Influenza, il buco nero della sanità italiana: crollano le vaccinazioni negli anziani

RedazioneRedazione
| 15/09/2025

La copertura antinfluenzale tra gli over 65 è scesa al 52,5%, ben lontana dal 75% fissato dall’OMS come soglia minima. Dopo il picco della pandemia, l’Italia ha perso oltre 12 punti percentuali, riportando la prevenzione ai livelli di dieci anni fa. Un arretramento che oggi pesa su ospedali, pronto soccorso e, soprattutto, sulla popolazione più fragile.

Quasi un anziano su due in Italia affronta la stagione influenzale senza protezione. Lo dicono i dati ufficiali del Ministero della Salute sulla campagna 2024-2025: la copertura vaccinale si ferma al 52,5%. Un calo che racconta un Paese avanzato nelle cure, ma ancora vulnerabile sulla prevenzione. La stagione del Covid, che aveva spinto gli italiani a correre verso i vaccini, sembra lontana: la paura si è spenta, lasciando spazio a diffidenza e disinteresse. E il prezzo di questo vuoto lo paga, come sempre, la sanità pubblica.

Un Paese che dimentica la prevenzione

L’Italia ha vissuto una parabola chiara. Nel 2020-21, sotto la spinta del Covid, la copertura tra gli anziani aveva raggiunto il 65,3%, uno dei valori più alti mai registrati. Sembrava l’inizio di una nuova consapevolezza, un cambio culturale che avrebbe reso stabile l’attenzione alla prevenzione. Oggi, quattro anni dopo, quella spinta è evaporata. La copertura è tornata indietro di oltre un decennio, ai valori del 2010-2012, con un calo che riapre vecchie fragilità.
La percezione dell’influenza come “malattia leggera” resta radicata, ma i numeri raccontano altro: circa 8.000 decessi l’anno in Italia sono legati direttamente o indirettamente al virus e alle sue complicanze.

Un’Italia spaccata in due

Come spesso accade nella sanità, il Paese è diviso. L’Umbria guida la classifica con una copertura del 64,1% tra gli over 65, seguita da Emilia-Romagna e Basilicata, entrambe sopra il 59%. Ma all’estremo opposto ci sono regioni che scivolano sotto il 40%. Bolzano si ferma al 33,4%, la Sardegna al 37,6%. In totale, sei regioni non raggiungono la soglia del 50%.
Il divario tra la regione più virtuosa e quella più indietro è di oltre 30 punti percentuali. Una forbice che non si spiega solo con la “sensibilità” dei cittadini, ma con politiche sanitarie regionali molto diverse, campagne di comunicazione spesso inefficaci e una capacità organizzativa disomogenea.

La macchina c’è, ma non basta

In termini assoluti, nella stagione 2024-2025 sono state somministrate 11,5 milioni di dosi di vaccino antinfluenzale. Una cifra che dimostra la capacità organizzativa del sistema: i vaccini ci sono, i medici li raccomandano, le strutture li offrono. Eppure, la copertura complessiva resta inchiodata al 19,6% della popolazione generale.
Il problema non è la disponibilità, ma l’adesione. In Italia, la prevenzione resta percepita come un’opzione e non come una responsabilità collettiva. Una contraddizione che pesa: la macchina è pronta, ma senza la fiducia dei cittadini resta ferma a metà strada.

Bambini protetti, adulti dimenticati

I dati mostrano un paradosso: i bambini sono più protetti degli adulti. Nella fascia 5-8 anni la copertura arriva al 29,1%, grazie soprattutto al ruolo delle scuole e al coinvolgimento diretto delle famiglie. Il caso di Trento è emblematico: qui, tra i bambini, la copertura raggiunge il 75,2%, un risultato da primato.
Ma se i piccoli mostrano segnali incoraggianti, gli adulti rappresentano il vero buco nero della campagna vaccinale. Tra i 18 e i 64 anni l’adesione oscilla tra il 4% e il 12%. Stiamo parlando della fascia più numerosa e attiva della popolazione, quella che lavora, viaggia, frequenta luoghi affollati. In pratica, i principali vettori di diffusione del virus. La loro assenza dal circuito vaccinale trascina verso il basso la media nazionale e rende impossibile avvicinarsi agli standard dell’OMS.

Bolzano, laboratorio del rifiuto

Tra i territori più problematici spicca la Provincia autonoma di Bolzano, dove la copertura crolla al 33,4% negli anziani e all’11,1% nella popolazione generale. Non è un dato episodico, ma la conferma di un trend consolidato: qui diffidenza verso i vaccini, identità culturale e autonomia politica si intrecciano, creando un terreno fertile per lo scetticismo.
Il contrasto con la vicina Trento, tra i migliori casi nazionali, è emblematico: due province confinanti, due modelli opposti. La lezione è chiara: non basta l’offerta di vaccini, conta il contesto sociale e culturale.

Una crisi culturale prima che sanitaria

Il crollo della copertura non è spiegabile solo con la stanchezza post-pandemica o con le difficoltà organizzative. È il riflesso di una crisi culturale più profonda. In Italia, la prevenzione fatica a imporsi come valore condiviso. La diffidenza alimentata dalla disinformazione durante il Covid ha lasciato cicatrici visibili, rafforzando la narrativa di chi rifiuta i vaccini.
Non si tratta più di una nicchia ideologica, ma di una maggioranza silenziosa che non percepisce l’influenza come una minaccia reale. Il problema, dunque, non è solo sanitario: è sociale, educativo, politico.

Il prezzo della disattenzione

Ogni anno, l’influenza si traduce in decessi, ricoveri e pronto soccorso intasati. Eppure, quasi metà degli anziani e gran parte degli adulti restano senza protezione. È un paradosso che fotografa un Paese capace di cure sofisticate, ma ancora fragile nella prevenzione.
Il vaccino antinfluenzale non è un optional: è un argine contro un virus che pesa silenziosamente sulla salute collettiva. Finché l’Italia resterà ferma a queste percentuali, la sanità pubblica continuerà a pagare il prezzo della disattenzione. E saranno proprio i più fragili a subirne le conseguenze.

L’articolo qui pubblicato rientra in una collaborazione tra IF-Italia nel Futuro e TRUENUMB3RS, che ci consente di attingere alle sue banche dati.

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