YouTube compra la pace con Trump: 24,5 milioni per dimenticare il 6 gennaio

RedazioneRedazione
| 30/09/2025
YouTube compra la pace con Trump: 24,5 milioni per dimenticare il 6 gennaio

Il colosso di Google chiude con un assegno multimilionario la disputa legale nata dopo il 6 gennaio 2021. Ma il risarcimento non cancella le ombre sul rapporto tra Big Tech, politica e libertà di espressione.

Dalla punizione alla resa. Cinque anni dopo l’assalto al Campidoglio, YouTube sceglie di archiviare la causa con Donald Trump non con un verdetto, ma con un assegno da 24,5 milioni di dollari. Una cifra simbolica e politica, più che economica. Per l’attuale presidente è il riscatto da un’onta che aveva segnato la sua parabola. Per la Silicon Valley è il prezzo di una tregua che non risolve le contraddizioni di fondo: chi stabilisce i limiti del discorso pubblico nell’era digitale?

La battaglia legale trasformata in arma politica

Donald Trump non si è mai limitato a difendersi. Dal 2021, anno in cui YouTube, Facebook e Twitter decisero di sospendere i suoi account (YouTube sospese la possibilita’ di caricare nuovi video fino al 2023) in seguito all’assalto al Congresso, Donald Trump ha trasformato la vicenda in un vessillo politico. Quella che per le piattaforme era una misura straordinaria per ridurre i rischi di violenza, per lui divenne la prova di un complotto orchestrato dall’élite tecnologica contro la sua voce e quella dei suoi sostenitori.

Intentando cause contro tutti i principali social, Trump ha costruito un racconto che unisce giustizia e rivalsa: le Big Tech non avrebbero solo abusato del loro potere, ma avrebbero cercato di manipolare il destino politico del Paese. Con la rielezione del 2024, questo conflitto è diventato ancora più centrale: oggi il Presidente può esibire i risarcimenti come vittorie su nemici potenti e “ostili”.

Silicon Valley sotto accusa

Per YouTube e gli altri colossi, gli accordi non sono soltanto transazioni legali: sono scelte strategiche per contenere un danno reputazionale che rischiava di allungarsi per anni. Meta ha già pagato 25 milioni, X (ex Twitter) si è fermata a 10 milioni. La cifra di 24,5 milioni stabilita con YouTube non sposterà i bilanci, ma lascia una traccia politica profonda.

La sospensione di un Presidente in carica ha segnato una svolta storica. Da allora, i social non sono più percepiti come spazi neutri, ma come attori politici con potere decisionale. Hanno la capacità di amplificare voci, di ridurle al silenzio e di incidere sul corso democratico. Una responsabilità che nessuna legge, né negli Stati Uniti né in Europa, ha ancora regolato in modo compiuto.

Ombre e sospetti dal Congresso

Non sorprende che il Congresso segua da vicino questi accordi. Lo scorso agosto, un gruppo di senatori democratici guidati da Elizabeth Warren ha espresso preoccupazioni dirette ai vertici di Google e YouTube. Il rischio evocato era chiaro: un patto economico con Trump avrebbe potuto configurarsi come una forma di scambio di favori capace di aggirare le leggi federali.

Il sospetto, persino più grave, è che transazioni di questo tipo possano violare le norme anticorruzione, trasformando la giustizia in diplomazia d’affari. È un’accusa che difficilmente troverà basi giuridiche, ma il solo fatto che venga avanzata riflette l’erosione di fiducia tra istituzioni e Big Tech.

Trump e l’arte della rivincita

Per Trump, la storia ha assunto i tratti di una parabola personale di caduta e riscatto. L’uomo che nel gennaio 2021 veniva bandito dalle piattaforme come simbolo di pericolo democratico oggi le costringe a versargli milioni di dollari. Non serve aggiungere altro: la narrativa si scrive da sola.

Nella sua strategia politica, il conflitto non è un incidente di percorso, ma un metodo. Con la stampa, con i tribunali, con le piattaforme digitali. Ogni volta che viene colpito, Trump trasforma il colpo in benzina per la propria campagna, ribaltando la dinamica vittima-carnefice. Ed è in questa capacità che si intravede il vero guadagno: non i 24,5 milioni, ma la possibilità di presentarsi come leader imbattibile, capace di piegare persino i giganti della Silicon Valley.

Un precedente pericoloso

Gli accordi multimilionari chiudono i fascicoli giudiziari, ma aprono una nuova domanda: possono le Big Tech comprare la pace con assegni milionari? La scelta di sospendere Trump nel 2021 fu giustificata come un atto di responsabilità civica. Oggi, liquidare quella stessa decisione con un risarcimento alimenta il sospetto che il principio sia stato sacrificato sull’altare del pragmatismo.

La conseguenza è un precedente ambiguo: altri leader politici potrebbero intravedere nella minaccia legale una scorciatoia per mettere le piattaforme sulla difensiva. E ogni compromesso finanziario rischia di erodere ulteriormente la credibilità dei social come arbitri neutrali.

Il bivio tra libertà e sicurezza

In gioco non c’è solo la memoria del 6 gennaio, ma il futuro della convivenza digitale. I social network hanno assunto il ruolo di piazza pubblica globale: decidere chi ha diritto di parola significa esercitare un potere che va oltre l’algoritmo e tocca il cuore della democrazia.

Il dilemma rimane aperto: fino a che punto le piattaforme possono limitare l’espressione in nome della sicurezza? E chi deve controllare queste decisioni? Il Congresso americano e l’Unione Europea hanno mosso i primi passi con nuove regolamentazioni, ma la politica continua a inseguire l’innovazione, incapace di imporre regole chiare a un ecosistema che plasma, ogni giorno, il dibattito pubblico mondiale.

Una chiusura che guarda avanti

L’assegno da 24,5 milioni non chiude la ferita del 6 gennaio. Resta l’immagine di un Presidente sospeso e di una democrazia che, in quella giornata, ha tremato davanti alla forza delle parole digitali. Resta il sospetto che i colossi tecnologici preferiscano pagare per dimenticare piuttosto che assumersi pienamente la responsabilità delle loro scelte.

Il vero punto, però, è un altro: chi governerà il nuovo spazio pubblico digitale? Se saranno le piattaforme, il rischio è che la democrazia diventi ostaggio di logiche private. Se sarà la politica, dovrà trovare il coraggio di fissare regole senza soffocare la libertà. In mezzo, c’è il futuro della società globale, sospeso tra il desiderio di sicurezza e la necessità di pluralismo.

Trump ha incassato i suoi milioni. Le Big Tech hanno archiviato una causa. Ma la partita vera — quella su libertà, responsabilità e potere — è appena cominciata.

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