Medtech europee nel mirino: Washington apre l’inchiesta e i titoli crollano

RedazioneRedazione
| 25/09/2025
Medtech europee nel mirino: Washington apre l’inchiesta e i titoli crollano

L’amministrazione Trump avvia un’indagine di sicurezza nazionale sulle importazioni di dispositivi medici, robotica e macchinari industriali. Le borse europee reagiscono con ribassi pesanti nel settore, mentre cresce lo spettro di nuovi dazi transatlantici.

Un annuncio da Washington è bastato per scuotere l’Europa finanziaria. Nel giro di poche ore, i titoli delle principali aziende medtech del continente — da Siemens Healthineers a Philips, fino a Convatec — hanno registrato forti perdite dopo che la Casa Bianca ha deciso di aprire un’inchiesta di sicurezza nazionale sulle importazioni di dispositivi medici, robotica e macchinari industriali. Una mossa che non solo riaccende i timori di una guerra commerciale con l’Europa, ma trasforma la sanità e la tecnologia medica in un nuovo terreno di scontro geopolitico.

Una nuova indagine che scuote l’Europa finanziaria

Le borse europee hanno aperto in rosso con il pan-europeo Stoxx 600 in calo dello 0,2% nelle prime ore di contrattazione. La flessione, apparentemente modesta, ha un peso ben più ampio: segnala la fragilità dei mercati europei di fronte a ogni scossone proveniente da Washington.

La national security probe avviata dall’amministrazione Trump punta a stabilire se le importazioni di dispositivi medici e tecnologie affini possano rappresentare un rischio per la sicurezza nazionale americana. Se la risposta fosse positiva, il passo successivo sarebbe l’imposizione di nuovi dazi o restrizioni commerciali, uno strumento che la Casa Bianca ha già utilizzato in passato per colpire settori strategici come acciaio, alluminio e semiconduttori.

Il contraccolpo immediato: titoli medtech in caduta

La reazione dei mercati è stata immediata e violenta. Siemens Healthineers ha perso il 3,6%, Philips il 2,6% e Convatec, con un -5,4%, ha guidato i ribassi dell’intero Stoxx 600.

Il motivo è semplice: le aziende medtech europee hanno una forte esposizione al mercato statunitense e sono integrate in catene di fornitura globali. Un innalzamento delle barriere commerciali rischierebbe di erodere i margini, ridurre la competitività e rallentare l’innovazione in un settore dove la ricerca e sviluppo richiede investimenti enormi e continui.

Non si tratta, quindi, solo di un ribasso di giornata, ma del segnale di un rischio sistemico per l’intero comparto biomedicale europeo.

Perché i dispositivi medici sono diventati “strategici”

A prima vista, i dispositivi medici potrebbero sembrare estranei alla geopolitica. Ma la pandemia ha dimostrato come i beni sanitari — ventilatori, diagnostica avanzata, sistemi di monitoraggio — siano in realtà infrastrutture critiche per la sicurezza nazionale.

Inoltre, l’evoluzione tecnologica ha spinto la frontiera ancora più in là. Oggi, robotica, intelligenza artificiale e data analytics sono parte integrante dei dispositivi medici. Questo rende la linea di confine tra salute civile e applicazioni dual use sempre più sottile.

Per Washington, controllare le importazioni significa ridurre la dipendenza da fornitori esteri in un settore che, al pari dei microchip o delle batterie, può determinare vulnerabilità strategiche. Per l’Europa, invece, la mossa rappresenta un attacco diretto a uno dei pochi comparti industriali in cui il continente vanta una leadership globale.

L’eccezione che conferma la regola: il retail vola con H&M

Se la sanità soffre, il retail mostra, invece, segnali di resilienza. L’indice Stoxx Europe 600 Retail è salito dell’1,2%, trainato da H&M, che ha registrato un balzo del 10,5% dopo aver presentato risultati trimestrali superiori alle attese.

La reazione positiva del mercato mette in luce un contrasto sempre più netto: mentre i settori industriali e tecnologici sono ostaggio delle tensioni geopolitiche, il consumo discrezionale riesce ancora a sorprendere, almeno quando le aziende sanno dimostrare capacità di adattamento e strategie vincenti.

Altri movimenti: delisting e segnali macro

La giornata di contrattazioni è stata segnata anche da altre notizie rilevanti:

  • Petershill Partners, società di investimento britannica, ha guadagnato oltre il 33% dopo aver annunciato il delisting dal London Stock Exchange, una scelta che alimenta il dibattito sul futuro della City.
  • In Germania, i dati sulla fiducia dei consumatori raccolti da GfK e NIM hanno mostrato un primo segnale di stabilizzazione, grazie a migliori aspettative di reddito. Ma gli analisti invitano alla cautela: il clima resta debole e minato da incertezze geopolitiche e timori per l’occupazione.
  • A Zurigo, i riflettori sono puntati sulla Banca Nazionale Svizzera, che si riunisce dopo lo shock estivo del dazio USA al 39% sulle esportazioni elvetiche.
  • Negli Stati Uniti, l’attenzione è rivolta ai nuovi dati sul lavoro: la Federal Reserve ha già segnalato che il raffreddamento dell’occupazione ha superato le preoccupazioni sull’inflazione, aprendo la strada al primo taglio dei tassi dell’anno.

Oltre il mercato: una partita geopolitica

L’indagine americana non riguarda soltanto il commercio, ma un cambio di paradigma: la convinzione che settori considerati “civili” siano ormai parte integrante della competizione geopolitica globale. La salute diventa, quindi, una nuova frontiera della sicurezza nazionale, al pari delle infrastrutture energetiche o dei semiconduttori.

Per l’Europa, la sfida è enorme. Dopo essere stata colpita sul fronte energetico e automotive, ora si trova ad affrontare un nuovo capitolo della guerra commerciale con gli Stati Uniti. E ancora una volta rischia di trovarsi nella posizione di reagire a posteriori, anziché guidare le regole del gioco.

La salute come terreno di scontro

Il tonfo delle medtech europee è molto più di una reazione istintiva dei mercati. È il sintomo di una trasformazione in atto: la salute e la tecnologia sanitaria non sono più solo un settore economico, ma un campo di battaglia geopolitico.

Per gli investitori, questo significa che non esistono comparti “neutrali”: qualsiasi settore può essere risucchiato nel vortice delle tensioni globali. Per le aziende, la sfida sarà rafforzare la resilienza delle filiere e diversificare i mercati, ma anche saper giocare la partita politica, costruendo alleanze e difendendo la competitività europea.

La domanda che resta aperta è semplice e cruciale: l’Europa riuscirà a trasformare questa crisi in un’occasione per una strategia industriale comune, o continuerà a reagire in ordine sparso alle mosse altrui? Nel frattempo, i mercati hanno già risposto: basta una parola da Washington per mettere in discussione il futuro di un intero settore.

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