L’Italia e l’Intelligenza Artificiale. Tra limiti strutturali e sfide culturali da affrontare

| 12/12/2025
Manager italiano che utilizza un tablet accanto a un robot umanoide in un ufficio moderno, simbolo della collaborazione tra persone e intelligenza artificiale nel mondo del lavoro

L’intelligenza artificiale si sta diffondendo a una velocità superiore a quella di qualsiasi altra innovazione recente, superando persino internet e lo smartphone. Uno studio del Microsoft AI Economy Institute ha però messo in luce una realtà preoccupante: l’adozione dell’AI sta creando un divario crescente tra i paesi e l’Italia rischia di restare indietro.

Le cause di questo ritardo possono essere suddivise in due categorie: una è legata a limiti strutturali difficilmente modificabili, l’altra a problemi culturali e formativi che devono essere urgentemente affrontati.

I limiti strutturali: una realtà da accettare

Esistono vincoli oggettivi che l’Italia, come paese di medie dimensioni, non può realisticamente superare. Questi limiti non devono essere visti come un fallimento, ma come una realtà che impone una strategia chiara: concentrarsi sull’utilizzo dell’AI piuttosto che sulla sua creazione.

Infrastrutture e conoscenza di frontiera

Nell’innovazione tecnologica il successo richiede due componenti fondamentali: la ricerca e la realizzazione applicativa con le relative infrastrutture.

Nel campo dell’AI, entrambi questi elementi sono oggi concentrati in poche superpotenze globali. I data center necessari per addestrare i grandi modelli linguistici (LLM) e l’innovazione di frontiera sono quasi interamente nelle mani di Stati Uniti e Cina. L’Italia è, per dimensione economica e demografica, un importatore netto di tecnologie AI per quanto riguarda sia i modelli sia le infrastrutture critiche.

Disponibilità di dati online

C’è un ulteriore vincolo specifico dell’AI: la disponibilità di dati online. L’addestramento dei modelli richiede enormi quantità di contenuti digitali, e non tutte le lingue possono contare su questa risorsa in egual misura. L’italiano, pur non essendo fuori dai giochi come le lingue meno diffuse, necessita comunque di investimenti mirati per garantire che i modelli operino con la stessa efficacia dell’inglese.

Questo divario linguistico è direttamente correlato alla massa critica: un paese con 60 milioni di abitanti produce inevitabilmente meno contenuti online di nazioni con centinaia di milioni di persone o di mercati linguistici più ampi.

La scelta strategica: usare, non creare

Questi limiti strutturali non sono superabili e richiedono una presa di coscienza: l’Italia non può competere nella corsa allo sviluppo di modelli AI proprietari o nella costruzione di infrastrutture paragonabili a quelle delle superpotenze tecnologiche.

La strategia vincente è quindi chiara: puntare sull’adozione e l’utilizzo efficace dell’AI esistente, trasformandola in un moltiplicatore di produttività per l’intero sistema produttivo nazionale. Non si tratta di rassegnazione, ma di pragmatismo strategico.

I limiti culturali: un ritardo da colmare urgentemente

Se i limiti strutturali sono oggettivi, esiste un secondo fronte dove l’Italia è in ritardo per ragioni storiche e culturali che possono e devono essere cambiate: la scarsa alfabetizzazione digitale e l’inadeguatezza del sistema formativo.

L’AI non è un gadget per creare immagini divertenti sui social network. È uno strumento che consente un’esplosione della produttività in qualsiasi ambito aziendale. Ma per sfruttarne il potenziale, serve una forza lavoro competente e un management consapevole.

Qui emerge il vero tallone d’Achille italiano: il tasso di adozione dell’AI nella popolazione in età lavorativa è drammaticamente basso rispetto ad altri paesi avanzati. Le grandi aziende stanno muovendo i primi passi, ma il settore pubblico e le PMI, spina dorsale dell’economia italiana, faticano enormemente a utilizzare l’AI come strumento strategico.

L’Italia mostra, secondo il DESI (Digital Economy and Society Index) e i report Microsoft, un basso livello di competenze digitali di base nella popolazione. Un gap che comporta una arretratezza informatica in generale, non solo nella capacità di usare l’AI.

L’Arretratezza del Management

Il problema è particolarmente grave tra i decisori aziendali e questo comporta due scenari negativi:

  • Manager impreparati – Molti dirigenti, specialmente nelle PMI, non comprendono il valore strategico dell’AI e ne hanno una conoscenza superficiale. La scarsa cultura digitale si traduce nell’incapacità di utilizzare servizi di consulenza adeguati, in mancati investimenti o in un’adozione inefficace, limitata a funzioni marginali anziché ai processi core.
  • Percezione distorta – Chi non ha una conoscenza diretta può ritenere l’AI come un costo superfluo piuttosto che come un investimento essenziale per restare competitivi: una situazione che può mettere a rischio l’esistenza stessa di molte aziende fra qualche anno.

Lo squilibrio formativo: poche STEM, troppe lauree umanistiche

L’Italia ha una delle percentuali più basse di laureati STEM in Europa. Questa carenza crea due problemi interconnessi:

  1. Mancanza di specialisti – Senza laureati in informatica, ingegneria dei dati e discipline scientifiche, le aziende faticano a trovare personale qualificato per implementare soluzioni AI anche semplici, limitandosi a strumenti plug-and-play di base.
  2. Assenza di “frontier builders” interni – Non si possono nemmeno personalizzare e adattare le tecnologie importate senza competenze tecniche solide.

Il problema non è intrinseco alle discipline umanistiche, l’AI ha bisogno anche di competenze in etica, filosofia, analisi critica e comunicazione per essere applicata responsabilmente, ma i percorsi umanistici non integrano un’alfabetizzazione digitale e quantitativa sufficiente. Il risultato è un esercito di laureati che non possono contribuire all’economia dell’AI né come specialisti né come “utilizzatori intelligenti”.

A questo aggiungiamo l’eccesso di offerta formativa in discipline percepite come percorsi “facili”, meno rigorose nelle materie scientifico-tecnologiche, che ha alimentato un disallineamento tra domanda e offerta di lavoro, con una sovrabbondanza di profili non richiesti dal mercato attuale.

Come recuperare il ritardo culturale?

Ritardo culturale, ignoranza digitale, scarsità di STEM, management impreparato, sono problemi che ci siamo creati da soli e che possiamo e dobbiamo risolvere con urgenza, perché senza un piano d’azione deciso sulla formazione e sulla riqualificazione, l’Italia rischia di accumulare un divario tecnologico impossibile da recuperare.

Poiché i limiti strutturali sono una realtà oggettiva si impone una strategia pragmatica, diventare eccellenti nell’uso dell’AI, non nella sua creazione: l’Italia deve fare dell’adozione rapida e consapevole una priorità assoluta, trasformando un potenziale svantaggio in un’opportunità di rilancio della produttività nazionale. E a differenza dei limiti strutturali, il gap culturale e formativo può essere colmato con interventi mirati e decisi che si possono sviluppare su due linee d’azione:

1. Aumentare i Laureati STEM

  • Riforma precoce – Introdurre pensiero computazionale e logica fin dalla scuola primaria, rendendo le STEM meno astratte e più attraenti.
  • Interdisciplinarità (STEAM) – Integrare scienza e discipline umanistiche, dimostrando come l’AI sia rilevante in ogni settore.
  • Incentivi economici – Borse di studio generose per corsi STEM critici (AI, Data Science, Cybersecurity) e valorizzazione culturale delle professioni tecniche.
  • Collaborazione università-impresa – Tirocini obbligatori e curricula allineati alle esigenze del mercato del lavoro.

2. Riqualificare il Management

  • Formazione strategica, non tecnica – I manager non devono imparare a programmare, ma a capire dove e come l’AI può moltiplicare la produttività aziendale. Servono programmi su AI governance, mappatura dei processi e misurazione del ROI.
  • Accademie di settore – Creare AI Hub con Confindustria e Camere di Commercio per percorsi brevi e certificati specifici per settore (manifattura, turismo, servizi).
  • Incentivi mirati alle PMI – Crediti d’imposta e voucher per consulenza, formazione e progetti pilota di AI.

La PA come driver – Riqualificare i dirigenti pubblici e inserire l’AI come requisito premiante nelle gare d’appalto per stimo

Barberio & Partners s.r.l.

Via Donatello 67/D - 00196 Roma
P.IVA 16376771008

Policy
Privacy Policy
Cookie Policy
Termini e Condizioni
iscriviti alla nostra newsletter
Questo sito è protetto da reCAPTCHA e la Informativa sulla Privacy di Google, nonché i Termini di Servizio sono applicabili.