Saab scommette sul GlobalEye: la nuova diplomazia dei cieli tra Golfo, NATO e Canada

| 22/11/2025
Saab scommette sul GlobalEye: la nuova diplomazia dei cieli tra Golfo, NATO e Canada

Il gruppo svedese accelera la campagna globale per vendere il suo velivolo di sorveglianza GlobalEye, corteggiando Qatar, Arabia Saudita, Canada e i Paesi NATO alla ricerca di alternative al Wedgetail.

Dopo le commesse con Emirati e Francia, Saab tenta un salto di scala: diventare un nuovo polo nella sorveglianza aerea globale, un settore finora dominato da Boeing. In gioco c’è la futura architettura dell’early warning occidentale.

Un mercato in trasformazione: Saab esce dalla zona d’ombra

Negli ultimi anni Saab è stata percepita come un attore solido, affidabile, ma confinato in un perimetro europeo ristretto. Quel ruolo sta cambiando rapidamente.
Dietro un profilo quasi austero, lontano dalla retorica aggressiva dell’industria della difesa americana, sta emergendo un’azienda che calibra con precisione chirurgica ogni passo: nuove offerte commerciali, diplomazia industriale, e una sorprendente capacità di entrare là dove molti ritenevano impossibile.
La campagna globale del GlobalEye, il velivolo di sorveglianza avanzata basato sul bombardiere Bombardier, è il sintomo più evidente di questa trasformazione.
Il CEO Micael Johansson ha confermato che l’azienda ha già presentato offerte formali a Qatar e Arabia Saudita, un movimento che apre un fronte mediorientale di dimensione completamente nuova.

Il Golfo cerca occhi nei cieli: una domanda strategica, non commerciale

Il crescente interesse di Doha e Riyad non è un capriccio di mercato.

È il risultato di un ecosistema di minacce che evolve più velocemente della diplomazia regionale. La regione del Golfo vive oggi un paradosso: investe miliardi nella modernizzazione delle forze armate, mentre droni low-cost e guerre elettroniche a bassa intensità creano vulnerabilità imprevedibili.
In questo contesto, una piattaforma come GlobalEye, con capacità di sorveglianza estesa, gestione multi-dominio e costi operativi più contenuti rispetto ai grandi aerei AEW&C americani, diventa quasi un fattore di stabilizzazione.
Gli Emirati Arabi, primi nel Golfo a scommettere sul velivolo, hanno di fatto aperto la strada. Qatar e Arabia Saudita osservano con attenzione, perché la deterrenza ormai non si misura solo con la potenza di fuoco, ma con la capacità di vedere prima e meglio dell’avversario.

La Francia come validazione politica e tecnica

La commessa francese, annunciata all’inizio dell’anno, ha segnato uno spartiacque.
Parigi non sceglie mai a cuor leggero quando si tratta di sistemi di sorveglianza: la sua dottrina di difesa, l’autonomia strategica e la tradizione tecnologica rendono ogni adozione un messaggio politico prima ancora che industriale.
L’interesse francese per GlobalEye non solo conferma la maturità della piattaforma, ma offre a Saab una credibilità immediata presso gli alleati europei.
Per molti di loro, la Francia agisce come barometro: se Parigi accetta, almeno vale la pena ascoltare.
L’eco di quella decisione continua ad allargarsi nel contesto NATO, dove l’insoddisfazione verso le alternative statunitensi, dal Wedgetail ai sistemi legacy ormai datati, sta generando una domanda che Saab non può ignorare.

Il caso canadese: quando l’industria incontra la diplomazia

La trattativa con il Canada è probabilmente la più complessa e strategica fra quelle aperte da Saab. Johansson ha chiarito che l’azienda sarebbe pronta a un trasferimento tecnologico significativo, oltre alla creazione di una linea di assemblaggio locale insieme a Bombardier.
È una proposta calibrata per rispondere a più livelli: la necessità canadese di rinnovare le proprie capacità di sorveglianza, l’esigenza politica di non dipendere troppo dagli Stati Uniti e la volontà di rafforzare un’industria aerospaziale nazionale che, negli ultimi anni, ha alternato slanci ambiziosi e momenti di grande fragilità.
L’offerta di Saab non è semplicemente tecnica: è un messaggio di partenariato a lungo termine.
Ottawa non ha ancora deciso, ma il fatto stesso che GlobalEye sia entrato nella shortlist canadese indica che gli equilibri nordamericani stanno diventando meno monolitici.

L’effetto NATO: l’uscita di scena del Wedgetail apre un varco inatteso

Il ritiro olandese e di altri alleati dal programma E-7 Wedgetail rappresenta uno dei momenti più sorprendenti di questo ciclo di procurement.
L’Alleanza Atlantica, abituata per decenni a gravitare attorno a tecnologie americane, si trova improvvisamente priva di una soluzione unificata.
Ed è qui che Saab ha mostrato una rapidità inusuale, proponendo GlobalEye come alternativa credibile, già pronta, con un pedigree crescente e un’ingegneria che combina affidabilità scandinava e piattaforma canadese.
Il tono usato da Johansson nell’affermare che “ovviamente proporremo la nostra capacità” ha la sobrietà tipica svedese, ma nasconde una consapevolezza precisa: in un momento di incertezza, chi si presenta con una soluzione immediatamente disponibile ha una posizione privilegiata.
La NATO, oggi, non cerca solo innovazione. Cerca continuità.

Gripen: la carta che Saab tiene sul tavolo, anche quando finge di non giocarla

Sebbene non sia al centro delle campagne ufficiali, il caccia Gripen continua a rappresentare per Saab un asset diplomatico e politico non trascurabile.
In Canada, dove il dibattito sull’F-35 è stato segnato da tensioni commerciali con Washington, Gripen rimane una presenza discreta, quasi silenziosa, ma sempre potenzialmente rilevante.
Saab ha offerto in passato la costruzione dei jet direttamente sul suolo canadese, una proposta che avrebbe aperto una rara terza linea produttiva dopo Svezia e Brasile.
Anche se la scelta ufficiale sembra orientarsi altrove, la sola esistenza di quell’offerta ha effetti secondari importanti: amplifica la percezione di Saab come fornitori pronti a condividere tecnologia e filiere, un atteggiamento non sempre comune tra i giganti americani.

Sud America: una filiera binazionale che ridisegna le logiche della difesa

Il recente contratto con la Colombia, del valore di 3,6 miliardi di dollari, mette in luce un altro tassello della strategia Saab.
È un modello che rafforza l’idea di una filiera diversificata, non più centrata su un unico Paese o su un’unica alleanza.
Per la Colombia, questo significa accedere a una piattaforma avanzata senza dipendere esclusivamente dai vincoli della cooperazione americana.
Per Saab, significa consolidare un ecosistema industriale transcontinentale che la posiziona come player globale, non più confinato a una dimensione nord-europea.

Saab, da specialista nordico a protagonista del nuovo ordine della sorveglianza

Osservando l’insieme dei movimenti, mediorientali, nordamericani, europei, sudamericani, emerge un’immagine più nitida: Saab non è più un attore secondario.
È una potenza in ascesa, sostenuta da un mix di rigore ingegneristico, diplomazia prudente e una sorprendente capacità di cogliere i momenti di frattura dell’industria della difesa.
GlobalEye è il fulcro di questa trasformazione, la piattaforma con cui Saab sta ridefinendo i rapporti tra Stati, alleanze e fornitori. Ma ciò che colpisce davvero non è l’aereo in sé: è la visione.
Saab sembra aver compreso che il futuro della sorveglianza non appartiene più automaticamente ai colossi americani, e che l’Europa, quando vuole, può ancora costruire alternative credibili, solide, competitive.

La domanda che resta aperta è quanto a lungo durerà questa finestra strategica.
Per ora, Saab la sta sfruttando con un’efficienza silenziosa, quasi nordica.
Ma se la tendenza prosegue, potremmo ritrovarci tra pochi anni con un mercato AEW&C non più bipolare, ma triangolare.
In quel triangolo, tra USA, Europa e una Svezia sorprendentemente assertiva, la posizione di Saab potrebbe diventare molto più centrale di quanto la geopolitica aeronautica avesse mai previsto.

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