Gas e nucleare restano “green”: la Corte UE respinge l’Austria e alimenta le fratture energetiche in Europa

RedazioneRedazione
| 11/09/2025
Gas e nucleare restano “green”: la Corte UE respinge l’Austria e alimenta le fratture energetiche in Europa

La decisione del Tribunale dell’Unione Europea conferma l’inclusione di gas e nucleare nella tassonomia verde, sancendo la discrezionalità della Commissione, ma accendendo divisioni tra Stati membri, mercati e opinione pubblica sulla credibilità della finanza sostenibile europea

Con una sentenza destinata a incidere sulla politica energetica e sulla finanza sostenibile del continente, la Corte dell’Unione Europea ha respinto il ricorso dell’Austria contro l’inclusione di gas e nucleare nella tassonomia verde, il sistema che certifica gli investimenti “climate friendly” in Europa. La pronuncia rafforza il ruolo della Commissione come arbitro della transizione energetica, ma evidenzia anche una frattura politica e culturale che attraversa il continente: tra chi considera queste fonti indispensabili per la sicurezza energetica e chi le giudica un compromesso che mina la credibilità climatica dell’Unione.

Una sentenza che consolida i poteri della Commissione

La decisione del Tribunale dell’Unione Europea ha ribadito che la Commissione gode di un ampio margine di discrezionalità nella definizione degli atti delegati sulla tassonomia. Secondo i giudici, Bruxelles era legittimata a stabilire che gas e nucleare possano contribuire, seppure a determinate condizioni, agli obiettivi di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Questa interpretazione giuridica segna un precedente importante: la tassonomia non è uno strumento tecnico neutrale, ma una piattaforma politica, plasmata da compromessi e valutazioni strategiche che vanno ben oltre la scienza ambientale.

L’Austria e la sua storica opposizione al nucleare

Per Vienna, la sconfitta rappresenta una battuta d’arresto in una battaglia identitaria. L’Austria si oppone da decenni all’energia nucleare: già nel 1978, un referendum bloccò l’attivazione della centrale di Zwentendorf, segnando una linea politica fondata su rinnovabili e idroelettrico. L’argomentazione portata davanti al Tribunale era chiara: il nucleare non può rispettare il principio europeo del “do no significant harm”, a causa dei rischi legati allo smaltimento delle scorie e agli incidenti. Quanto al gas, Vienna ne ammette un ruolo solo temporaneo, ritenendo incoerente classificarlo come fonte sostenibile. Dopo la sentenza, il Ministero dell’Ambiente ha definito la decisione “molto deplorevole”, lasciando aperta la possibilità di un appello.

La tassonomia verde come arena di confronto politico

Nata per fornire agli investitori una bussola sugli asset sostenibili, la tassonomia è diventata un terreno di scontro politico tra Stati membri. Spagna e Danimarca hanno criticato l’inclusione del gas come una forma di “greenwashing istituzionale”, mentre la Francia ha difeso con forza il nucleare, centrale per la sua autonomia energetica e per la sua politica industriale. Polonia e Bulgaria, ancora fortemente dipendenti dal carbone, hanno sostenuto la necessità di classificare il gas come strumento di transizione. L’esito è stato un compromesso che riflette non solo le diversità energetiche nazionali, ma anche i rapporti di forza interni all’Unione.

Impatti finanziari e rischi reputazionali

Sul piano economico, la sentenza ha effetti immediati sui mercati finanziari. L’inclusione di gas e nucleare nella tassonomia permette alle utility e alle imprese energetiche di attrarre capitali ESG, abbassare i costi di finanziamento e accedere a investitori istituzionali sempre più vincolati da criteri ambientali. Ma la decisione espone anche l’UE al rischio reputazionale: diversi operatori del Nord Europa e fondi internazionali hanno avvertito che potrebbero ridurre l’esposizione verso attività percepite come “verdi solo di nome”. In questo senso, la credibilità della tassonomia come standard globale per la finanza sostenibile rischia di essere erosa da compromessi politici.

Dimensione giuridica e futuri scenari regolatori

La bocciatura del ricorso austriaco chiarisce che il principio del “do no significant harm” non esclude automaticamente gas e nucleare, ma ne condiziona l’utilizzo a criteri specifici. Ciò apre scenari futuri: se oggi la tassonomia ammette queste fonti, domani potrebbe includere tecnologie come l’idrogeno blu o i sistemi di cattura e stoccaggio della CO₂. La giurisprudenza stabilisce, quindi, che la tassonomia è uno strumento flessibile, in grado di adattarsi agli sviluppi tecnologici e politici, ma al prezzo di un crescente grado di incertezza per gli operatori di mercato.

Energia, sicurezza e geopolitica

La sentenza va letta anche nella cornice della crisi energetica seguita all’invasione russa dell’Ucraina. L’Unione Europea ha dovuto bilanciare obiettivi climatici e sicurezza degli approvvigionamenti, riducendo la dipendenza dal gas russo e cercando nuove fonti di stabilità. In questo contesto, il gas naturale è stato ridefinito come risorsa ponte e il nucleare come fonte stabile a basse emissioni di CO₂. La tassonomia diventa quindi uno strumento geopolitico, utile a indirizzare investimenti verso fonti che rafforzino l’autonomia strategica europea, anche a costo di incrinare la coerenza climatica del progetto.

Le diverse traiettorie nazionali e la frammentazione europea

La vicenda riflette l’eterogeneità delle politiche energetiche europee. La Francia punta sul nucleare per rafforzare la propria leadership industriale, mentre la Germania ha chiuso le centrali atomiche e accelera sulle rinnovabili, usando il gas come risorsa tampone. L’Europa centro-orientale considera il gas indispensabile per abbandonare il carbone, mentre l’Austria resta isolata nella sua opposizione. Questa frammentazione mette in discussione la possibilità di una politica energetica comune e rischia di rallentare il raggiungimento degli obiettivi climatici al 2030 e 2050.

Il rischio greenwashing e la credibilità europea

Definire “sostenibili” gas e nucleare solleva un interrogativo cruciale: fino a che punto la politica europea è disposta a sacrificare la coerenza climatica per motivi strategici? Le ONG parlano di “greenwashing normativo”, sottolineando il rischio che la tassonomia perda credibilità a livello internazionale. La reputazione dell’UE come leader della finanza sostenibile globale dipende dalla trasparenza e dalla coerenza delle sue regole. Se i compromessi prevalgono sulla chiarezza, gli investitori potrebbero rivolgersi ad altri standard, riducendo l’influenza europea nei mercati finanziari globali.

Una vittoria legale che lascia aperte fratture politiche

La sentenza del Tribunale UE rappresenta un successo istituzionale per la Commissione, ma non sana le spaccature tra Stati membri né i dubbi degli investitori. Gas e nucleare restano classificati come green, ma il prezzo è una crescente tensione tra obiettivi climatici e strategie geopolitiche. L’eventuale appello dell’Austria potrà prolungare la battaglia giuridica, ma difficilmente invertirà la linea politica. La vera sfida per l’Unione sarà dimostrare che queste decisioni non rappresentano una resa agli interessi di breve termine, ma un compromesso necessario per mantenere coesione e sicurezza in una fase storica segnata da crisi energetiche e rivalità globali.

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