Bruxelles sceglie il protezionismo: l’acciaio diventa il nuovo fronte della geopolitica

RedazioneRedazione
| 01/10/2025
Bruxelles sceglie il protezionismo: l’acciaio diventa il nuovo fronte della geopolitica

L’Unione Europea cambia pelle: da difensore del libero scambio a protagonista di una nuova stagione di barriere e dazi.

La Commissione europea si prepara a dimezzare le quote di importazione e ad allineare i dazi al modello statunitense. Una mossa che mira a difendere la siderurgia europea, ma che apre interrogativi sul futuro del commercio globale e sulla capacità del continente di reggere l’urto della frammentazione geopolitica

Per decenni l’Unione Europea si è presentata come il baluardo del multilateralismo, la voce che nei consessi internazionali difendeva a oltranza le regole del libero scambio contro la tentazione di chiudersi nei confini nazionali. Oggi, quell’immagine si incrina. Bruxelles è pronta ad alzare i dazi sull’acciaio e a ridurre drasticamente le importazioni, adottando misure che la avvicinano più agli Stati Uniti di Donald Trump che alla tradizione europeista del libero mercato.

La scelta segna un punto di svolta non solo per la politica commerciale, ma per l’identità stessa dell’UE come attore globale. Dietro le cifre — quote dimezzate e dazi al 50% — c’è un interrogativo cruciale: l’Europa sta semplicemente reagendo a una congiuntura difficile o stiamo assistendo all’inizio di una nuova era di protezionismo industriale europeo?

La svolta protezionista

Il vicepresidente della Commissione, Stéphane Séjourné, lo ha anticipato in un incontro riservato: nei prossimi giorni Bruxelles presenterà un meccanismo strutturale destinato a ridefinire il mercato dell’acciaio. Non più misure temporanee, ma un impianto di lungo periodo pensato per reggere l’urto delle dinamiche globali.

L’obiettivo è duplice: proteggere i produttori europei dalla concorrenza estera e garantire stabilità occupazionale in un settore che negli ultimi dieci anni ha perso migliaia di posti di lavoro. Una decisione che, in controluce, racconta molto della nuova postura europea: meno idealismo multilaterale, più pragmatismo economico e politico.

La pressione dell’Asia

Il cuore del problema è noto: la sovraccapacità asiatica, in particolare cinese. Da anni Pechino produce molto più acciaio di quanto consumi internamente, inondando i mercati internazionali con prezzi artificialmente bassi grazie a sussidi e politiche industriali mirate.

Per l’Europa, che paga energia più cara e rispetta normative ambientali stringenti, competere è quasi impossibile. Il risultato è stato un lento declino della siderurgia continentale, con stabilimenti costretti a chiudere e intere comunità industriali travolte da ondate di disoccupazione. Le proteste dei lavoratori hanno trasformato l’acciaio in una questione politica, non solo economica.

Il dilemma dei costi

Difendere i produttori significa, però, mettere sotto pressione i consumatori industriali. L’acciaio è il cuore pulsante di settori strategici come automotive, edilizia, infrastrutture e difesa. Ogni aumento dei costi ricade a cascata su filiere già provate dalla transizione energetica, dalla digitalizzazione e dall’aumento dei prezzi delle materie prime.

È il paradosso delle politiche protezionistiche: tutelare un anello della catena rischia di indebolire quelli successivi. E mentre i produttori di acciaio festeggeranno la nuova protezione, i costruttori di auto o di turbine eoliche potrebbero trovarsi a pagare il conto, con un impatto diretto sulla competitività globale dell’industria europea.

Le ricadute geopolitiche

Il passo europeo non avviene in un vuoto politico. Washington utilizza i dazi come arma negoziale, mentre Pechino ha mostrato di non esitare a reagire quando vede minacciati i suoi interessi. Bruxelles rischia di trovarsi al centro di una nuova spirale di tensioni: da un lato, rafforza l’asse transatlantico, dall’altro si espone a possibili ritorsioni da parte di Paesi asiatici.

La narrativa di un’Europa “equilibratrice” tra blocchi si fa sempre più fragile. Allinearsi agli Stati Uniti sulle tariffe può sembrare conveniente nel breve termine, ma espone l’UE al rischio di essere percepita come semplice follower, non come attore autonomo capace di dettare regole globali. Una strategia strutturale o un palliativo?

Le misure annunciate hanno un’ambizione dichiarata: rendere la politica commerciale dell’UE più resiliente e proiettata nel lungo periodo. Ma resta un dubbio sostanziale: senza investimenti paralleli in innovazione, decarbonizzazione e digitalizzazione, il protezionismo non rischia di diventare solo una stampella temporanea?

La siderurgia europea ha bisogno di molto più che dazi per sopravvivere. Servono strategie di rilancio, fondi per la transizione green, ricerca su acciai a basso impatto ambientale e politiche industriali capaci di creare valore aggiunto. In assenza di questi elementi, chiudere le porte all’importazione non farà che rimandare l’inevitabile resa dei conti con la competitività globale.

Il futuro che si scrive oggi

La decisione sull’acciaio non è solo un capitolo di politica commerciale: è un test sulla capacità dell’Europa di ridefinire la propria identità economica in un mondo sempre più frammentato. Se l’UE sceglierà di usare il protezionismo come strumento transitorio per guadagnare tempo e investire in innovazione, potrà rafforzare la sua autonomia strategica e restare protagonista. Se, invece, si limiterà a erigere muri, rischia di trasformarsi in un attore difensivo, chiuso e incapace di competere.

In un’epoca in cui l’economia globale è attraversata da shock climatici, guerre commerciali e nuove tecnologie, il destino dell’Europa non si decide nelle aule dei tribunali internazionali né nei convegni accademici. Si decide nelle acciaierie, nei cantieri e nelle fabbriche, dove il costo dell’acciaio diventa sinonimo di futuro industriale.

Oggi l’UE si trova davanti a un bivio: essere protagonista di una nuova stagione di autonomia economica o spettatrice di un mondo che corre troppo veloce. E la scelta fatta sull’acciaio è molto più di una misura tecnica: è il segnale di quale Europa vogliamo costruire.

Barberio & Partners s.r.l.

Via Donatello 67/D - 00196 Roma
P.IVA 16376771008

Policy
Privacy Policy
Cookie Policy
Termini e Condizioni
iscriviti alla nostra newsletter
Questo sito è protetto da reCAPTCHA e la Informativa sulla Privacy di Google, nonché i Termini di Servizio sono applicabili.