Spazio, ultimo treno per l’Europa: nasce il progetto per sfidare Starlink e la Cina

RedazioneRedazione
| 14/09/2025
Spazio, ultimo treno per l’Europa: nasce il progetto per sfidare Starlink e la Cina

Leonardo, Thales e Airbus lavorano a una joint venture da 10 miliardi di euro per consolidare le attività satellitari europee. Tra governance complessa, interessi nazionali e antitrust, Bruxelles vede nello “spazio” la nuova frontiera della sovranità tecnologica.

Per oltre un decennio, i tentativi di creare un campione europeo nello spazio si sono infranti su rivalità nazionali e vincoli regolatori. Oggi, però, la pressione geopolitica e l’avanzata di giganti come Starlink di Elon Musk e le costellazioni cinesi hanno cambiato le priorità. Con il Project Bromo, Leonardo, Thales e Airbus cercano di unire le forze in una joint venture da 10 miliardi di euro. L’obiettivo: evitare che l’Europa perda l’ultimo treno della corsa allo spazio e trasformare un settore frammentato in un pilastro di sovranità industriale e tecnologica.

Una trattativa tra ostacoli e rilanci

Il progetto non nasce senza difficoltà. Dopo un’estate in cui le trattative sembravano vicine al collasso, i colloqui hanno ripreso vigore e puntano a un memorandum of understanding entro la fine di settembre. La valutazione, attorno ai 10 miliardi di euro, deriva dai ricavi combinati delle divisioni satellitari (circa 6-6,5 miliardi) e dai multipli di mercato dei competitor globali.

Si tratterebbe della più importante operazione di consolidamento europeo nel settore spaziale, con quartier generale a Toulouse, la capitale industriale di Airbus. Una scelta simbolica e politica che, come spesso accade in Europa, non mancherà di generare discussioni tra partner nazionali.

Un mercato rivoluzionato da Starlink e dalla Cina

Il contesto competitivo è radicalmente mutato. Starlink, con oltre 5.000 satelliti già dispiegati in orbita bassa, ha imposto un modello industriale basato su costellazioni di piccoli satelliti LEO, economici e rapidi da lanciare. La Cina, parallelamente, accelera su programmi analoghi, sostenuti da forti investimenti statali.

L’Europa, divisa tra campioni nazionali e interessi spesso divergenti, rischia di restare prigioniera della propria frammentazione. Continuare su questa strada significherebbe perdere rilevanza, sia economica sia strategica, in un settore destinato a ridisegnare gli equilibri di potere globale.

Governance: la sfida delle sovranità

Uno dei nodi più delicati riguarda la governance. Le tre aziende, tutte con partecipazioni statali, devono conciliare la necessità di un management integrato con le richieste di Parigi, Roma e Berlino di mantenere controllo su asset sensibili.

Il modello di riferimento è MBDA, il consorzio missilistico nato nel 2001 dall’unione di asset francesi, italiani e britannici. Anche in quel caso, l’equilibrio fu trovato garantendo attività integrate per i progetti comuni e strutture nazionali autonome per le tecnologie più critiche. Il Project Bromo dovrà replicare questa formula, adattandola a un settore in cui le questioni di sicurezza nazionale sono ancora più pervasive.

L’antitrust come leva di politica industriale

I tentativi precedenti di creare un “campione spaziale europeo” sono naufragati di fronte alle rigide regole antitrust comunitarie. Oggi, però, la filosofia regolatoria sembra evolvere. A Bruxelles cresce la consapevolezza che la difesa della concorrenza interna non può diventare un freno alla sovranità tecnologica.

In un mondo segnato da tensioni geopolitiche e guerre commerciali, l’antitrust europeo si trasforma: da barriera giuridica a potenziale strumento di politica industriale, utile a favorire il consolidamento di filiere strategiche. Se l’operazione riceverà il via libera, sarà il segnale di una svolta culturale e normativa.

La geopolitica dello spazio

Lo spazio non è più solo una frontiera scientifica: è ormai un’arena di geopolitica industriale. Satelliti e costellazioni significano comunicazioni sicure, osservazione della Terra, capacità di difesa e controllo climatico.

Per Washington, SpaceX è diventata parte integrante della strategia nazionale. Per Pechino, le costellazioni satellitari rientrano nella proiezione della Belt and Road Initiative in chiave tecnologica. L’Europa, invece, finora ha oscillato tra iniziative nazionali e piani comunitari non sempre coordinati. Il Project Bromo potrebbe rappresentare il salto di qualità necessario per colmare il gap.

Impatti economici e industriali

La joint venture avrebbe conseguenze rilevanti non solo per i tre colossi coinvolti, ma per l’intera filiera aerospaziale europea:

  • Economiche: ottimizzazione degli investimenti e maggiori economie di scala
  • Industrial-tecnologiche: sviluppo accelerato di satelliti LEO competitivi con Starlink e i rivali cinesi
  • Strategiche: rafforzamento delle capacità di telecomunicazioni e difesa, con riduzione della dipendenza da fornitori extra-UE.

Il consolidamento garantirebbe anche un vantaggio competitivo in un mercato valutato in centinaia di miliardi nei prossimi dieci anni, trainato da servizi di connettività, osservazione e sicurezza.

Il peso delle scelte simboliche

La probabile scelta di Toulouse come sede centrale conferma il ruolo centrale della Francia, ma alimenta interrogativi sugli equilibri politici. L’Italia, attraverso Leonardo, e la Germania, attraverso Airbus e Thales, non intendono restare spettatori. La distribuzione dei carichi di lavoro e dei centri di comando sarà un terreno di negoziazione delicatissimo, dove simboli e percezioni contano tanto quanto le decisioni industriali.

Un banco di prova per la sovranità europea

Il Project Bromo è molto più di un accordo industriale: è un test decisivo per capire se l’Europa saprà superare le proprie divisioni e dotarsi di strumenti adeguati alla competizione globale.

Se l’intesa andrà in porto, nascerà un campione europeo da 10 miliardi di euro capace di competere con Starlink e le costellazioni cinesi. Se fallirà, il rischio è che l’Europa perda l’ultimo treno della corsa allo spazio, restando dipendente da altri attori per la gestione di infrastrutture decisive.

La nuova frontiera della sovranità europea passa dunque per l’orbita terrestre. Ed è lì che si misurerà la capacità del continente di non restare a guardare mentre gli altri scrivono le regole della nuova economia spaziale.

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