L’Olanda sfida la Cina: la nuova frontiera della guerra dei semiconduttori

RedazioneRedazione
| 13/10/2025
L’Olanda sfida la Cina: la nuova frontiera della guerra dei semiconduttori

Mentre il mondo si divide tra Washington e Pechino, l’Europa comincia a muoversi: l’Olanda compie una scelta senza precedenti e porta nel cuore dell’Unione la battaglia per il controllo delle tecnologie strategiche. È la storia di un piccolo Paese che difende il proprio sapere industriale, ma anche del Vecchio Continente che tenta di riscrivere la propria identità economica.

Con un gesto “altamente eccezionale”, il governo olandese ha assunto il controllo della società di chip Nexperia, di proprietà cinese. Dietro la decisione, la volontà di proteggere il know-how europeo e affermare una nuova idea di sovranità tecnologica. È un segnale all’Europa, ma anche al mondo: la neutralità digitale non esiste più.

Un segnale che scuote l’Europa

L’Aia non aveva mai agito in questo modo. Quando il governo olandese ha deciso di prendere il controllo della società di semiconduttori Nexperia, controllata dal gruppo cinese Wingtech Technology, la notizia è sembrata inizialmente una questione tecnica. Ma dietro la prudenza formale della burocrazia si è rivelato un gesto di portata storica.

L’operazione è stata giustificata attraverso la Goods Availability Act, una legge che consente al governo di intervenire in imprese private per garantire la disponibilità di beni strategici. Eppure, raramente quella norma era stata usata.
Questa volta, l’obiettivo non era una crisi alimentare o energetica: era la sicurezza tecnologica.
Nexperia produce semiconduttori destinati a settori chiave come l’automotive, l’elettronica di consumo e le telecomunicazioni — nodi vitali per la competitività europea.
Proteggere la sua produzione significava, per l’Olanda, preservare la capacità del continente di rimanere indipendente in un mercato sempre più ostaggio delle tensioni geopolitiche.

Nexperia, un nome che pesa più di quanto sembri

Dietro il profilo discreto dell’azienda si nasconde un patrimonio industriale di valore inestimabile.
Con sede a Nimega, Nexperia è nata come spin-off di Philips, una delle colonne portanti della storia tecnologica europea.
Quando, nel 2019, la cinese Wingtech l’ha acquisita, la transazione era apparsa come un esempio di integrazione virtuosa tra economie globalizzate. Oggi, però, quello stesso modello è diventato il terreno di una contesa aperta tra libero mercato e sicurezza nazionale.

Secondo fonti governative olandesi, la decisione di assumere il controllo diretto è arrivata dopo aver rilevato “gravi carenze di governance e segnali acuti di rischio” all’interno dell’azienda.
Dietro le formule diplomatiche si legge il timore che competenze tecnologiche sensibili potessero sfuggire dal perimetro europeo, in un momento in cui la corsa ai chip è diventata una partita di potere tra Stati.

La legge come scudo: nasce la sovranità economica 2.0

La Goods Availability Act, approvata anni fa per gestire emergenze di tipo logistico o sanitario, è oggi un’arma di politica industriale.
Applicarla a un’azienda high-tech segna una svolta concettuale: la tecnologia non è più solo una risorsa economica, ma un’infrastruttura di sicurezza nazionale.

Il Ministero dell’Economia ha spiegato che la misura era “altamente eccezionale”, ma indispensabile per “evitare la perdita di capacità tecnologiche essenziali per l’Olanda e per l’Europa”.
Dietro la scelta, un’idea nuova di sovranità: non quella territoriale, ma quella cognitiva.
Difendere il diritto a produrre — e a comprendere — la tecnologia che sostiene la vita quotidiana di un Paese è diventato un atto politico, e sempre più spesso, una questione di potere.

Shock a Shanghai e nervi tesi tra L’Aia e Pechino

In Cina, la notizia è esplosa come una provocazione.
Le azioni di Wingtech Technology hanno perso il 10% in un solo giorno alla Borsa di Shanghai, toccando il limite massimo di ribasso.
Il suo presidente, Zhang Xuezheng, è stato sospeso da ogni ruolo in Nexperia Holdings, mentre l’azienda veniva posta sotto gestione esterna per almeno dodici mesi.

In un post pubblicato — e poi rimosso — sulla piattaforma WeChat, Wingtech ha accusato il governo olandese di “interferenza eccessiva sotto il pretesto della sicurezza nazionale”, definendo l’azione “un abuso di potere motivato da pregiudizi geopolitici”.
La risposta non è casuale: Pechino vede in queste decisioni un segnale del progressivo allineamento europeo alla strategia di contenimento americana nei confronti della tecnologia cinese.

Il contesto globale: la guerra dei chip entra in Europa

Per capire la portata della mossa olandese, bisogna guardare oltre i confini nazionali.
Da anni, gli Stati Uniti e la Cina si affrontano in una guerra commerciale e tecnologica che ruota attorno a un bene invisibile ma fondamentale: il chip.
Washington ha imposto restrizioni sull’export di componenti e software verso Pechino, mentre la Cina ha risposto con limiti alle esportazioni di terre rare, materiali indispensabili per la produzione di semiconduttori.

L’Europa, rimasta per decenni spettatrice, si trova ora costretta a scegliere da che parte stare — o meglio, a scoprire se può ancora permettersi una terza via autonoma.
La decisione olandese su Nexperia rappresenta il primo atto concreto di questa nuova strategia: non più neutralità, ma autodifesa tecnologica.

Il risveglio della sovranità europea

Il caso Nexperia è il simbolo di un continente che si riscopre vulnerabile.
La pandemia prima e la crisi delle catene di approvvigionamento poi hanno mostrato quanto l’Europa dipenda da produttori extraeuropei per beni strategici: dai microchip ai farmaci, dai pannelli solari alle batterie.
Da qui la spinta verso l’European Chips Act, un piano industriale da 43 miliardi di euro per riportare sul suolo europeo una parte della produzione di semiconduttori.

Ma costruire fabbriche non basta.
Serve una visione comune, una consapevolezza politica che unisca le economie europee sotto la bandiera della sicurezza tecnologica condivisa.
L’Olanda, piccolo Paese ma potenza scientifica e tecnologica, ha deciso di lanciare un messaggio all’Unione: la sovranità si difende anche con atti coraggiosi.

Oltre l’economia: la nuova grammatica del potere

Il gesto olandese racconta molto più di una contesa economica.
È il segnale che stiamo entrando in un’epoca in cui la tecnologia sostituisce le armi come strumento primario di potere globale.
Controllare la produzione di chip significa determinare chi avrà accesso all’intelligenza artificiale, alla sicurezza informatica, alle reti energetiche e militari.
In questo scenario, ogni transistor diventa una pedina sulla scacchiera geopolitica del XXI secolo.

La decisione di L’Aia segna anche un confine etico: fino a che punto un Paese democratico può spingersi nell’intervenire su imprese private in nome della sicurezza collettiva?
La risposta, per ora, è pragmatica: fino a dove serve per non dipendere da altri.

Un nuovo equilibrio (e una nuova vulnerabilità)

L’intervento su Nexperia potrebbe aprire la strada a decisioni simili in altri Paesi europei, inaugurando una stagione in cui la sovranità industriale torna a prevalere sull’apertura dei mercati.
Ma questo nuovo equilibrio porta con sé un rischio: la frammentazione geopolitica delle catene del valore, con conseguenze imprevedibili per l’economia globale.

Ogni governo che rivendica il controllo delle proprie tecnologie crea, inevitabilmente, una nuova forma di isolamento.
Eppure, in un mondo che si arma di silicio e algoritmi, l’autonomia è tornata a essere sinonimo di libertà.

Il secolo del silicio

La presa di controllo di Nexperia da parte dell’Olanda è più di un atto amministrativo: è un manifesto politico, un segnale che la sovranità non si misura più con i confini, ma con i brevetti, le competenze e la capacità di produrre tecnologia.

Nel XXI secolo, il potere non si esercita soltanto con la forza militare, ma con la capacità di controllare ciò che dà forma al mondo digitale.
E se i chip sono la linfa vitale di questa nuova era, allora ogni decisione sul loro destino diventa una scelta sul futuro dell’umanità.

L’Aia lo ha capito per prima: la guerra dei semiconduttori non si combatte nei laboratori, ma nella volontà politica di proteggere il sapere.
Ed è forse da lì, da un piccolo Paese con un grande passato mercantile, che l’Europa ha iniziato a riscrivere il proprio futuro tecnologico.

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