Il fondatore di Meta svela i primi occhiali smart consumer con display integrato. Un ibrido tra moda e tecnologia che promette di rivoluzionare la quotidianità, ma che riapre i dubbi su privacy, utilità e sul futuro stesso del “post-smartphone”.
A Menlo Park, sul palco del Meta Connect, Mark Zuckerberg ha presentato la sua nuova ossessione: trasformare un paio di occhiali in un computer personale. I Meta Ray-Ban Display, venduti a $799, uniscono lo stile iconico del marchio Ray-Ban a un microdisplay che compare e scompare all’occorrenza, controllato da gesti della mano attraverso il Meta Neural Band. Non è soltanto un lancio di prodotto, ma un manifesto: il tentativo di ridefinire il rapporto tra esseri umani e tecnologia. La domanda, però, resta aperta: sarà la svolta che inaugurerà l’era post-smartphone o un nuovo capitolo nella lunga lista di promesse incompiute della Silicon Valley?
Un palcoscenico globale per una rivoluzione annunciata
Il Meta Connect non è mai stato un semplice evento tecnico. È la cassa di risonanza attraverso cui Zuckerberg costruisce la sua narrativa, spingendo il pubblico a immaginare un futuro in cui la tecnologia non vive più in tasca o sulle scrivanie, ma si fonde con lo sguardo. Con i Ray-Ban Display, Meta propone la sua visione più accessibile di questa trasformazione.
L’azienda ha investito miliardi nel metaverso, suscitando scetticismo da parte degli investitori. Ora, con un prodotto tangibile e indirizzato ai consumatori, Zuckerberg punta a dimostrare che quell’investimento non è solo un’utopia, ma un passo concreto verso una nuova generazione di dispositivi indossabili.
Il cuore della novità: il Meta Neural Band
La vera innovazione non è tanto il display, quanto il modo di interagirvi. Il Meta Neural Band, un braccialetto EMG, interpreta i segnali elettrici dei muscoli dell’avambraccio e li traduce in comandi. Non serve più toccare lo schermo: basta un piccolo gesto della mano.
Il display, discreto e trasparente, non invade il campo visivo: appare solo quando richiesto e svanisce subito dopo. È una soluzione di compromesso tra il presente e il futuro: non l’immersione totale della realtà aumentata avanzata, ma un overlay leggero, pensato per integrarsi in maniera naturale con la vita quotidiana. Una scelta che riflette pragmatismo: prima di convincere le masse, bisogna abbassare la soglia di resistenza.
Moda, sport e tech everyday: tre linee per tre mercati
Meta ha compreso che gli smart glasses non possono essere venduti come semplici gadget tecnologici. Devono parlare di identità, stile e contesto d’uso. Ecco perché, accanto ai Ray-Ban Display, l’azienda ha annunciato:
- Oakley Meta Vanguard: occhiali dal design sportivo, pensati per atleti e outdoor lovers, con videocamera 3K, 9 ore di autonomia e compatibilità con i fitness watch Garmin. Prezzo: $499, dal 21 ottobre
- Ray-Ban Meta (Gen 2): l’evoluzione del modello lanciato nel 2023, con batteria raddoppiata (8 ore) e videocamera Ultra HD migliorata. Prezzo: $379, già disponibile
Tre modelli, tre target: lifestyle urbano, sport ad alte prestazioni e tecnologia quotidiana. È un approccio che ricalca la logica della moda, dove un brand si declina in linee diverse per soddisfare pubblici differenti.
Un ecosistema che punta alla convergenza
Gli occhiali non sono concepiti come prodotti autonomi, ma come parte di un sistema integrato. Durante l’evento, Zuckerberg ha annunciato anche Horizon TV, piattaforma di intrattenimento che porterà film, eventi sportivi e serie TV direttamente sui visori Quest, grazie a partnership con Disney e Universal Pictures.
Il messaggio è chiaro: Meta vuole costruire un ecosistema convergente, in cui hardware, software e contenuti convivono e si rafforzano. È la stessa strategia che ha reso Apple dominante con iPhone, App Store e iCloud. Ma qui la scommessa è più ambiziosa: spostare il computing personale dal palmo della mano al campo visivo.
La realtà dietro l’entusiasmo
L’evento non è stato privo di inciampi. Durante una demo, Zuckerberg ha tentato invano di chiamare in diretta il CTO Andrew Bosworth, prima di liquidare l’incidente con un “succede”. Un dettaglio apparentemente minore, ma che evidenzia quanto la distanza tra la visione e l’affidabilità tecnologica sia ancora significativa.
C’è poi il tema dell’adozione. A differenza degli smartphone, gli occhiali sono un oggetto culturale, legato all’identità personale. Esperimenti precedenti, dai Google Glass agli Spectacles di Snap, hanno dimostrato che il salto dalla curiosità alla quotidianità è difficile. A $799, i Ray-Ban Display devono dimostrare di essere più di un gadget futuristico: devono diventare utili.
Privacy e accettazione sociale: il vero terreno di prova
Non basta il design accattivante o la tecnologia innovativa. Gli occhiali smart portano con sé questioni delicate di privacy e fiducia. L’idea che qualcuno possa registrare un video o leggere messaggi direttamente davanti ai nostri occhi solleva inevitabili dubbi.
Meta conosce bene questi ostacoli: già i Ray-Ban Stories erano stati criticati per la possibilità di filmare persone senza consenso. Se Zuckerberg vuole che i suoi occhiali diventino mainstream, dovrà convincere non solo i consumatori, ma anche regolatori e società civile. In un mondo già diffidente verso il controllo dei dati da parte dei social media, la sfida non è solo tecnica ma profondamente culturale.
Tra ambizione e realtà
Con i Ray-Ban Display, Meta ha fatto un passo concreto verso il futuro che Zuckerberg predica da anni: un futuro in cui la tecnologia non è più un oggetto da estrarre dalla tasca, ma qualcosa che accompagna lo sguardo. È una visione affascinante, che coniuga moda e innovazione, e che per la prima volta rende l’idea di “post-smartphone” qualcosa di tangibile.
Ma resta il grande interrogativo: il mondo è pronto? La storia dei wearable ci insegna che le tecnologie non falliscono solo perché imperfette, ma perché arrivano troppo presto o non rispondono a bisogni reali. Meta ha acceso i riflettori su un futuro possibile, ma sarà il mercato a decidere se questo futuro diventerà presente — o se gli occhiali di Zuckerberg finiranno nel museo delle promesse incompiute della Silicon Valley.
Forse, la vera partita non si giocherà sulla potenza dei display o sull’eleganza del design, ma sulla capacità di questi occhiali di cambiare le nostre abitudini quotidiane con la stessa radicalità con cui lo smartphone lo fece quindici anni fa.