivi ESG o recupero di aree dismesse.

La regia con le amministrazioni locali e la capacità di leggere il contesto normativo diventano il vero vantaggio competitivo. Un mall con un progetto chiaro, un business plan solido e un percorso autorizzativo presidiato può passare dalla crisi alla rinascita in tempi compatibili con le esigenze di investitori e operatori.

ESG e normativa europea: da costo a generatore di valore

L’ESG (Environmental, Social, Governance) non è più un optional per chi opera nel settore retail e real estate: in Europa, e in particolare in Italia, è ormai un requisito che incide direttamente sul valore di mercato, sulla liquidità dell’asset e sulla possibilità di attrarre capitali istituzionali. Le normative europee — dalla EU Taxonomy alla CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), fino alla nuova EPBD (Energy Performance of Buildings Directive) — stanno trasformando i centri commerciali in veri e propri cantieri di efficientamento e rigenerazione green.

Dal vincolo al vantaggio competitivo

Per anni, l’adeguamento agli standard ESG è stato visto come un costo obbligato, utile solo per evitare penalità o sanzioni. Oggi, invece, il mercato premia gli asset che dimostrano un impatto positivo e misurabile.

  • Asset conformi: tassi di vacancy più bassi, maggiore appetibilità per gli investitori core e cap rate più difensivi
  • Asset non conformi: rischiano un rapido repricing, specialmente nei mercati più trasparenti come il Regno Unito, la Francia e il Nord Europa, dove le richieste di performance energetica sono già stringenti.

In Italia, operatori come IGD SIIQ hanno avviato piani pluriennali di riqualificazione energetica, installando impianti fotovoltaici su coperture e parcheggi, introducendo pompe di calore e sistemi di building management (BEMS) per ottimizzare i consumi in tempo reale.

Il quadro normativo europeo: tre direttive chiave

  • EU Taxonomy: classifica le attività economiche che possono essere considerate sostenibili, incidendo direttamente sulla possibilità di ottenere finanziamenti green.
  • CSRD: impone a un numero crescente di aziende l’obbligo di rendicontazione dettagliata sulle performance ESG, con indicatori standardizzati e verificabili.
  • EPBD: introduce nuove soglie di prestazione energetica, imponendo il raggiungimento di standard minimi entro date prestabilite, con un impatto diretto sugli immobili commerciali.

Per un centro commerciale, ciò significa avere audit energetici, piani di phasing CAPEX e un calendario chiaro di interventi, spesso supportati da green loans o sustainability-linked loans.

Dal fotovoltaico alla circolarità

Le iniziative ESG nei mall europei non si limitano all’efficienza energetica:

  • Produzione di energia in loco: impianti fotovoltaici su tetti e pensiline dei parcheggi, con autoconsumo per i servizi comuni e vendita dell’eccedenza in rete
  • Recupero idrico: sistemi per la raccolta e il riuso delle acque piovane, riducendo la pressione sulla rete idrica pubblica
  • Materiali a basso impatto: utilizzo di componenti riciclati e certificati nei cantieri di ristrutturazione
  • Mobilità sostenibile: stazioni di ricarica per veicoli elettrici, piste ciclabili connesse, navette elettriche per i visitatori.

Un esempio emblematico arriva dalla Svezia, dove il Mall of Scandinavia ha integrato un sistema di gestione energetica avanzato che riduce del 20% i consumi annui, e dall’Italia con il centro commerciale Oriocenter che ha ottenuto la certificazione BREEAM Excellent grazie a un mix di fotovoltaico, LED lighting e gestione intelligente dell’aria interna.

L’ESG come driver di traffico e permanenza

Gli investimenti ESG non migliorano solo i bilanci e la reputazione, ma possono anche aumentare il tempo di permanenza e la spesa media dei visitatori. Comfort ambientale, qualità dell’aria, illuminazione naturale e spazi verdi esterni attraggono clienti e fidelizzano le famiglie. Un mall ben illuminato, ventilato e con un microclima controllato diventa anche un luogo di socialità, aumentando la frequenza delle visite durante la settimana.

Green lease e governance dei dati

Un aspetto spesso sottovalutato è la gestione condivisa dei dati tra proprietario e tenant. I green lease prevedono l’obbligo per gli affittuari di comunicare i propri consumi e di contribuire agli obiettivi di efficienza dell’intero complesso, introducendo anche incentivi o penali in base ai risultati ottenuti. Questo approccio, già diffuso in Olanda e Regno Unito, si sta affacciando anche in Italia, soprattutto nei progetti di rigenerazione più recenti.

L’ESG sta diventando, quindi, una leva di creazione di valore per i centri commerciali europei: non solo per la compliance normativa, ma come elemento centrale di un posizionamento competitivo in un mercato in trasformazione.

Tecnologia e dati: dal footfall al “decision engine”

Negli ultimi anni, la gestione dei centri commerciali in Europa e in Italia sta subendo una trasformazione profonda grazie alla tecnologia. Quello che un tempo era un business basato principalmente su affitto spazi e conta-visitatori è oggi sempre più vicino a una gestione data-driven, dove le informazioni raccolte diventano un vero e proprio “motore decisionale” per migliorare la performance e la redditività.

Dal conteggio ingressi alle analisi predittive

Il footfall — il numero di visitatori che entra in un centro commerciale — è stato per decenni il principale KPI. Oggi, questo dato è solo il punto di partenza. I mall più avanzati integrano:

  • Heatmap anonime per capire come si muovono le persone all’interno e quali aree attraggono più attenzione
  • Analisi temporali per identificare i momenti di picco e programmare meglio eventi, promozioni e turni di personale
  • Modelli predittivi basati su AI per stimare l’impatto di iniziative marketing, aperture di nuovi tenant o condizioni meteo sul traffico.

Un esempio concreto arriva dal Westfield London, dove l’uso combinato di sensori IoT e analytics predittivi ha aumentato del 12% le vendite medie mensili dei tenant, ottimizzando le campagne promozionali in base ai flussi reali.

CRM territoriale e omnicanalità

Il centro commerciale non è più un luogo fisico separato dal digitale. I CRM territoriali permettono di creare campagne personalizzate basate sul comportamento reale dei visitatori e sulle loro interazioni online. In Italia, progetti pilota come quello di IGD SIIQ stanno sperimentando membership card omnicanale che premiano sia gli acquisti in-store che online, creando un ecosistema di loyalty che integra retailer fisici e marketplace digitali.

Digital leasing e dashboard per tenant

La digitalizzazione non riguarda solo i clienti, ma anche la relazione con i tenant.

  • Piattaforme di leasing digitale: permettono di gestire proposte, rinnovi e comunicazioni in tempo reale, riducendo tempi di negoziazione
  • Dashboard integrate: offrono a ogni tenant un cruscotto con dati di performance, consumi energetici e benchmark di settore, utile anche per supportare politiche di green lease.

Logistica di prossimità e back-of-house evoluto

Il boom dell’e-commerce ha spinto i mall a ripensare i propri spazi di servizio. Nei progetti di nuova generazione, si stanno creando micro-fulfillment center integrati, in grado di gestire click&collect, resi e consegne rapide direttamente dal centro commerciale. Questo modello, già consolidato in Paesi Bassi e Francia, sta arrivando anche in Italia in location come Fidenza Village e Scalo Milano, migliorando la competitività rispetto ai pure player online.

Gemelli digitali e gestione cantieri “a mall vivo”

La tecnologia dei digital twin — repliche virtuali dell’intero centro — sta rivoluzionando la gestione di lavori e ristrutturazioni. Consentono di pianificare interventi minimizzando l’impatto su flussi, vendite e sicurezza. Un caso virtuoso è quello del Mall of Tripla a Helsinki, dove il digital twin è stato utilizzato per coordinare lavori di riqualificazione senza mai chiudere il mall, riducendo del 25% i tempi di cantiere.

La regola d’oro: governance dei dati e integrazione

Uno dei rischi più comuni è la frammentazione delle piattaforme. I mall più performanti adottano poche tecnologie integrate, con governance chiara dei dati e KPI condivisi tra proprietà e tenant. Questo approccio riduce i costi, aumenta la qualità delle decisioni e rende più trasparente la gestione complessiva.

La tecnologia nei centri commerciali italiani ed europei non è più solo un supporto operativo: è un asset strategico che, se gestito correttamente, può trasformare il modello di business da semplice locazione di spazi a piattaforma intelligente di servizi e relazioni.

Mix merceologico e ancore: dal “fashion-centric” al “need-&-experience-centric”

La fine dell’era “fashion only”

Per decenni, la forza di un centro commerciale in Italia si misurava in base alla presenza di ancore fashion di richiamo nazionale e internazionale. Catene di abbigliamento, accessori e calzature occupavano grandi superfici e fungevano da magnete per tutto il flusso pedonale. Oggi, complice il calo strutturale delle vendite di moda nel canale fisico e la pressione dell’e-commerce (che in Italia ha superato i 35 miliardi di euro di fatturato online nel 2024, secondo Netcomm), questo modello mostra limiti evidenti. La dipendenza da un settore ciclico e sensibile alle mode espone i mall a volatilità di reddito e rischio di vacancy.

Grocery e home improvement come ancore di stabilità

Gli operatori più reattivi stanno sostituendo o affiancando le ancore fashion con insegne della grande distribuzione alimentare e del bricolage/arredo.

  • Grocery: catene come Esselunga, Coop, Conad o Carrefour non solo portano flussi costanti durante tutta la settimana, ma generano anche scontrini medi difensivi rispetto alle fluttuazioni economiche
  • Home improvement: operatori come Leroy Merlin, Bricofer o Obi intercettano un bacino di clienti trasversale e legato a bisogni concreti, aumentando la resilienza dell’asset.

Secondo dati CNCC (Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali), la presenza di un grocery come ancora principale può incrementare il footfall settimanale fino al 30% rispetto a schemi puramente fashion-centric.

Il presidio serale con Food & Beverage di qualità

La trasformazione più visibile riguarda l’offerta ristorativa: food court monotematiche e standardizzate stanno lasciando spazio a food hall curate, con format regionali, ristorazione etnica autentica e proposte gourmet. Questo segmento intercetta il traffico serale e del weekend, estendendo l’orario di permanenza e generando cross-shopping.
Esempi virtuosi si vedono nei restyling di Oriocenter (BG) e Centro Sarca (MI), dove il mix gastronomico ha aumentato la permanenza media del cliente da 65 a oltre 90 minuti.

Leisure e sport come attrattori trasversali

Le funzioni leisure sono sempre più determinanti per il posizionamento competitivo: cinema di nuova generazione, arene di e-sports, bowling, padel indoor, palestre e percorsi di arrampicata creano motivi di visita indipendenti dallo shopping. In un mercato in cui il 45% dei visitatori under 35 dichiara di andare al mall “anche senza fare acquisti” (fonte CBRE Italia 2024), il tempo libero diventa un asset strategico.

Servizi alla persona e cultura come nuove “micro-ancore”

Un trend emergente è l’inserimento di funzioni civiche e di prossimità: poliambulatori, uffici pubblici, coworking, aule studio, biblioteche e librerie attive. Non solo aumentano la frequenza di visita, ma ancorano il centro commerciale alla comunità locale.
Il caso di Nave de Vero (VE), che ha inserito un hub sanitario privato con diagnostica avanzata e servizi di fisioterapia, dimostra come questi inserimenti possano garantire affitti stabili e target di clientela qualificata.

L’obiettivo finale: frequenza, permanenza e spesa accessoria

Il nuovo mix merceologico mira a:

  1. Aumentare la frequenza di visita grazie a servizi quotidiani e ancore di utilità
  2. Estendere il dwell time * attraverso esperienze leisure e food & beverage
  3. Incrementare la spesa accessoria sfruttando il cross-shopping tra categorie diverse.

Chi riesce a combinare questi tre elementi non solo mitiga la stagionalità, ma trasforma il mall in una piattaforma multifunzionale radicata nel territorio.

Modelli economici e leasing: più variabile, meno rigido

Dal canone fisso al modello ibrido

Il modello classico di locazione, basato su un canone fisso annuale o mensile, sta progressivamente cedendo il passo a formule più flessibili. In un contesto di domanda volatile e cicli di consumo meno prevedibili, molti operatori preferiscono affitti variabili legati alle performance di vendita. Questo approccio, già diffuso negli outlet, sta entrando nei centri commerciali tradizionali e nei format misti:

  • Base rent contenuto, per garantire sostenibilità economica anche in periodi di bassa stagione
  • Turnover rent (canone percentuale) proporzionato al fatturato generato, così da allineare gli interessi di proprietà e tenant.

Secondo dati CNCC (Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali), nei progetti di nuova generazione in Italia, circa il 35-40% dei contratti prevede già una componente variabile, con picchi oltre il 50% nelle aree food & beverage.

Green lease e sostenibilità contrattuale

Parallelamente, si diffonde il concetto di green lease: contratti che includono clausole ambientali e obiettivi ESG condivisi. Non si tratta solo di un vezzo ecologico, ma di un elemento di creazione di valore:

  • Condivisione dei dati di consumo energetico in tempo reale
  • Incentivi o penali in base al raggiungimento di target di efficienza
  • Obbligo di utilizzare materiali e impianti a basso impatto in caso di ristrutturazioni o fit-out.

L’integrazione di KPI ambientali nei contratti consente alla proprietà di migliorare il rating ESG dell’asset e di accedere a forme di finanziamento “green” a condizioni più favorevoli.

Fit-out contributions e partnership strategiche

Per attrarre brand chiave o funzioni ad alto valore (cinema premium, palestre, medical center, coworking), le proprietà offrono sempre più spesso fit-out contributions: contributi economici o lavori in conto capitale per realizzare l’allestimento iniziale.
Questo modello, se ben calibrato, permette di ridurre il tempo di avviamento e garantire un’offerta distintiva che aumenti il dwell time e il cross-shopping.

Spazi dinamici e formule short-term

Il concetto di “staticità” del tenant mix è in crisi. Nei mall di nuova generazione troviamo pop-up store, contratti stagionali e rotazioni rapide per testare nuovi format. Questa logica, mutuata dagli aeroporti e dalle high street più innovative, serve a:

  • Creare novità continua, generando curiosità e traffico ricorrente
  • Testare la domanda prima di un investimento su larga scala
  • Monetizzare aree temporaneamente libere in attesa di tenant a lungo termine.

Secondo un’analisi di Cushman & Wakefield, il fatturato medio per metro quadro degli spazi pop-up ben posizionati può superare del 20-30% quello di un negozio permanente, grazie all’effetto scarsità e alla spinta di marketing.

Diversificazione delle entrate

Oltre ai canoni di locazione, i centri commerciali italiani stanno aumentando le entrate ancillari:

  • Sponsorizzazioni e naming rights di aree e eventi
  • Monetizzazione dei dati raccolti da app e CRM (nel rispetto del GDPR)
  • Affitto di spazi per eventi privati o corporate
  • Partnership con operatori logistici per micro-fulfillment e click&collect.

L’obiettivo è chiaro: stabilizzare il NOI (Net Operating Income) e rendere il progetto più resiliente in un contesto di tassi di interesse più alti e capitali più selettivi.

Capital markets: dove si crea (e si perde) valore

Il repricing e la selezione degli asset

Negli ultimi cinque anni, il mercato immobiliare commerciale europeo — Italia inclusa — ha vissuto un repricing significativo. Gli asset considerati “commodity”, ovvero centri commerciali standardizzati, poco differenziati e con tenant mix debole, hanno subito deprezzamenti anche del 20-40% rispetto ai valori pre-2019. La combinazione di tassi di interesse più alti, minore liquidità e cambiamenti strutturali nella domanda ha reso evidente che il capitale oggi premia la qualità progettuale e gestionale, non solo la location.

Dove si crea valore: la leva della rigenerazione

Le opportunità emergono soprattutto nell’acquisizione di scheletri obsoleti a prezzo scontato e nella loro trasformazione in progetti a mix funzionale, con business plan credibili e tempistiche definite. Gli investitori value-add e core-plus stanno cercando:

  • Asset con potenziale di conversione a usi misti (retail + leisure + residenziale)
  • Strutture già dotate di infrastrutture robuste (parcheggi, accessibilità, impianti aggiornabili)
  • Mercati con domanda latente di funzioni non retail (student housing, senior living, coworking, spazi sanitari)

In Italia, operazioni di questo tipo si sono viste soprattutto in aree metropolitane come Milano, Bologna, Torino e Roma, dove l’integrazione con il tessuto urbano rende più facile attrarre investitori istituzionali.

La gestione del CAPEX: fasi e priorità

In un contesto di capitale selettivo, la capacità di pianificare e modulare gli investimenti è decisiva. Le strategie più efficaci prevedono:

  • Warm shell iniziale, ovvero spazi pronti per l’allestimento, che riducono tempi e costi per il tenant
  • Fit-out in fasi successive, per diluire l’impatto finanziario e adattare il progetto alla risposta del mercato
  • Integrazione di interventi ESG sin dalla prima fase, per aumentare il rating dell’asset e accedere a finanziamenti agevolati.

Partnership pubblico-private come acceleratore

Molti progetti complessi di riconversione si sbloccano solo attraverso partnership pubblico-private (PPP). Queste alleanze permettono di integrare funzioni civiche (biblioteche, spazi sportivi, servizi sanitari) che non solo aumentano l’attrattività dell’asset, ma facilitano i permessi urbanistici e migliorano l’accettazione da parte della comunità locale.
In Italia, esempi di successo si sono visti a Torino e Firenze, dove interventi di riqualificazione di vecchi spazi commerciali hanno beneficiato di accordi con le amministrazioni per introdurre servizi pubblici e spazi verdi in cambio di iter autorizzativi più rapidi.

Finanza e strumenti di debito

Sul fronte della raccolta di capitali, i progetti con solide credenziali ESG hanno accesso a green loans e sustainability-linked loans, strumenti che premiano le performance ambientali con condizioni di tasso più favorevoli. Inoltre, in un contesto di tassi di interesse elevati, cresce l’utilizzo di club deal e joint venture tra operatori e investitori istituzionali, in grado di condividere rischi e know-how.

La regola aurea del “management alpha”

Oggi il rendimento non arriva solo dal rendimento passivo dell’asset, ma dal management alpha, ovvero la capacità dell’operatore di creare valore attraverso progettazione, permitting, leasing e governance ESG.
Gli investitori internazionali guardano sempre meno alla mera location e sempre più alla credibilità del team di gestione, alla sua esperienza nel riposizionare asset complessi e alla capacità di garantire performance sostenibili nel tempo.

Rischi principali e come mitigarli

Permessi e tempi autorizzativi

Uno dei maggiori ostacoli nei progetti di riconversione è rappresentato dai tempi lunghi per ottenere permessi urbanistici e cambi di destinazione d’uso. In Italia, dove la burocrazia può rallentare significativamente il time-to-market, ogni mese perso incide sulla redditività del progetto.
Mitigazione: avviare un engagement anticipato con i Comuni, condividendo sin da subito scenari d’uso multipli e piani di impatto sociale. Integrare nel progetto funzioni di utilità pubblica (spazi verdi, servizi sanitari, aree sportive) può facilitare l’iter autorizzativo.

Esecuzione dei lavori in un mall operativo

Molte riconversioni avvengono mentre il centro rimane aperto al pubblico, con il rischio di impatti negativi sulle vendite e sull’esperienza dei clienti.
Mitigazione: pianificare un phasing dei lavori, con cantieri notturni e barriere acustiche, comunicando in modo trasparente ai tenant tempi e fasi dell’intervento. Un gemello digitale dell’asset può aiutare a prevedere criticità e ottimizzare la logistica interna.

Domanda e validazione del mix funzionale

Il rischio di introdurre funzioni che non incontrano la domanda reale è elevato, specialmente in mercati secondari o periurbani.
Mitigazione: utilizzare pop-up temporanei e test pilota per validare la risposta del pubblico prima di impegnarsi in fit-out permanenti. Analizzare dati di footfall e ticket medio per calibrare l’offerta.

Capex e Opex fuori controllo

Progetti complessi possono incorrere in sforamenti di budget sia sul fronte degli investimenti iniziali (CAPEX) sia su quello dei costi operativi (OPEX).
Mitigazione: applicare ingegneria di valore sin dalla fase di progettazione, negoziare contratti EPC (Engineering, Procurement & Construction) per impianti energetici e adottare sistemi di manutenzione predittiva.

Finanza e sostenibilità del debito

In un contesto di tassi di interesse elevati, il rischio di tensione finanziaria è concreto, soprattutto se i ricavi da affitti tardano a stabilizzarsi.
Mitigazione: strutturare contratti di locazione con step-up progressivi legati a milestone di apertura, mantenere buffer di liquidità per coprire eventuali ritardi e diversificare le fonti di finanziamento (equity paziente, green loans, PPP).

Rischio reputazionale

Ogni progetto di rigenerazione si inserisce in un contesto sociale e urbano ben preciso. Una narrazione negativa — ad esempio la percezione di “privatizzazione” di spazi pubblici — può minare l’accettazione del progetto.
Mitigazione: curare il racconto pubblico della trasformazione, evidenziando i benefici per la comunità (occupazione, servizi, verde urbano, riduzione emissioni) e coinvolgendo attivamente i cittadini in workshop e consultazioni.

Cosa guardano oggi gli investitori in Italia ed Europa

Accessibilità e connettività

Per gli investitori istituzionali, un centro commerciale o un progetto di riconversione deve essere facilmente raggiungibile. In Italia e in Europa, il valore aumenta sensibilmente se l’asset è vicino a nodi di trasporto intermodale (ferrovie, metro, tram, linee bus ad alta frequenza), piste ciclabili e dotato di colonnine di ricarica per veicoli elettrici.
In contesti metropolitani, la connessione con linee ferroviarie regionali o metropolitane può ampliare il bacino di utenza (catchment) e stabilizzare il flusso di visitatori anche in orari extra-weekend.

Bacino d’utenza e potere d’acquisto

Gli investitori mappano attentamente reddito disponibile, densità abitativa e composizione demografica del catchment. Un mall vicino a quartieri in crescita, università o poli sanitari garantisce flussi costanti e diversificati.
Esempio: un asset in una città universitaria può integrare student housing, coworking e servizi di ristorazione smart, intercettando domanda stabile anche in bassa stagione commerciale.

Competizione e posizionamento

Prima di allocare capitale, viene analizzata la presenza di competitor diretti: retail park, high street di pregio, outlet e marketplace digitali.
Un progetto di riconversione ha più possibilità di successo se si differenzia dal contesto con un mix unico di servizi e funzioni (leisure, food hall, coworking, cultura), evitando di competere frontalmente sul solo prezzo o sul fashion generalista.

Stato fisico e indice di obsolescenza

Oltre alla location, è cruciale la qualità tecnica dell’immobile: impianti obsoleti, isolamento termico insufficiente e layout rigidi riducono l’attrattività.
Gli investitori valutano indicatori come EPC (Energy Performance Certificate), potenziale di installazione fotovoltaica, costi energetici stimati e possibilità di riconfigurare gli spazi. Un asset “retrofit-ready” è più appetibile, soprattutto per fondi core-plus e value-add.

Governance e property management

La presenza di un team di gestione locale con track record solido è determinante.
Gli investitori preferiscono asset gestiti da operatori che sanno dialogare con le amministrazioni, hanno relazioni consolidate con tenant di valore e sanno implementare strategie ESG e tecnologiche in tempi certi.

Oggi il capitale — soprattutto quello internazionale — cerca progetti in grado di coniugare resilienza economica, efficienza operativa e rilevanza sociale. Non basta una location strategica: servono visione di lungo periodo, governance trasparente e un mix di funzioni calibrato per intercettare trend demografici e culturali in evoluzione.

La rinascita passa dalla qualità dell’esecuzione

La trasformazione dei centri commerciali in Europa e in Italia segna il passaggio definitivo da un modello basato quasi esclusivamente sulla transazione commerciale a uno incentrato sulla relazione con il territorio e con i suoi pubblici.

Se per decenni il successo di un mall si misurava in termini di vendite al metro quadro, oggi i KPI più rilevanti includono frequenza di visita, tempo medio di permanenza, tasso di ritorno e coinvolgimento della comunità. Questi indicatori raccontano meglio la resilienza dell’asset, la sua capacità di attrarre e trattenere persone, e quindi di generare flussi economici stabili e diversificati.

Un cambio di mentalità per investitori e operatori

Per sviluppatori e property manager, il paradigma cambia radicalmente:

  • Non si tratta più di “riempire spazi” ma di curare un ecosistema, in cui retail, servizi e funzioni civiche si sostengono a vicenda
  • La governance si allarga, includendo stakeholder pubblici, operatori culturali, partner tecnologici e comunità locali
  • Le logiche di leasing diventano flessibili, incentivando format innovativi, temporary store e attività non strettamente commerciali ma ad alto valore di attrazione.

ESG e tecnologia come fattori di competitività

Nel contesto europeo, la conformità agli standard ESG e l’uso intelligente della tecnologia non sono più opzioni, ma requisiti competitivi.
Un asset rigenerato che integra energie rinnovabili, sistemi di monitoraggio avanzati e spazi pensati per il benessere ambientale non solo risponde alle normative, ma crea un vantaggio competitivo sul mercato immobiliare e retail.

La prospettiva italiana: il valore della prossimità

In Italia, la vera differenza la farà la capacità di interpretare il concetto di prossimità:

  • Non solo vicinanza geografica, ma pertinenza culturale e sociale
  • Creare luoghi che rispecchino l’identità del territorio e rispondano ai bisogni concreti delle persone.

Un mall può diventare il nuovo cuore civico di un quartiere o di un’intera area metropolitana, purché offra un mix autentico di servizi, esperienze e relazioni.

Dal presente al futuro

La rinascita dei centri commerciali non sarà uniforme né rapida: richiederà investimenti pazienti, progetti solidi e capacità di adattamento.
Ma per chi saprà leggere i segnali del mercato e progettare spazi flessibili, connessi e sostenibili, il mall del futuro potrà tornare a essere ciò che era nella sua età d’oro: un punto di incontro essenziale per la vita sociale ed economica.



* Il dwell time è un indicatore usato nel retail e nel real estate commerciale per misurare il tempo medio che una persona trascorre all’interno di un centro commerciale, di un negozio o di una specifica area.

È un KPI strategico perché:

  • Più tempo = più spesa potenziale: statisticamente, i clienti che rimangono più a lungo tendono a effettuare più acquisti o ad aggiungere articoli al carrello.
  • Misura dell’attrattività: un dwell time elevato indica che l’offerta (mix di negozi, ristorazione, intrattenimento, servizi) riesce a trattenere il pubblico.
  • Strumento di pianificazione: aiuta a capire dove inserire nuove funzioni per aumentare la permanenza e stimolare il cross-shopping.

Per esempio, nei mall tradizionali italiani il dwell time medio è di 60-70 minuti, ma in centri di nuova generazione con food hall, cinema e aree leisure può superare i 100-120 minuti.

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