Sempre più americani trasformano il pagamento dell’affitto in uno strumento per scalare la classifica del credito. Un fenomeno in crescita che promette inclusione finanziaria, ma che nasconde rischi di nuove disuguaglianze e dipendenze.
Per milioni di statunitensi l’affitto è sempre stato una voce di spesa, spesso la più pesante. Oggi sta diventando qualcosa di diverso: un passaporto finanziario. Grazie ai servizi di rent reporting, i canoni mensili finiscono nei registri delle agenzie di credito, contribuendo a costruire o migliorare la reputazione economica dei consumatori. È una rivoluzione silenziosa, che può aprire le porte del credito a chi ne era escluso — ma che porta con sé interrogativi su trasparenza, rischi e nuove forme di vulnerabilità.
Un trend in crescita, ma non ancora di massa
Secondo i dati di TransUnion, una delle tre principali credit bureau americane, nel 2025 il 13% degli affittuari ha visto i propri pagamenti registrati ufficialmente, in aumento rispetto all’11% dell’anno precedente. Numeri ancora contenuti, ma significativi: ogni punto percentuale rappresenta centinaia di migliaia di persone che scelgono di trasformare una spesa inevitabile in un investimento reputazionale.
Il messaggio di fondo è chiaro: il credito non si costruisce più soltanto con carte di credito e mutui, ma anche attraverso pratiche quotidiane che fino a pochi anni fa restavano invisibili al sistema finanziario.
Il potenziale per i “credit invisible”
La vera rivoluzione del rent reporting è per i cosiddetti credit invisible: milioni di persone che non hanno una storia creditizia sufficiente a ottenere prestiti o carte. Per loro, anche pochi mesi di pagamenti registrati possono fare la differenza.
Uno studio di TransUnion ha mostrato che i consumatori che hanno incluso l’affitto nel proprio profilo hanno visto il punteggio crescere in media di 60 punti. Un incremento capace di cambiare radicalmente l’accesso a mutui, auto, persino contratti di lavoro in settori dove il background creditizio viene verificato.
I giovani in prima linea
La tendenza è trainata dalle nuove generazioni. Nel 2025 circa il 18% della Gen Z dichiara di segnalare i propri pagamenti d’affitto, seguita dal 16% dei millennial. Numeri molto più bassi tra Gen X (12%) e baby boomer (8%).
Il dato riflette una duplice realtà: i giovani sono più spesso affittuari e, allo stesso tempo, hanno una storia creditizia più corta. Per loro il rent reporting rappresenta un acceleratore, un modo per guadagnare rapidamente credibilità finanziaria. Per i più anziani, già dotati di percorsi consolidati, il valore aggiunto appare meno rilevante.
Opportunità e insidie
Nonostante il potenziale, il meccanismo porta con sé rischi significativi. Alcuni servizi riportano solo i pagamenti puntuali, altri anche i ritardi. Nel secondo caso, un meccanismo pensato per rafforzare il credito può trasformarsi in una trappola, penalizzando chi attraversa periodi di difficoltà economica.
In un mercato del lavoro segnato da precarietà, basta un licenziamento per trasformare un alleato in un boomerang. Come avverte Chi Chi Wu, avvocata senior del National Consumer Law Center: «Prima di iscriversi bisogna chiedersi cosa accadrebbe in caso di mancati pagamenti. Un singolo ritardo può cancellare mesi di sforzi».
Cinque domande da porsi prima di iscriversi
Gli esperti suggeriscono prudenza e invitano a porsi cinque domande chiave:
- Serve davvero? Se si ha già un buon credit score, l’impatto sarà minimo
- Quanto costa? Alcuni servizi sono gratuiti, altri chiedono tra 7 e 10 dollari al mese, più commissioni di attivazione
- Quante agenzie copre? Non tutti i provider segnalano a tutte e tre le credit bureaus: una lacuna che può rendere i dati poco utili
- Che cosa viene riportato? Solo i pagamenti puntuali o anche i ritardi?
- Come funziona la cancellazione? In assenza di regole standard, ogni provider ha policy proprie, con conseguenze anche sul futuro creditizio.
Inclusione o nuova barriera?
Il rent reporting viene salutato come strumento di inclusione finanziaria, ma pone un dilemma. Da un lato, offre a milioni di americani l’occasione di uscire dall’ombra del sistema creditizio. Dall’altro, rischia di trasformarsi in una barriera aggiuntiva per chi vive situazioni economiche fragili.
In un Paese dove il punteggio di credito determina l’accesso a case, auto, studi universitari e perfino occupazioni, trasformare l’affitto in un’arma a doppio taglio potrebbe ampliare le disuguaglianze invece che ridurle.
Un cambio culturale che va regolato
Che l’affitto diventi uno strumento di reputazione finanziaria segna un cambiamento culturale profondo: un comportamento quotidiano, finora invisibile, entra nel radar del sistema economico.
Se regolato in modo trasparente ed equo, il rent reporting può democratizzare l’accesso al credito. Se lasciato alle logiche del mercato, rischia invece di amplificare la vulnerabilità di chi è già ai margini.
In un’America dove il credito definisce chi sei e cosa puoi diventare, anche il pagamento dell’affitto non è più solo una spesa mensile: è diventato un biglietto da visita finanziario.