Armi autonome e intelligenza artificiale: la corsa contro il tempo per un trattato internazionale tra pressioni geopolitiche e interessi industriali

RedazioneRedazione
| 12/05/2025
Armi autonome e intelligenza artificiale: la corsa contro il tempo per un trattato internazionale tra pressioni geopolitiche e interessi industriali

L’ONU riunisce gli Stati per affrontare il vuoto normativo sulle armi autonome letali: tra sfide tecnologiche, responsabilità legali, interessi strategici e il rischio concreto di una nuova corsa globale agli armamenti basata sull’IA.

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha aperto la sua prima sessione ufficialmente dedicata alla regolazione delle armi autonome letali, tecnologie militari basate su intelligenza artificiale che, già oggi, stanno ridefinendo le regole dell’ingaggio nei conflitti moderni — dall’Ucraina a Gaza, passando per il Medio Oriente e l’Africa.

Un’evoluzione tecnologica più rapida delle norme internazionali

L’impiego di sistemi d’arma capaci di identificare, tracciare e colpire obiettivi senza intervento umano diretto rappresenta un cambio di paradigma che ha superato, in velocità e portata, la capacità delle istituzioni internazionali di produrre un quadro normativo vincolante.

Nonostante dal 2014 gli Stati parte della Convention on Conventional Weapons (CCW) si incontrino a Ginevra per discutere una possibile messa al bando o regolazione delle armi completamente autonome, non esiste ad oggi alcuna norma giuridicamente vincolante che disciplini in maniera univoca l’impiego di tali tecnologie sul campo.

Scadenze, pressioni e divisioni tra potenze globali

Il Segretario Generale dell’ONU ha fissato il 2026 come deadline per l’adozione di un accordo multilaterale che stabilisca limiti chiari all’utilizzo delle armi autonome. Ma le divisioni tra gli Stati restano profonde: mentre una maggioranza di Paesi sostiene la necessità di un trattato internazionale, potenze come Stati Uniti, Russia, Cina e India preferiscono affidarsi a linee guida nazionali o a normative già esistenti.

Un portavoce del Pentagono ha dichiarato che “non vi è evidenza sufficiente che le norme attuali siano inadeguate,” sottolineando che i sistemi autonomi potrebbero ridurre i rischi per i civili rispetto alle armi tradizionali. Tuttavia, secondo gruppi come Human Rights Watch e Amnesty International, l’assenza di meccanismi di accountability e il rischio di escalation automatica impongono una risposta multilaterale urgente.

La proliferazione già in atto e il rischio di una corsa agli armamenti IA

Secondo l’osservatorio del Future of Life Institute, oltre 200 sistemi autonomi sono stati già schierati nei conflitti contemporanei. La Russia, ad esempio, ha impiegato circa 3.000 droni “kamikaze” Veter in Ucraina, dotati della capacità di selezionare ed attaccare target autonomamente. Anche l’Ucraina ha sviluppato e utilizzato droni semi-autonomi. In parallelo, Israele ha ammesso l’impiego di sistemi IA per identificare obiettivi a Gaza, affermando di operare in conformità con il diritto internazionale.

La mancanza di trasparenza e di un regime di controllo condiviso ha però acceso l’allarme tra gli esperti: l’assenza di vincoli legali stringenti potrebbe stimolare un’accelerazione della corsa agli armamenti basata su IA, incentivando governi e attori privati a investire in sistemi sempre più sofisticati e meno controllabili.

Implicazioni economiche, industriali e giuridiche

Il mercato globale delle armi autonome è destinato a crescere in modo esponenziale, alimentato dall’aumento della spesa militare (+6,8% nel 2023 secondo SIPRI) e dal potenziale applicativo duale di molte tecnologie. Grandi contractor della difesa e colossi tech sono già coinvolti nello sviluppo di sistemi che combinano algoritmi predittivi, big data e capacità offensive.

Tuttavia, come osserva Laura Nolan della campagna Stop Killer Robots, “non esiste alcuna garanzia che il settore industriale sia in grado — o interessato — a autoregolarsi.” Il problema, quindi, non è solo etico, ma strutturale: manca un sistema che garantisca la responsabilità legale in caso di violazioni dei diritti umani da parte di un’arma che agisce senza supervisione umana significativa.

Verso una nuova architettura della sicurezza globale?

Le armi autonome rappresentano un punto di svolta non solo tecnologico, ma anche geopolitico. La possibilità di delegare decisioni di vita o di morte a macchine controllate da software apre scenari di instabilità e imprevedibilità senza precedenti, in particolare in teatri bellici asimmetrici o in contesti dove operano attori non statali.

L’appuntamento di New York, seppur non vincolante, rappresenta un test cruciale per valutare la volontà politica delle Nazioni di costruire un quadro condiviso prima della prossima sessione formale del CCW a settembre.

La necessità urgente di una governance multilivello sull’IA militare

In un contesto in cui lo sviluppo dell’intelligenza artificiale supera la capacità di risposta normativa, il rischio non è solo una deriva bellica, ma anche una crisi della legittimità delle istituzioni internazionali. Il tempo per agire, come affermano diversi diplomatici e analisti, sta per scadere.

Un trattato internazionale che stabilisca il principio di “controllo umano significativo” non è più un’opzione auspicabile: è una necessità per garantire che l’uso dell’IA in ambito militare non comprometta i principi fondamentali del diritto umanitario, della sovranità e della pace globale.

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