Dai riflettori ai dubbi: l’accordo Generali–Natixis vacilla sul più bello

| 21/09/2025
Dai riflettori ai dubbi: l’accordo Generali–Natixis vacilla sul più bello

Otto mesi dopo l’annuncio, l’alleanza che avrebbe creato il secondo asset manager europeo sembra essersi impantanata. Contratti mai arrivati ai consigli di amministrazione, divergenze sulla governance e un mercato sempre più competitivo gettano ombre su un progetto presentato come epocale.

Otto mesi fa l’intesa tra Generali e Natixis era stata celebrata come un’operazione destinata a ridisegnare la mappa del risparmio gestito europeo. Una joint venture da 2,2 trilioni di dollari in asset under management, capace di sfidare i colossi americani e restituire all’Europa un attore globale. Oggi, però, il grande annuncio rischia di trasformarsi in un déjà-vu: documenti che non arrivano ai board, dubbi crescenti tra i vertici e un silenzio che pesa più di mille smentite.

Un’alleanza nata per alzare l’asticella

Quando Generali e Natixis hanno svelato il piano, la narrazione era chiara: l’Europa aveva bisogno di consolidare le proprie forze per non restare schiacciata tra i giganti statunitensi e la crescente influenza asiatica. L’unione dei due gruppi avrebbe dato vita al secondo asset manager europeo, con economie di scala capaci di competere con Amundi e di sottrarre terreno a player globali come BlackRock e Vanguard.

Le ambizioni erano alte: integrazione delle piattaforme, maggiore potere contrattuale sui mercati, un’offerta diversificata in termini di asset class e geografie. Ma a distanza di mesi, quelle promesse rischiano di restare sulla carta.

Governance e cultura: il nodo irrisolto

Dietro le quinte, il problema più spinoso resta la governance. Chi controllerà davvero la nuova entità? Con quali poteri? La distribuzione delle leve tra Trieste e Parigi si è rivelata più complessa del previsto.

E poi c’è la dimensione culturale: da una parte un gruppo assicurativo italiano con radici profonde e una tradizione prudente; dall’altra una banca d’investimento francese legata a doppio filo al sistema politico nazionale. Due mondi che non si fondono con facilità. Le differenze di approccio alla gestione degli asset, al rischio e perfino alla comunicazione non sono dettagli marginali: sono il cuore del problema.

Un mercato che corre mentre l’operazione si ferma

Intanto, il contesto esterno cambia velocemente. L’asset management europeo vive una fase di consolidamento forzato, spinto da regolazioni sempre più stringenti, pressioni ESG e costi tecnologici crescenti.

Gli Stati Uniti continuano a dominare con ETF a basso costo e strategie passive che drenano capitali, mentre i mercati emergenti diventano terreno di competizione geopolitica e finanziaria. In questo scenario, il tempo non è un alleato: ogni mese perso rappresenta un vantaggio per i competitor già consolidati.

Le ripercussioni per i due gruppi

Per Generali, il deal con Natixis era parte di una strategia di lungo periodo: ridurre la dipendenza dal business assicurativo tradizionale ed espandersi nella gestione del risparmio, un settore a margini più alti e con potenzialità di crescita internazionale. Il mancato avanzamento rischia di rallentare questa traiettoria, costringendo il gruppo a cercare alternative meno ambiziose.

Per Natixis, invece, la questione è ancora più urgente. L’alleanza era l’occasione per rafforzare la credibilità globale e ampliare la rete distributiva. Senza, la banca francese rischia di restare confinata in un ruolo da attore forte, ma prigioniero del mercato domestico ed europeo.

Tra attesa e logoramento

La mancata presentazione dei contratti ai consigli di amministrazione non equivale a un fallimento definitivo, ma la sensazione è che il progetto stia perdendo forza narrativa. Gli analisti parlano di uno stallo logorante, in cui l’assenza di passi concreti erode la fiducia degli investitori e indebolisce la posizione negoziale di entrambe le parti.

Il rischio maggiore non è la cancellazione formale del deal, bensì la trasformazione del progetto in un limbo operativo: né vivo né morto, ma incapace di generare valore.

Il banco di prova dell’Europa finanziaria

L’operazione Generali–Natixis non è solo un affare tra due colossi. È un test di maturità per l’intera finanza europea. Dimostra quanto sia difficile, nel Vecchio Continente, superare logiche nazionali, culture aziendali divergenti e rivalità sotterranee per costruire veri campioni globali.

Se il progetto dovesse naufragare, il messaggio ai mercati sarebbe inequivocabile: mentre Stati Uniti e Asia accelerano la corsa alla concentrazione, l’Europa resta intrappolata nelle proprie fragilità strutturali.

Il futuro del deal, oggi, non è scritto. Ma una cosa è certa: il tempo non gioca a favore. Senza una svolta rapida e coraggiosa, quello che otto mesi fa appariva come il “matrimonio del secolo” rischia di entrare nei libri non come un caso di successo, ma come l’ennesima occasione mancata di una finanza europea incapace di fare sistema.

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