BYD schiacciata dalla guerra dei prezzi: il gigante cinese dell’auto elettrica affronta la sua sfida più dura

| 01/09/2025
BYD schiacciata dalla guerra dei prezzi: il gigante cinese dell’auto elettrica affronta la sua sfida più dura

Il leader cinese dei veicoli elettrici registra un crollo del 30% degli utili trimestrali, mentre la competizione interna e le tensioni geopolitiche mettono alla prova il suo modello industriale e la sua espansione globale.

In un mercato globale che corre verso l’elettrificazione, BYD si scopre vulnerabile. Il colosso cinese dell’auto elettrica, leader mondiale per volumi e innovazione, ha registrato un crollo del 30% degli utili trimestrali, travolto dalla feroce guerra dei prezzi in patria. Mentre i ricavi crescono grazie all’espansione internazionale, la redditività arretra, sollevando interrogativi sulla sostenibilità del modello cinese e sulle implicazioni geopolitiche per l’intera industria automobilistica.

Una trimestrale che scuote i mercati

La recente caduta delle azioni BYD a Hong Kong, scese dell’8% dopo la pubblicazione dei dati, ha avuto un effetto immediato sulla percezione del mercato. L’azienda ha dichiarato un utile netto di 6,37 miliardi di yuan (circa 891 milioni di dollari) per il periodo aprile-giugno, segnando una contrazione del 30% rispetto allo stesso trimestre del 2024. Un dato che sorprende, considerando l’aura di invincibilità costruita negli ultimi anni dal gruppo di Shenzhen, divenuto leader nella corsa globale all’elettrico.

Il paradosso è evidente: ricavi in crescita (+14% a 201 miliardi di yuan), ma margini in caduta libera. La società vende di più, in più mercati, ma guadagna meno per veicolo. Per gli investitori internazionali, abituati a leggere BYD come il campione del modello industriale cinese, la notizia suona come un campanello d’allarme.

L’ipercompetizione nel mercato interno cinese

Il nodo centrale resta la guerra dei prezzi che sta trasformando il mercato cinese in un’arena ipercompetitiva. Secondo Nomura, i prezzi medi delle auto elettriche e ibride sono calati del 19% in due anni, scendendo a circa 165.000 yuan (22.900 dollari). Una dinamica che penalizza tutti i produttori, ma che colpisce in particolare BYD, la cui strategia industriale si basa su forti investimenti in filiera verticale: dalle batterie ai semiconduttori, fino al software.

La stessa BYD, nella relazione semestrale, ha parlato di “crescente pressione concorrenziale e marketing eccessivo”, elementi che stanno distorcendo la traiettoria naturale del settore. È un terreno scivoloso anche sul piano giuridico: le autorità cinesi hanno minacciato sanzioni contro chi pratica dumping interno, segnale che lo Stato non intende lasciare al caos di mercato un comparto considerato strategico per la transizione energetica nazionale.

Questa corsa al ribasso mette in discussione la sostenibilità stessa del modello EV in Cina. La logica della quantità rischia di erodere la qualità e, soprattutto, la redditività di lungo periodo necessaria per sostenere l’innovazione.

L’Europa come banco di prova

Se la Cina è il campo di battaglia della competizione sui prezzi, l’Europa è il terreno dove si gioca la partita geopolitica. A luglio, BYD ha registrato oltre 13.000 nuove immatricolazioni sul continente, in crescita del 225% rispetto all’anno precedente, secondo i dati ACEA. Una performance che conferma l’aggressiva strategia di penetrazione europea: showroom aperti in mercati chiave come Germania e Regno Unito, prezzi concorrenziali e una gamma sempre più ampia.

Eppure, Bruxelles non osserva in silenzio. L’indagine anti-sussidi avviata dalla Commissione Europea sui costruttori cinesi di EV punta a verificare se il supporto statale distorca la concorrenza. In gioco non c’è solo la sopravvivenza dei produttori europei, ma l’equilibrio geopolitico di un settore che incrocia transizione energetica, occupazione e autonomia strategica.

Per BYD, sfondare in Europa non significa solo conquistare clienti, ma superare barriere regolatorie e politiche. È una sfida complessa, che intreccia diplomazia, diritto industriale e fiducia dei consumatori.

I numeri semestrali: crescita, ma a quale prezzo?

Il quadro semestrale racconta un’altra storia: utile netto in aumento del 14% a 15,5 miliardi di yuan e ricavi complessivi a 371,3 miliardi (+23%). Le vendite di veicoli a nuova energia hanno raggiunto livelli record, rafforzando la leadership domestica di BYD.

Ma la crescita aggregata non cancella le criticità. Tre i nodi principali:

  • Margini ridotti: la redditività scende mentre la concorrenza aumenta, riducendo la capacità di autofinanziare progetti strategici come le batterie di nuova generazione
  • Rischi regolatori: tra misure anti-dumping in Cina e politiche protezionistiche in Europa e Stati Uniti, la libertà di espansione si restringe
  • Geopolitica industriale: la mobilità elettrica è diventata campo di confronto tra potenze e BYD si trova in prima linea, spesso suo malgrado, in questo braccio di ferro tra Pechino e l’Occidente.

Una lezione per l’industria automobilistica globale

Il caso BYD va oltre i confini della Cina. È una lezione sul futuro dell’automotive globale. Da un lato, la Cina ha costruito un ecosistema industriale unico al mondo, capace di dominare la catena del valore dell’elettrico. Dall’altro, la sostenibilità economica di questo sistema resta fragile, compressa da una competizione interna feroce e dalle barriere esterne che ne limitano la proiezione internazionale.

Per gli analisti e i policy maker, la vicenda BYD dimostra che la transizione non sarà soltanto tecnologica, ma anche politica, giuridica e industriale. Non vincerà soltanto chi saprà produrre l’auto più innovativa, ma chi saprà governare un intreccio di regole, mercati e strategie geopolitiche.

BYD, oggi, è al centro di questa trasformazione: un campione nazionale chiamato a dimostrare che la leadership cinese nell’elettrico può essere non solo quantitativa, ma anche sostenibile e globale.

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