Amsterdam, la città che ha imparato a vivere con l’acqua: 750 anni di resilienza climatica

| 25/10/2025
Amsterdam, la città che ha imparato a vivere con l’acqua: 750 anni di resilienza climatica

Il 27 ottobre di 750 anni fa nasceva Amsterdam, laboratorio mondiale di adattamento al cambiamento climatico. Nata da un disastro e costruita sotto il livello del mare, la capitale olandese continua a insegnare come convivere con la crisi più grande del nostro tempo.

Dai pali di legno medievali alle isole artificiali del futuro, Amsterdam ha trasformato la sua vulnerabilità in un modello globale. Un racconto di ingegneria, visione e cultura condivisa che spiega come l’umanità può sopravvivere al clima che cambia.

Nata nel fango, salvata dall’acqua

Nel 1275, quando Amsterdam viene citata per la prima volta in un documento ufficiale — una concessione di esenzione doganale concessa dal conte Fiorenzo V d’Olanda — è solo un piccolo villaggio di pescatori e mercanti.
Ma pochi decenni dopo, un evento naturale ne cambierà per sempre il destino.

La grande alluvione di Santa Lucia del 1287 — una delle più devastanti della storia europea — distrusse intere regioni, uccidendo più di 50.000 persone e trasformando vaste zone interne in lagune. Quello che era un villaggio lungo il fiume Amstel divenne improvvisamente una città costiera, esposta ai venti e alle maree del Mare del Nord.

Invece di arretrare, gli abitanti decisero di costruire una diga: l’“Amstel-dam”. Da quell’atto di sfida — insieme ingegneristico e simbolico — nasce la città che oggi conosciamo.
Da allora, Amsterdam è sempre vissuta sotto minaccia. Ma la sua forza è stata proprio questa: trasformare la paura in progettualità, l’instabilità in struttura.

Oggi, mentre oltre il 30% dei Paesi Bassi si trova sotto il livello del mare e due terzi della popolazione vive in aree a rischio di alluvione, la capitale olandese continua a incarnare una verità semplice e radicale: non si sopravvive al mare combattendolo, ma dialogando con esso.

Una città costruita sul vuoto

Il terreno su cui sorge Amsterdam è una trappola naturale: torba e argilla compressa, una spugna instabile incapace di sostenere costruzioni pesanti.
Fin dal XIV secolo, gli ingegneri olandesi svilupparono una tecnica unica: infilare nel suolo migliaia di pali di legno, lunghi fino a 15 metri, fino a raggiungere gli strati di sabbia solida sotto la superficie.
Ogni casa, ogni chiesa, ogni magazzino mercantile poggia ancora oggi su questa “foresta invisibile” di legno.

Il legno scelto — solitamente quercia baltica o pino norvegese — doveva restare immerso nell’acqua per non marcire.
Un paradosso perfetto: Amsterdam può restare in piedi solo se le sue fondamenta rimangono bagnate.
Se l’acqua scende troppo, il legno si ossida e deperisce. È per questo che l’acqua non è un nemico: è una condizione di stabilità strutturale.

Ancora oggi, gli ingegneri monitorano il livello idrico dei canali con sensori in tempo reale. Le chiuse che regolano il flusso dell’Amstel non servono solo a prevenire le inondazioni, ma anche a mantenere il livello giusto perché le fondamenta restino immerse.
Senza questo equilibrio millimetrico, le case storiche comincerebbero a inclinarsi: è il motivo per cui le facciate dei canali sembrano “ondeggiare”.

Dalle dighe alle isole del futuro

Il genio olandese non si è mai fermato alla difesa.
A partire dal XVII secolo, in piena Età d’Oro, Amsterdam iniziò a espandersi letteralmente nell’acqua: i canali concentrici, oggi Patrimonio Unesco, non erano solo vie di trasporto, ma sistemi di drenaggio controllato che permettevano di bonificare nuove aree.

Oggi quella tradizione continua in chiave moderna con progetti come IJburg e Strandeiland, una serie di isole artificiali costruite nel lago IJmeer, destinate a ospitare oltre 60.000 nuovi abitanti.
Il terreno è stato modellato con sabbia dragata dal fondale e progettato per resistere all’aumento del livello del mare previsto entro il 2100.

Il nuovo quartiere segue i principi del climate adaptive design:

  • Edifici a consumo energetico quasi nullo
  • Sistemi di drenaggio naturale che assorbono le piogge torrenziali;
  • Tetti verdi e pannelli solari integrati
  • Spazi pubblici “permeabili” in grado di trattenere l’acqua invece di respingerla.

Il modello olandese: convivere con il rischio

Amsterdam non è sola. Tutto il Paese è costruito sulla cultura dell’adattamento collettivo.
Già nel XIII secolo nacquero i Waterschappen, i consigli dell’acqua — forme di autogoverno locale incaricate di gestire argini, pompe e canali.
Si tratta delle istituzioni democratiche più antiche d’Europa, ancora oggi operative.

Questi organismi — che oggi gestiscono oltre 22.000 chilometri di dighe e canali — rappresentano l’essenza della società olandese: la consapevolezza che nessuno può proteggersi da solo.
Il mare non distingue tra classi sociali, redditi o partiti.
Da secoli, l’acqua costringe gli olandesi alla cooperazione, alimentando un senso di pragmatismo e solidarietà che ha modellato anche la loro politica.

Non a caso, Amsterdam è sede di Deltares, uno dei centri di ricerca più avanzati al mondo sul cambiamento climatico e la gestione idrica.
Qui si progettano modelli di simulazione per prevedere le maree e i flussi idrici futuri.
L’Olanda investe ogni anno circa 1,2 miliardi di euro nella protezione contro le inondazioni — e lo considera un investimento, non una spesa.

Una lezione per il mondo

Le città costiere del pianeta — da Jakarta, che sprofonda di 10 centimetri all’anno, a Miami, minacciata dall’erosione salina — guardano ad Amsterdam come a un laboratorio vivente.
Non perché sia immune ai rischi, ma perché ha sviluppato un approccio che combina ingegneria, pianificazione e cultura sociale.

Nel 2022 la Commissione europea ha inserito Amsterdam tra le “100 Climate-Neutral Cities”, destinandole fondi per diventare a impatto zero entro il 2030.
La città punta a ridurre del 95% le emissioni di CO₂ e a produrre energia solo da fonti rinnovabili.
Gli stessi canali che un tempo salvavano la città dalle inondazioni oggi vengono usati per il raffreddamento naturale degli edifici, tramite reti geotermiche che scambiano calore e acqua.

Ma la lezione più profonda va oltre la tecnologia: è un fatto culturale.
Amsterdam insegna che la resilienza non si misura in metri di muro, ma in capacità collettiva di adattamento.
Le sue istituzioni non nascono dall’emergenza, ma dalla previsione. E il suo paesaggio non è frutto di difesa, ma di convivenza con il rischio.

La capitale del futuro è nata nel passato

Nel 2025 Amsterdam festeggia i suoi 750 anni.
È una città antica, ma incredibilmente moderna, perché ogni generazione ha saputo reinventarla senza rinnegarla.
Dove altri alzano barriere, Amsterdam costruisce canali; dove altri cercano di dominare la natura, lei impara da essa.

Mentre il clima globale cambia, Amsterdam ci ricorda che la sopravvivenza non si conquista con la paura, ma con l’intelligenza.
E forse, tra cento anni, quando le mappe del mondo saranno ridisegnate dal mare, la città olandese non sarà solo un luogo geografico, ma un’idea di civiltà: quella che crede ancora possibile vivere in equilibrio con il pianeta.

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