Dalle supercar alle limousine, il mercato dell’auto premium rallenta sulla via dell’elettrificazione. Ferrari, Rolls-Royce, Porsche e Lamborghini ridefiniscono le proprie strategie in cerca di una nuova idea di potenza.
Tra domanda debole, valore residuo incerto e nostalgia del motore termico, i colossi del lusso ricalibrano il futuro. Non è più solo una questione di tecnologia, ma di identità.
Un mercato che ha rallentato. E un entusiasmo che si è raffreddato
Nel 2020, l’industria del lusso automobilistico sembrava sul punto di un’epifania: “elettrico” era la parola magica, la promessa di un futuro pulito, tecnologico, e, perché no, redditizio. Poi, lentamente, l’incanto si è incrinato.
Oggi la realtà è più opaca. Progetti rinviati, modelli cancellati, strategie ricalibrate. Il mercato delle supercar elettriche di lusso si è contratto, schiacciato tra l’entusiasmo politico e il disinteresse della clientela.
Chi spende oltre 300 mila euro per un’auto non cerca la silenziosità di un motore: cerca un’esperienza sensoriale, un legame emotivo, la percezione fisica della potenza. E il silenzio, per molti, è una forma di assenza.
“Non abbiamo mai registrato un andamento così debole per le auto elettriche di lusso” osserva David Giboudeau, analista di Lombard Odier. “Fa eccezione solo Rolls-Royce”.
In cinque anni, l’euforia si è fatta esitazione. Non si tratta solo di un problema tecnico: è psicologico, quasi culturale. L’elettrico è razionale; il lusso, per definizione, non lo è mai del tutto.
Ferrari entra in scena. Ma lo fa a modo suo
Mentre altri rincorrono la forma, Ferrari ha scelto di mostrare la sostanza.
A Maranello non hanno svelato un’auto, ma un’idea: il telaio completo della futura Elettrica, con batterie, sospensioni e assali in bella vista.
Un gesto controcorrente, quasi provocatorio. Come dire: non vi mostriamo la bellezza, vi mostriamo la struttura che la renderà possibile.
Il modello finito arriverà nel 2026, quattro posti, trazione integrale, design ancora segreto, ma già si parla di un cambio di paradigma. Non più “auto elettrica” in senso stretto, bensì Ferrari alimentata da elettroni, con la stessa grammatica di potenza e controllo che da sempre definisce il marchio.
Il segnale è chiaro: Ferrari non si converte. Ferrari interpreta.
Numeri da supercar. E un suono che non vuole morire
Prestazioni: da 0 a 100 km/h in 2,5 secondi, velocità massima di 310 km/h, autonomia superiore a 530 km, ricarica ultrarapida da 350 kW. Dati da primato. Ma la parte più interessante e più ferrarista è invisibile.
Gli ingegneri di Maranello hanno lavorato ossessivamente sulla sensazione di guida: la progressione dell’acceleratore, la distribuzione del peso, l’immediatezza nella risposta. Perfino il suono.
Sì, perché Elettrica non sarà muta.
Ferrari ha sviluppato un sistema acustico capace di amplificare il suono delle vibrazioni meccaniche, paragonandolo, con un tocco poetico, alla differenza tra una chitarra acustica e una chitarra elettrica.
Non imitare il V12, ma evocarlo. Non sostituire il suono, ma trasformarlo in linguaggio. È un atto di fedeltà alla memoria meccanica del marchio, e un esperimento sensoriale di altissima ambizione.
Una strategia di sottrazione: meno modelli, più significato
Il secondo modello elettrico è già rinviato al 2028. Non è esitazione: è metodo.
Il gruppo riconosce che la domanda per le supercar a batteria è ancora marginale e che l’eccesso di fretta brucia valore.
Ferrari, invece, lavora sul lungo periodo: costruisce attesa, rafforza la narrazione, educa il desiderio.
In assenza di un’offerta elettrica, le vendite continuano a crescere. La brand equity resta intatta, forse persino amplificata da questa calma strategica.
Quando Elettrica arriverà, sarà percepita come una conquista, non come una concessione alle mode del momento.
Ferrari non vuole un’auto che venda di più.
Vuole un’auto che definisca il nuovo standard emotivo del lusso elettrico.
Rolls-Royce, Porsche, Lamborghini: tre modi diversi di affrontare la paura
L’industria intorno si muove in direzioni divergenti.
Rolls-Royce, fedele alla sua identità di comfort assoluto, ha trovato nell’elettrico la propria continuità naturale. La Spectre ha superato le aspettative: per i suoi clienti, il silenzio non è una mancanza, ma la massima forma di eleganza.
Porsche, invece, paga l’anticipo. La Taycan è stata pioniera, ma le vendite non hanno retto all’hype. In alcuni mercati, come il Regno Unito, le ipotesi di leasing si sono rivelate troppo ottimistiche.
E c’è il nodo del valore residuo: la Taycan perde fino al 26% del prezzo in un anno. Per chi compra Porsche come investimento, è un colpo duro.
Lamborghini, più prudente, ha scelto una strategia ibrida. Le plug-in Revuelto e Urus SE tengono alto l’appeal, mentre la prima full electric, Lanzador, è rinviata al 2029.
“Il mercato non è pronto” ammette Stephan Winkelmann.
Tradotto: meglio aspettare che la domanda diventi emozione, non solo curiosità.
Maserati, Bugatti, Pagani: la crisi dell’identità
C’è chi ha provato a correre troppo. Maserati, convinta di potersi imporre con Granturismo Folgore e Grecale EV, ha visto le vendite crollare del 50%. Il progetto MC20 elettrica è stato cancellato, l’azienda è tornata all’ibrido. Un dietrofront pragmatico, quasi inevitabile.
Bugatti, sotto la direzione Rimac, ha preferito la fusione tra potenza termica e tecnologia elettrica: Tourbillon, con motore V16 e tre unità elettriche, ha saturato gli ordini fino al 2029. Ma la sorella minore, la Nevera, resta un esercizio da vetrina più che un prodotto di mercato.
E poi ci sono gli irriducibili: Pagani e Koenigsegg, che rifiutano apertamente la logica “silenziosa” dell’elettrico. Horacio Pagani ha abbandonato il progetto Utopia EV, fedele al cambio manuale e al suono metallico. Christian von Koenigsegg, dal canto suo, definisce le EV “robot senz’anima”.
Per entrambi, il lusso è ancora un atto artigianale, imperfetto, rumoroso.
Il punto cieco dell’elettrico: il valore residuo
C’è una verità scomoda nel lusso elettrico: le batterie invecchiano, il mito no.
Chi compra una supercar non pensa solo al piacere di guida, ma anche alla rivalutazione futura.
Se un modello perde il 25% del suo valore in un anno, non è un investimento: è un rischio.
L’elettrico, in questo senso, sconta ancora la percezione di obsolescenza. Ogni aggiornamento software, ogni nuova chimica di batteria, declassa il modello precedente.
Ferrari conosce il problema, e gioca su un terreno diverso: l’esclusività come garanzia di stabilità.
Pochi esemplari, produzioni mirate, e una clientela che non compra mai “per bisogno”.
Se la Elettrica terrà il valore come le sue sorelle termiche, sarà il segnale che il mercato del lusso EV è davvero maturato.
Non imitare il passato. Tradurlo
Molte case hanno provato a “simulare” l’esperienza del motore termico: suoni artificiali, cambi finti, vibrazioni programmate.
Ferrari rifiuta questa nostalgia ingegnerizzata.
Il suo obiettivo è tradurre il linguaggio del motore in una nuova sintassi di accelerazioni, silenzi e feedback. Non copiare il passato, ma trasferirne l’anima.
La differenza è sottile, ma decisiva.
Perché se un’elettrica può trasmettere la stessa adrenalina di una termica, senza imitare nulla, allora il futuro ha trovato la sua grammatica.
La finestra è stretta, ma la visione è lunga
Ferrari entra in un mercato fragile, ma lo fa con la consapevolezza di chi non deve dimostrare nulla.
La sfida non è vendere migliaia di unità. È restituire senso e desiderio a un segmento che rischia di diventare freddo, intercambiabile.
Ogni costruttore di lusso si muove su un equilibrio sottile tra innovazione e identità.
Ma solo pochi, pochissimi, hanno la forza di imporre un ritmo narrativo al cambiamento.
Ferrari, forse, è uno di questi.
Quando il silenzio diventa potenza
Nel mondo del lusso, la vera innovazione non è la velocità. È la coerenza.
Ferrari non si è precipitata nell’elettrico: lo ha studiato, atteso, interiorizzato.
E quando il modello arriverà, sarà più di una macchina: sarà una dichiarazione culturale.
Non si tratta di sostituire il rombo con un sibilo.
Si tratta di capire se la potenza, nel XXI secolo, può ancora emozionare senza fare rumore.
E se la risposta, come pare, sarà sì, allora Ferrari non avrà solo costruito la sua prima elettrica.
Avrà costruito il futuro del desiderio.
Fonte: Lombard Odier