L’infobulimia creata dall’informatica di massa

| 14/11/2025
Persona sfocata in secondo piano sopraffatta dalle notifiche sullo smartphone, con rete digitale luminosa a simboleggiare il sovraccarico informativo dell’infobulimia.

In questi giorni l’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani ha registrato un nuovo neologismo della lingua italiana, l’infobulimia, definita come “la circolazione di una quantità sovrabbondante di informazioni che produce un sovraccarico cognitivo in chi le cerca e vi accede, con effetti di confusione e frustrazione”.

L’informatica è da qualche tempo una tecnologia di massa fatta di Internet, Web, app, smartphone,  smartwatch e social media che producono e diffondono quantità di dati e informazioni mai registrate nella storia dell’umanità. Queste nuove tecnologie di massa riempiono la vita dell’enorme massa umana composta da diversi miliardi di persone che questi strumenti li usano quotidianamente, anzi costantemente e istantaneamente.

Ai diversi dispositivi hardware e software pervasivi si è aggiunta in ultimo l’IA generativa che da tre anni (ChatGPT è stato reso disponibile al pubblico a novembre 2022) dialoga con più di un miliardo di persone nel mondo nelle loro lingue. L’informatica di massa è un’informatica tecnicamente distribuita che ha saputo coprire il pianeta e interconnettere cose, dati e persone in un colossale e intricato grafo di relazioni.

È una informatica di massa che ha scoperto e scoperchiato la natura della massa, non delle masse come corpi organici omogenei che si confrontano in qualità di portatori di interesse, ma ha mostrato come mai accaduto prima, la microfisica della massa umana fatta da miliardi di singoli individui che agiscono, si espongono, pubblicano ogni loro istinto, pensiero o rigurgito, intervengono su ogni argomento, litigano talvolta con una acrimonia e una violenza che nessuno avrebbe pensato si potessero manifestare nella dialettica digitale.

E così, sulla base dell’inatteso coinvolgimento della grande massa umana che popola il pianeta, l’informatica distribuita è diventata l’infrastruttura tecnologica che permette di effettuare la gran parte delle attività quotidiane dei terrestri insieme alla realizzazione della banalità diffusa, della mediocrità planetaria, della stupidità dilagante, figlie anche dell’infobulimia che confonde e deforma le vite di tanti individui.

È una informatica che ci aiuta molto bene a fare velocemente molte cose, ma che ha rivelato sperimentalmente nella pratica quotidiana la natura umana, in passato teorizzata o sperimentata soltanto su piccola scala. La natura nascosta di una grandissima massa di singoli che vogliono esprimersi a tutti i costi, che non devono chiedere permesso a nessuno e si esibiscono nelle innumerevoli forme possibili all’umano che la flessibilità della tecnologia ha permesso, anche quelle alimentate dall’ignoranza e della cattiveria. Si tratta del potere di comunicare, che insieme a molti casi virtuosi, sta rivelando gli innumerevoli casi imbarazzanti, offensivi e violenti che porta con sé.

La massa di cui si tratta non è quella di Marx o di Lenin, piuttosto è quella Elias Canetti e di Freud. Quella rappresentata dalla folla anonima, che vorrebbe ribadire la sua  individualità, ma la smarrisce nel marasma generale, quella che mostra la forza irrazionale della collettività quando non riesce a trovare ideali comuni. Che porta al regredire del singolo dentro una moltitudine informe che manca di grandi ideali e si perde nel conflitto personale a servizio del proprio ego.

La massa umana di Canetti, che vuole sempre crescere, è un fenomeno primordiale che nasce dal desiderio umano di annullare le distanze e di non avere paura di nulla. Una massa che a causa della sua natura destrutturata si offre al potere senza grandi resistenze. È fluida anche nel cambiare obiettivi ed opinioni, consuma ogni elemento informativo, lo digerisce velocemente e passa al successivo rendendo tutto effimero.

La massa che popola la Rete e i suoi tanti tentacoli scambiati per canali di relazioni e di comunicazione, è anche il pubblico della società di massa che vive di merci di massa, che si è stancata di essere semplice consumatrice di spettacoli e vuole essere protagonista di micro-spettacoli che gli auto-conferiscono un ruolo mediatico attivo, oltre a quello passivo. La massa come corpo imponente di miliardi di ‘prosumer’ (altro neologismo che unisce producer e consumer) di contenuti la cui qualità complessiva è scadente o addirittura assente.

Su piattaforme come Facebook, Instagram, TikTok, X, Telegram, WhatsApp, i post, i reel, i gruppi, gli hashtag, tendono a crescere in visibilità come un agglomerato informativo che si auto-alimenta (vedi Canetti). Questa dinamica genera un effetto “massa digitale” in cui l’adesione, la partecipazione e l’ubiquità diventano elementi centrali.

È la massa del nuovo millennio, figlia di quella che nel secolo scorso era destinataria della comunicazione di massa della radio e della TV, della cultura di massa, della produzione standardizzata e che adesso, grazie all’abilitazione informatica vuole essere protagonista della microcomunicazione di massa e diventa vittima dell’infobulimia.

La massa come corpo sociale di influencer che vogliono parlare e farsi sentire indipendentemente dai contenuti, dalle tesi e dalla forma del loro “urlato digitale”. Siamo passati dall’uomo-massa all’influencer-massa. In questo passaggio si può notare la regressione sociale che ci sta offrendo l’inizio del nuovo millennio che sembra aver dimenticato categorie come l’operaio-massa che si opponeva alla produzione di massa di beni che servivano soltanto al largo consumo. L’influencer-massa non si oppone a nulla, sposa tutto il ciarpame digitale per tentare di farlo diventare briciola di notorietà, merce fatta di sequenza di bit da consumare all’istante.

L’informatica della Rete non ha voluto e non ha potuto migliorare la massa. Ha offerto strumenti straordinari, potentissimi che possono essere riempiti di senso. Ma quando gli individui, spinti da un sistema consumistico e mediatico senza limiti, li hanno riempiti di sciocchezze e violenza, la tecnologia non si è opposta, ha seguito l’onda senza porre un freno, senza saper fermare gli abusi di massa diffusi nel suo sistema planetario dell’info-comunicazione.

Per Canetti la massa è una condizione esistenziale, non un errore da correggere. La sua intensità, la sua attrazione, la sua violenza, fanno parte del nostro modo di stare insieme come specie umana. Questo è quello che lo specchio della Rete mostra, amplifica e deforma, inglobando informazione utile e contenuti spazzatura senza aiutare i suoi lettori a distinguere l’una dall’altra.

Nonostante l’enorme distorsione dell’uso etico degli strumenti della Rete, è possibile realizzare utilizzi più consapevoli, più ragionati. Anche strumenti di protezione per i più esposti e i più fragili si diffonderanno. Tuttavia, nonostante l’amor proprio di ognuno di coloro che frequentano assiduamente le stanze digitali della Rete, l’individuo-massa nel digitale rischia sempre più di perdere la propria autonomia per diventare parte di un’entità collettiva, che diventa più violenta, più banale, più manipolabile e meno riflessiva.

La natura della massa digitale è primordiale e non si risolve con gli strumenti tecnologici; si può attenuare, limitare ma non stravolgere, non rivoluzionare. Può essere vista come una reazione contro la solitudine e l’individualismo, ma al contempo è produttrice di un’omologazione pericolosa. Sarebbe errato pensare che la tecnologia da sola con le sue straordinarie possibilità la possa risolvere.

Ognuno dovrebbe fare esercizi di etica socratica e imparare a rinunciare alle proprie voglie di potere, al desiderio di essere come gli altri mentre sgomita per stare un passo davanti agli altri. Ne influencer ne influenzato. Qualcuno sarà in grado di farlo, ma la grande parte della massa digitale difficilmente lo saprà fare. Continuerà a consumare energia umana ed elettrica per incrementare il disordine dei nostri tempi con tentativi di visibilità di massa che aumenteranno l’infobulimia e i suoi effetti perniciosi sulla società.

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