Acqua: un bene primario scarso e il rischio di guerre future per averla

| 2 Gennaio 2025
Acqua: un bene primario scarso e il rischio di guerre future per averla

La prospettiva di guerre legate alla scarsità di acqua conduce ad un dibattito di lunga data, ma, purtroppo, sempre attuale.
La crescente competizione per accaparrarsi l’acqua in aree già aride, insieme all’effetto combinato dei cambiamenti climatici, porta a rafforzare queste preoccupazioni, identificando nuovi bacini come potenziali punti in cui possono innescarsi conflitti.

Sebbene la Terra sia composta per il 70% da acqua, c’è pochissima acqua dolce disponibile per l’uso umano.
Inoltre, l’acqua disponibile è distribuita in modo non uniforme.
Gli effetti dei cambiamenti climatici, combinati con l’aumento della domanda causato dalla popolazione e dalla crescita economica, fanno sì che le aree aride stiano diventando ancora più asciutte, con stagioni più piovose e più brevi.
Tutte le aree affrontano un aumento degli eventi meteorologici estremi, minacciando la vita e i mezzi di sussistenza delle persone.

Mancanza di una governance efficace

Se da un lato i paesi hanno compreso che impegnarsi in un conflitto sull’acqua porta sostanzialmente a effetti negativi non solo sull’approvvigionamento idrico, ma anche sulle relazioni bilaterali e regionali, sul commercio, sulle relazioni finanziarie, sugli scambi culturali e in molti altri settori, al contempo i conflitti legati all’acqua sono più comuni ai livelli locali, con la violenza legata alle proteste contro la scarsa fornitura di acqua o alle tensioni tra gruppi con esigenze diverse che dipendono dalla stessa fonte di acqua in diminuzione.
Spesso la causa principale di tali tensioni è la mancanza di una governance efficace accompagnata alla poca propensione a risolvere le controversie sempre da parte dei governi locali.
La diminuzione della disponibilità di risorse idriche in tutto il mondo dovrebbe essere considerata una delle sfide più pressanti per la sicurezza ambientale del secolo.

Scarsità d’acqua e sua gestione: 2 fattori critici

La scarsità d’acqua e la sua gestione sono emersi come fattori critici che modellano il panorama della sicurezza globale, specialmente nei bacini fluviali transfrontalieri.
La crescita della popolazione sta superando l’approvvigionamento idrico e anche i cambiamenti climatici lo stanno colpendo.
Dal 1990 ad oggi, le risorse di acqua dolce sono diminuite del 58%, a livello globale, con punte di criticita’ ulteriore in alcune regioni.
Pertanto, il potenziale di conflitto violento innescato dall’acqua è uno scenario realistico.
La sostenibilità dell’acqua è diventata una la sfida globale sempre più urgente. Si stima che la metà della popolazione mondiale si trovi già ad affrontare una grave scarsità d’acqua durante almeno una parte dell’anno, mentre i dati pubblicati dal World Resources Institute hanno evidenziato che il 31% del prodotto interno lordo globale potrebbe essere esposto a forti stress idrici entro il 2050.

I bacini a rischio di conflitto

I grandi bacini con rischio di conflitto specificamente elevati sono i Juba-Shibeli, il lago Turkana, l’Indo e l’Irrawaddy.
Esempi recenti di interazione conflittuale includono tensioni nei bacini dell’Indo (Pakistan e India), nell’Eufrate-Tigri (Turchia, Siria e Iraq) e nei bacini del Nilo (Egitto, Sudan ed Etiopia).
Prendendo in considerazione tre proiezioni di scenario per il 2050, rinvenibili nel Shared Socioeconomic Pathway 2 e Representative Concentration Pathways (RCP) 6.0 e combinando i dati di proiezione e i dati storici e’ possibile identificare i bacini in cui si prevede che si aggravano vari rischi, che meritano quindi una maggiore attenzione politica per prevenire o mitigare i conflitti e rafforzare la cooperazione all’inizio.

I Paesi a valle dei fiumi

Spesso la disponibilità di acqua a valle dipende dai modelli di precipitazione a monte e dall’uso dell’acqua.
I paesi a valle dei fiumi transfrontalieri possono così diventare dipendenti dalle politiche di utilizzo dell’acqua delle loro controparti a monte, mentre i paesi a monte possono trovare le loro esigenze di sviluppo e i loro piani influenzati negativamente dall’opposizione a valle.
Soprattutto nel contesto dei cambiamenti climatici, si prevede la costruzione di molte dighe piccole e grandi, principalmente a fini idroelettrici, per lo più in alcune parti dell’America Latina, dell’Asia e dell’Africa.
La costruzione di dighe, in particolare quelle di grandi dimensioni, può intensificare le tensioni esistenti o crearne di nuove, anche se questo dipende fortemente dal modo in cui queste dighe saranno costruite e gestite, e dal contesto socio-politico esistente.
Oltre alla costruzione di dighe i trasferimenti di acqua inter-bacino pianificati e operativi, in genere per scopi di irrigazione, potrebbero aggiungere future tensioni tra stati nei bacini condivisi.
Il grado di cooperazione e conflitto dipende in genere dal più ampio contesto politico storico e contemporaneo.

Cambiamenti rapidi o estremi dei bacini

Ricerche esistenti suggeriscono anche che una delle variabili più indicative per il conflitto nei bacini idrografici condivisi è un cambiamento rapido o estremo nel bacino, come attraverso lo sviluppo di infrastrutture fisiche, in assenza di sufficienti meccanismi istituzionali transfrontalieri per gestire gli effetti di tale cambiamento.
Gli accordi formali che disciplinano i bacini transfrontalieri e le organizzazioni dei bacini idrografici (RBO) hanno fornito un quadro di comunicazione e negoziazione con l’intento di prevenire potenziali controversie e di sviluppare e implementare attività congiunte di gestione delle risorse idriche. Tuttavia, la presenza di un trattato o di un RBO non significa l’assenza di conflitto.
Anche quando i trattati sono in atto e rispettati, e gli RBO funzionano, le pressioni future derivanti dai cambiamenti climatici, gli sviluppi socioeconomici e la costruzione di nuove dighe possono mettere in discussione l’efficacia e la continuità di questi accordi.

I conflitti nei bacini fluviali transfrontalieri

Il conflitto nei bacini fluviali transfrontalieri e’ quella situazione in cui due o più paesi percepiscono di possedere obiettivi reciprocamente incompatibili per quanto riguarda l’uso, lo sviluppo o la protezione delle risorse idriche che condividono.
Le interazioni conflittuali tra gli stati potrebbero variare da accuse, tensioni diplomatiche, sanzioni economiche alle controversie interstatali militarizzate.
Una questione più rigorosa derivante dai conflitti nei bacini transfrontalieri è l’impatto che questo può avere sull’ambiente e sullo sviluppo socio-economico, come l’aumento della domanda e dell’inquinamento dell’acqua, il degrado ecologico e l’aumento della vulnerabilità agli impatti dei cambiamenti climatici.
Inoltre, l’assenza di cooperazione può portare a benefici scontati che potrebbero derivare da attività congiunte come la gestione delle inondazioni, il miglioramento della navigazione, progetti infrastrutturali congiunti e molti altri.
Le tensioni tra gli Stati su tali questioni possono riversarsi in altri settori, compromettendo le relazioni politiche o economiche regionali più in generale. Questo insieme può creare costi significativi di non collaborazione.

La teoria delle “guerre dell’acqua”

Il discorso dominante sul conflitto sulle risorse idriche transfrontaliere è cambiato nel corso degli anni, così come le valutazioni sul fatto che la natura transfrontaliera di molti dei corsi d’acqua del mondo si realizzerebbe con un rischio di aumento del conflitto o di un potenziale promettente di cooperazione.
Alla fine degli anni ’80 e nei primi anni ’90, l’acqua era sempre più percepita da studiosi e politici come una risorsa che deteneva un potenziale di conflitto intrinseco.
È nata la teoria delle “guerre dell’acqua”, il che implica che la scarsità d’acqua può e necessariamente porterà direttamente a conflitti violenti o addirittura alla guerra tra le nazioni.
Ciò si basava su un più ampio dibattito sulla sicurezza ambientale, emerso nel contesto delle mutevoli priorità di sicurezza dopo la fine della Guerra Fredda.
Alla fine degli anni ’90, 2000 e inizio del 2010, il discorso si è spostato da un focus sul conflitto a un focus sulla cooperazione, influenzato anche da un più generale ottimismo nelle relazioni internazionali che ha sottolineato i benefici del sistema multilaterale post-Guerra Fredda e la capacità delle istituzioni internazionali di risolvere pacificamente i conflitti.
Il più ampio discorso sulla sicurezza ambientale è diventato sempre più criticato.
L’assunto che le persone, per lo più nel Sud del mondo, ricorreranno alla violenza in tempi di scarsità di risorse è stato sempre più visto come coloniale e semplicistico.

Focus sulla cooperazione

Il dibattito è andato oltre la precedente dicotomia di conflitto o cooperazione, riconoscendo che possono e di fatto spesso coesistono e che esiste un grande potenziale di cooperazione che deve essere prodotto a beneficio di persone e paesi rivieraschi.
Gli studiosi hanno anche preso sempre più in considerazione i molti possibili fattori intermedi che possono collegare le risorse idriche condivise a sviluppi conflittuali o cooperativi, con particolare attenzione ai trattati e agli RBO come istituzioni internazionali che garantiscono la cooperazione pacifica.
Negli ultimi anni, le ipotesi sull’aumento dei rischi di conflitto sulle risorse idriche transfrontaliere sono riemerse, in gran parte nel contesto del dibattito sulla sicurezza climatica, ma anche considerando un crescente scetticismo nei confronti delle istituzioni internazionali e un aumento delle tendenze unilaterali più in generale nel sistema internazionale.

La sicurezza e i cambiamenti climatici

Mentre la preoccupazione globale si è spostata verso le potenziali implicazioni per la sicurezza dei cambiamenti climatici, gli studiosi non solo hanno valutato il suo potenziale di conflitto all’interno dei paesi, ma, anche se in misura significativamente minore, le possibili implicazioni di rischio del cambiamento climatico per i fiumi transfrontalieri e i loro meccanismi di governance esistenti.
Mentre i risultati variano ancora, sembra che ci sia qualche indicazione che l’aumento della variabilità dell’acqua a causa dei cambiamenti climatici può effettivamente influenzare negativamente la cooperazione e potenzialmente portare a conflitti.
Tuttavia, fattori intermedi, come le relazioni complessive tra stati rivieraschi o il ruolo degli RBO nella mitigazione di tali rischi di conflitto sembrano avere ancora importanza, definendo il principale rischio di conflitto tra i paesi rivieraschi come l’assenza di cooperazione su una vasta gamma di sviluppi idroclimatici e socioeconomici.

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