Intel risorge con Nvidia: l’investimento da 5 miliardi che riscrive la guerra dei chip

| 19/09/2025
Intel risorge con Nvidia: l’investimento da 5 miliardi che riscrive la guerra dei chip

Il colosso delle GPU entra nel capitale di Intel e sigla un’alleanza storica: Wall Street premia il titolo con il miglior rialzo degli ultimi 38 anni, mentre USA, SoftBank e geopolitica guardano al futuro dei semiconduttori.

Un tempo simbolo incontrastato della Silicon Valley, negli ultimi anni Intel aveva perso terreno, soffocata dall’avanzata dei colossi asiatici e da una serie di errori strategici che ne avevano eroso credibilità e capitalizzazione. Poi, in un giovedì di settembre, la narrativa è cambiata. Nvidia ha annunciato un investimento da 5 miliardi di dollari nel rivale di sempre, restituendo ossigeno a un gigante in affanno e accendendo i riflettori sulla nuova guerra globale dei chip. La Borsa ha reagito con entusiasmo, ma la vera partita si gioca altrove: nell’intreccio tra tecnologia, politica e geopolitica.

L’alleanza inattesa: Intel e Nvidia, rivali che diventano partner

L’accordo prevede che Nvidia acquisti azioni Intel a 23,28 dollari l’una, entrando di fatto nell’azionariato di una società che per decenni aveva rappresentato il suo antagonista naturale. La scelta non è casuale né tattica: è una mossa strategica per unire due mondi industriali che fino a ieri sembravano inconciliabili.

Nvidia porta con sé il suo ecosistema di intelligenza artificiale e calcolo accelerato, che oggi domina i data center e le applicazioni emergenti. Intel mette in campo la sua architettura x86, ancora cuore del computing globale nonostante le difficoltà degli ultimi anni.

“Questa storica collaborazione fonde due piattaforme di livello mondiale e apre la strada alla prossima era del computing”, ha dichiarato Jensen Huang, CEO di Nvidia. Al di là della retorica, il messaggio è chiaro: unire CPU e GPU, tradizione e innovazione, per rispondere a una sfida industriale e geopolitica che nessuno può affrontare da solo.

La mano visibile di Washington

Il tempismo dell’annuncio non è casuale. Solo un mese fa, l’amministrazione Trump aveva sorpreso i mercati investendo 8,9 miliardi di dollari in Intel, acquisendo il 10% del capitale. Una mossa difesa come necessaria per garantire l’indipendenza tecnologica americana, in un contesto dominato dalle tensioni con Pechino e dalla vulnerabilità della supply chain dei semiconduttori.

Il risultato è stato immediato: con il rialzo in Borsa, quella quota oggi vale oltre 13 miliardi. Un guadagno politico e simbolico che la Casa Bianca ha subito incorniciato come “un traguardo fondamentale per la manifattura high-tech americana”, nelle parole del portavoce Kush Desai.

L’ingresso di Nvidia, pur non orchestrato dal governo, si inserisce perfettamente in questa cornice: rafforzare Intel come pilastro industriale nazionale, trasformandola da gigante in difficoltà a strumento della politica industriale americana.

SoftBank, il terzo pilastro del rilancio

Nel puzzle della rinascita di Intel c’è anche SoftBank. Ad agosto, il gruppo giapponese guidato da Masayoshi Son aveva scommesso 2 miliardi di dollari sul rilancio del chipmaker. Una scelta coerente con la strategia di lungo periodo di SoftBank, fatta di investimenti audaci e spesso polarizzanti.

Il risultato è che oggi, attorno a Intel, si muovono tre forze convergenti, ma molto diverse: il capitale privato di SoftBank, la spinta governativa di Washington e la potenza industriale di Nvidia. Un’alleanza inedita, che offre a Intel la possibilità di trasformare una crisi strutturale in una piattaforma di rilancio globale.

Le incognite: fonderie, produzione e realpolitik industriale

Nonostante l’entusiasmo dei mercati, i nodi da sciogliere restano numerosi. Il più importante riguarda la produzione: Nvidia non ha confermato se utilizzerà le fonderie Intel per produrre i propri chip. Una decisione che segnerebbe un punto di svolta, perché trasformerebbe Intel in alternativa credibile a TSMC e Samsung, ridisegnando l’equilibrio mondiale della produzione di semiconduttori.

Al momento, l’intesa si limita a prevedere che Intel costruirà CPU x86 per le piattaforme di intelligenza artificiale Nvidia e system-on-chip per PC basati su GPU RTX. Una cooperazione industriale significativa, ma ancora lontana dal ridisegnare la mappa della supply chain globale.

Come ha sottolineato l’analista Chris Caso di Wolfe Research, resta da capire se si tratti di una collaborazione simbolica, utile più all’immagine che all’industria, o dell’inizio di un matrimonio vero, capace di incidere sul piano operativo e tecnologico.

L’ombra lunga della Cina

In parallelo, Nvidia si muove in un terreno geopolitico minato. Da mesi l’azienda è al centro delle tensioni tra Washington e Pechino: la Cina ha vietato l’importazione di chip AI avanzati, mentre gli Stati Uniti continuano a spingere per restringere l’accesso alle tecnologie di frontiera.

Per Nvidia, legarsi a Intel significa anche mandare un segnale: la sua identità è sempre più intrecciata con la strategia industriale americana. Un messaggio che può rafforzarne la posizione negoziale nei tavoli con la Cina, ma che rischia di chiudere definitivamente alcune porte commerciali in Asia.

La rinascita o l’ennesima illusione?

Il rally in Borsa segna senza dubbio una svolta per Intel, che dopo anni difficili può tornare a immaginarsi come attore centrale dell’industria globale dei semiconduttori. Ma la vera sfida comincia ora. Intel dovrà dimostrare di saper colmare il gap tecnologico con TSMC e Samsung, riconquistare la fiducia degli sviluppatori e soprattutto trasformare le partnership in prodotti concreti e competitivi.

Se riuscirà, l’alleanza con Nvidia, il sostegno del governo USA e l’audacia di SoftBank potranno davvero rappresentare l’inizio di una nuova era. In caso contrario, rischiano di rivelarsi un’operazione cosmetica, destinata a gonfiare i titoli dei giornali senza cambiare le sorti del mercato.

Il futuro scritto nei chip

La giornata record di Intel non è solo una storia di finanza. È il riflesso di un cambiamento profondo nel modo in cui tecnologia, politica e capitale privato si intrecciano per plasmare il futuro. La sfida non è più solo chi produce il chip più veloce, ma chi saprà costruire l’ecosistema più resiliente, sovrano e strategicamente allineato.

Intel oggi rinasce grazie a Nvidia, agli Stati Uniti e a SoftBank. Ma il domani non sarà scritto nelle borse, bensì nelle fabbriche, nei laboratori e nei negoziati internazionali. È lì che si deciderà se questo matrimonio tra rivali sarà ricordato come l’inizio di una nuova età dell’oro o come l’ennesimo abbaglio di un’industria che non può permettersi di sbagliare.

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