Nomine Pubbliche 2026: la sfida dei 96 incarichi che ridisegneranno la governance italiana

RedazioneRedazione
| 19/11/2025
Nomine Pubbliche 2026: la sfida dei 96 incarichi che ridisegneranno la governance italiana

Una mappa aggiornata dei 32 enti nazionali in scadenza e dei 96 ruoli che definiranno i nuovi equilibri istituzionali.

Dalla sanità alla ricerca: il rinnovo degli organismi indipendenti entro giugno 2026 rappresenta uno snodo cruciale per il futuro dell’amministrazione pubblica e delle politiche nazionali.

Un passaggio di potere silenzioso, ma decisivo

Ogni sistema istituzionale vive fasi in cui i cambiamenti non avvengono con grandi annunci, ma attraverso una lenta rigenerazione delle sue strutture. L’Italia si avvicina a una di queste fasi: entro giugno 2026, il Governo dovrà scegliere 96 nuovi componenti—tra consigli, organismi direttivi e commissari—per 32 enti pubblici strategici, parte dei 106 complessivamente vigilati dall’esecutivo.

È un processo spesso percepito come tecnico, quasi burocratico. Ma la realtà è più complessa e carica di conseguenze: le nomine pubbliche sono uno dei punti in cui la politica incontra la macchina dello Stato, dove competenza, visione e capacità di governo si trasformano in decisioni che incidono su settori vitali per il Paese.

A segnalare il quadro è il Centro Studi CoMar, che monitora sistematicamente la galassia delle nomine governative, fornendo una lente preziosa su un ambito spesso poco raccontato, ma decisivo per la tenuta democratica e la qualità della governance pubblica.

Uno scenario eterogeneo: ambiente, mercati, energia, sanità, cultura

I 32 enti in scadenza rappresentano un mosaico articolato e rivelatore delle priorità nazionali. La distribuzione dei settori parla chiaro:

  • 19 enti dedicati all’ambiente, compresi tutti gli Enti Parco nazionali: un segnale del peso crescente delle politiche climatiche e della transizione ecologica
  • 6 enti legati a economia e lavoro, nodi fondamentali della regolazione dei mercati e della competitività
  • 5 enti nel campo della cultura, scienza e sport, a testimonianza di un ecosistema che, pur meno visibile, contribuisce allo sviluppo del capitale umano e dell’identità del Paese
  • 1 ente sanitario, in un momento storico in cui la governance della salute pubblica è cruciale
  • 1 ente nel comparto difesa, a conferma dell’evoluzione del perimetro della sicurezza nazionale.

Questa composizione evidenzia come le prossime nomine non siano meri avvicendamenti, ma tasselli di una strategia più ampia: ridefinire la capacità regolatoria dell’Italia nei settori che guideranno la crescita del prossimo decennio.

I protagonisti del rinnovo: dalle Autorità indipendenti agli enti chiave della transizione

L’elenco degli enti coinvolti nel rinnovo è particolarmente significativo. Include, infatti, strutture con funzioni regolatorie, di vigilanza o di indirizzo strategico, spesso indipendenti dalla politica quotidiana, ma fondamentali per la qualità del funzionamento pubblico.

Tra i principali:

  • AGCM (Autorità garante della concorrenza e del mercato), fulcro del controllo competitivo in un’economia globale
  • ARERA (Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente), pilastro della transizione energetica e dell’efficienza delle infrastrutture
  • CONSOB, arbitro dei mercati finanziari e garante della trasparenza
  • ENAC, nodo centrale della sicurezza e dello sviluppo del trasporto aereo
  • AGEA, leva importante per il settore agricolo e la gestione dei fondi europei
  • Agenas, che svolge un ruolo di equilibrio tra Stato e Regioni nel campo sanitario
  • ANVUR, custode della qualità della ricerca e del sistema universitario italiano
  • ISPRA, presidio scientifico e operativo sulla tutela ambientale

Accanto a questi, la rete dei Parchi Nazionali rappresenta uno snodo sempre più strategico per la sostenibilità, il turismo e la gestione delle risorse naturali.

Gli enti vigilati: una struttura portante poco visibile

Per comprendere la portata del rinnovo bisogna guardare all’intero ecosistema dei 106 enti vigilati dal Governo: istituzioni con personalità giuridica di diritto pubblico e autonomia organizzativa, amministrativa e statutaria.

Sono organismi nati per garantire equilibrio, indipendenza e continuità nelle decisioni che riguardano:

  • il corretto funzionamento dei mercati
  • la tutela dei beni comuni
  • la gestione delle risorse strategiche
  • la qualità dei servizi pubblici
  • la protezione dei diritti collettivi.

La loro efficacia dipende dalla qualità delle persone chiamate a guidarli. Ed è qui che entra in gioco il valore politico e tecnico delle nomine.

Il peso delle scelte: una governance che orienta il futuro

Il rinnovo dei 96 incarichi non è un passaggio formale: è un banco di prova per verificare quanto la macchina pubblica sia in grado di selezionare competenze, visioni e leadership capaci di affrontare le sfide del presente.

Ogni ente, ogni ruolo, ogni nomina disegna una parte del Paese:

  • come funzioneranno i mercati
  • quale sarà la credibilità delle regole
  • come verrà gestita la transizione ecologica
  • quali garanzie avrà il cittadino nella tutela dei propri diritti
  • quale direzione prenderà la ricerca
  • come si posizionerà l’Italia nel nuovo scenario europeo.

La partita è più ampia di quanto appaia: queste nomine contribuiscono a definire la qualità democratica, la trasparenza e la capacità competitiva del Paese.

Una sfida di visione, non solo di governance

Le nomine pubbliche sono spesso percepite come un rito amministrativo, ma in realtà rappresentano uno specchio della visione politica e istituzionale di un Paese.
Le scelte che il Governo effettuerà entro giugno 2026 non determineranno solo chi guiderà i singoli enti, ma delineeranno la forma della governance italiana per il prossimo ciclo storico.

In un mondo dove le crisi ambientali, tecnologiche e geopolitiche si intrecciano, le strutture istituzionali non possono essere meri strumenti tecnici: devono diventare punti di orientamento, luoghi in cui competenza e responsabilità si uniscono per generare fiducia e futuro.

La vera domanda, oggi, non è solo chi sarà nominato.
Ma quale Paese vogliamo costruire attraverso queste nomine.
Perché la qualità della governance non misura soltanto l’efficienza delle istituzioni: misura la nostra capacità collettiva di affrontare il cambiamento.

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