Bambini nel mirino: l’attacco hacker che scuote Londra

| 28/09/2025
Bambini nel mirino: l’attacco hacker che scuote Londra

Un gruppo criminale trafuga i dati di oltre 8.000 minori iscritti agli asili Kido International. Foto, indirizzi e contatti familiari finiscono nel dark web. È la nuova frontiera del cybercrime: colpire i più vulnerabili, incrinando la fiducia nelle istituzioni educative e mettendo a nudo le fragilità digitali del Regno Unito.

Londra e’ sotto shock dopo la notizia che un gruppo di hacker, noto come Radiant, ha sottratto e diffuso dati sensibili di oltre 8.000 bambini frequentanti i 18 asili Kido International nella capitale. Non si tratta di un classico attacco ransomware, già temuto da banche o grandi multinazionali. Qui in gioco ci sono vite fragili, famiglie, bambini: nomi, fotografie, indirizzi di casa e numeri di telefono, pubblicati come trofeo sul dark web.

La mossa degli hacker non è soltanto un ricatto economico. È un colpo alla fiducia collettiva, un’intrusione in uno degli spazi più intimi e protetti della società: quello dell’infanzia. E questo rende il caso Kido non solo un incidente informatico, ma un precedente inquietante.

Radiant, la gang che ha oltrepassato la linea rossa

Gli hacker hanno annunciato che diffonderanno altre informazioni: trenta profili completi di bambini e cento dei dipendenti degli asili. L’obiettivo è chiaro: generare panico, esasperare la pressione, costringere la vittima a pagare.

Intervistati su canali di messaggistica criptata, i membri del gruppo hanno dichiarato di trovarsi in Russia e di essere rimasti nelle reti Kido per settimane. Non hanno rivelato l’ammontare del riscatto, segno che la strategia non è ancora arrivata alla fase finale della negoziazione.

Il ransomware rimane l’arma preferita di queste bande: entrare, bloccare, ricattare. Ma Radiant ha oltrepassato una linea rossa che finora pochi avevano osato: colpire chi si occupa di bambini. “È un atto particolarmente spregevole”, ha commentato Jonathon Ellison, del National Cyber Security Centre. Una definizione che fotografa bene lo shock etico che accompagna questa vicenda.

L’onda lunga di un anno nero per il Regno Unito

Il caso Kido non arriva in un vuoto, ma in un contesto già segnato da una raffica di cyberattacchi. L’attacco a Collins Aerospace — controllata del colosso RTX — ha paralizzato i sistemi di check-in all’aeroporto di Heathrow, con conseguenze a catena su scali europei. Il gruppo Scattered Spider ha messo in ginocchio Marks & Spencer, causando settimane di stop alle vendite online e una stima di 300 milioni di sterline in perdite operative per i prossimi esercizi.

Anche l’automotive è finito nel mirino: Jaguar Land Rover e i suoi fornitori hanno subito interruzioni gravi, tanto che il governo ha valutato un piano straordinario di sostegno finanziario. In questo scenario, l’attacco a Kido appare come l’ennesimo segnale che il Regno Unito si trova di fronte a una crisi strutturale di cybersicurezza, che non risparmia nessun settore, dai colossi industriali alle scuole per l’infanzia.

La fragilità delle istituzioni educative

L’aspetto più drammatico del caso Kido è la vulnerabilità dell’ecosistema educativo. Genitori e famiglie affidano ai servizi scolastici non solo i figli, ma anche una mole crescente di dati: moduli sanitari, contatti di emergenza, indirizzi. Queste informazioni, custodite da strutture che spesso non dispongono di sistemi di difesa digitali avanzati, diventano un bersaglio perfetto.

Il silenzio di Kido International, che non ha commentato pubblicamente l’accaduto, pesa come un macigno. Mentre la Metropolitan Police indaga senza arresti all’orizzonte, famiglie e dipendenti restano in balia dell’incertezza, domandandosi quanto a lungo i dati resteranno esposti e chi potrebbe usarli. È il tradimento di una fiducia: non solo nella sicurezza dei sistemi, ma nell’idea stessa che istituzioni educative siano luoghi sicuri.

La nuova frontiera del cybercrime

Il caso Kido segna un punto di non ritorno. Dimostra che i criminali non si pongono limiti etici: laddove esiste un valore economico o simbolico, non c’è bersaglio troppo sacro. Non più soltanto banche, aeroporti o multinazionali: ora anche gli asili possono diventare terreno di ricatto.

La lezione è duplice. Da un lato, la cybersicurezza non può più essere pensata come un tema tecnico riservato agli specialisti: è una questione politica, sociale e perfino morale. Dall’altro, il prezzo dell’inazione rischia di essere altissimo. Un attacco che coinvolge i bambini non è solo una minaccia economica: è un trauma collettivo che scava nelle paure profonde delle famiglie e mina la coesione sociale.

Quando l’infanzia diventa un campo di battaglia

L’attacco a Kido International non sarà ricordato solo come un episodio di criminalità digitale. È il simbolo di un cambio di fase: la guerra invisibile dei dati entra nella sfera dell’infanzia, l’ambito più delicato e protetto della società.

Il futuro che si intravede è inquietante: un mondo in cui la sicurezza dei dati personali dei bambini diventa un fronte di battaglia e in cui la fiducia nelle istituzioni può essere minata da un gruppo di hacker nascosti dietro schermi a migliaia di chilometri di distanza.

Se il XXI secolo ha già consacrato i dati come la nuova moneta, il caso Kido ci ricorda che i dati dei più piccoli sono il suo bene più fragile — e più esposto. Proteggerli non sarà solo una sfida tecnologica, ma una scelta politica e morale che definirà la società digitale del futuro.

Barberio & Partners s.r.l.

Via Donatello 67/D - 00196 Roma
P.IVA 16376771008

Policy
Privacy Policy
Cookie Policy
Termini e Condizioni
iscriviti alla nostra newsletter
Questo sito è protetto da reCAPTCHA e la Informativa sulla Privacy di Google, nonché i Termini di Servizio sono applicabili.