Abu Dhabi contro i giganti dell’AI: la scommessa di K2 Think

RedazioneRedazione
| 10/09/2025
Abu Dhabi contro i giganti dell’AI: la scommessa di K2 Think

Con un modello di ragionamento più piccolo, ma altamente efficiente, gli Emirati Arabi Uniti vogliono dimostrare che non servono infrastrutture colossali per sfidare OpenAI e DeepSeek. Una mossa che intreccia politica industriale, geopolitica e la visione di un’economia post-petrolifera.

Nella corsa globale all’intelligenza artificiale, dominata dagli Stati Uniti e dalla Cina, gli Emirati Arabi Uniti hanno scelto di giocare una partita diversa. Non sul terreno della forza bruta computazionale, ma su quello dell’efficienza e della strategia. Con il lancio di K2 Think, Abu Dhabi non si limita a presentare un modello AI: mette sul tavolo la propria ambizione di diventare un nuovo polo tecnologico mondiale, capace di sfidare i colossi e, al tempo stesso, di ridefinire il ruolo del Golfo nell’economia del XXI secolo.

Abu Dhabi, laboratorio di ambizioni digitali

Il lancio di K2 Think da parte della Mohamed bin Zayed University of Artificial Intelligence (MBZUAI), in collaborazione con la società G42, non è soltanto un evento tecnologico. È un tassello di una strategia più ampia: trasformare Abu Dhabi in un hub dell’intelligenza artificiale, capace di attrarre capitali, talenti e partnership globali. La scelta di puntare sull’AI riflette la consapevolezza degli Emirati di dover diversificare un’economia ancora fortemente legata al petrolio e di dover acquisire strumenti di soft power in un mondo in cui tecnologia e geopolitica sono sempre più intrecciate.

Efficienza contro gigantismo

La vera novità di K2 Think sta nelle dimensioni. Con appena 32 miliardi di parametri, il modello è enormemente più piccolo rispetto ai colossi come R1 di DeepSeek, che ne conta 671 miliardi. Eppure, i test comparativi hanno dimostrato che le prestazioni del sistema emiratino sono in linea con quelle dei modelli più avanzati di OpenAI e della stessa DeepSeek. Questo risultato è stato ottenuto grazie a tecniche di ottimizzazione sofisticate, tra cui il chain-of-thought supervised fine-tuning e il test-time scaling. Il messaggio è chiaro: non è necessario costruire modelli mastodontici per ottenere risultati di livello globale, se si sa come sfruttare al meglio risorse e algoritmi.

G42, l’anello di congiunzione tra capitale e politica

Il coinvolgimento di G42, società emiratina sostenuta da Microsoft, conferisce al progetto un significato che va oltre la pura ricerca accademica. G42 è diventata un attore centrale nella strategia tecnologica del Golfo, capace di collegare la finanza internazionale, la ricerca scientifica e gli interessi geopolitici. Tuttavia, le sue relazioni con la Cina hanno attirato l’attenzione di Washington, segnalando quanto delicato sia per Abu Dhabi muoversi in un contesto di competizione globale. L’AI non è solo innovazione: è un terreno in cui la diplomazia e la politica industriale si misurano con la stessa intensità della scienza.

La corsa del Golfo: Emirati contro Arabia Saudita

Il progetto emiratino non si colloca in un vuoto regionale. Anche l’Arabia Saudita ha lanciato iniziative ambiziose, come la società Humain, sostenuta dal Public Investment Fund, con l’obiettivo di sviluppare un ecosistema AI end-to-end. La rivalità tra Abu Dhabi e Riyad, evidente già nel settore energetico e finanziario, si sta ora estendendo all’intelligenza artificiale. La posta in gioco è alta: ridurre la dipendenza dal petrolio, attrarre capitali globali e consolidare il ruolo del Golfo come nuovo polo tecnologico.

Stati Uniti e Cina: i giganti da battere

Nonostante l’entusiasmo, il divario con Stati Uniti e Cina resta significativo. Gli Stati Uniti hanno un ecosistema consolidato, che combina Big Tech, venture capital e università di ricerca di livello mondiale. La Cina ha fatto dell’AI una priorità strategica nazionale, sostenendo le proprie aziende con fondi pubblici e politiche industriali aggressive. Gli Emirati, al contrario, puntano su flessibilità normativa, rapidità decisionale e diplomazia tecnologica. Ma resta una domanda cruciale: questa “terza via” può davvero consolidarsi nel tempo o rischia di rimanere confinata a una posizione di nicchia?

AI come strumento di diversificazione economica

Il lancio di K2 Think rappresenta anche un tassello della strategia emiratina di diversificazione economica. Gli idrocarburi restano la principale fonte di entrate, ma la loro centralità è destinata a ridursi. L’AI viene vista come un settore ad alto valore aggiunto, in grado di generare occupazione qualificata, attrarre investimenti esteri e proiettare il Paese al centro delle dinamiche globali della quinta rivoluzione industriale. In questo senso, il modello non è solo un esperimento accademico: è una dichiarazione di intenti.

Oltre i chatbot: applicazioni verticali per scienza e industria

Diversamente dai modelli generalisti come ChatGPT, K2 Think non è stato progettato per la conversazione quotidiana. Il suo obiettivo è supportare applicazioni verticali ad alto contenuto scientifico, come la ricerca in matematica, le simulazioni cliniche o l’analisi di dati complessi. Richard Morton, direttore di MBZUAI, ha sottolineato come questo tipo di strumenti possa ridurre drasticamente i tempi e i costi della ricerca, democratizzando l’accesso a risorse cognitive che altrimenti richiederebbero anni e migliaia di ricercatori.

Opportunità e rischi di un approccio “lean”

Il messaggio di K2 Think è potente: “si può fare di più con meno”. Ma un approccio più leggero comporta rischi. Se da un lato abbassa i costi e amplia l’accesso, dall’altro resta da capire se sarà competitivo nel lungo termine rispetto ai modelli più grandi e versatili. Molto dipenderà dalla capacità degli Emirati di aggiornare e adattare costantemente il modello, evitando di rimanere schiacciati dall’evoluzione rapida dei giganti americani e cinesi.

La scommessa emiratina

Con K2 Think, Abu Dhabi invia un messaggio chiaro: non intende essere un semplice spettatore nella corsa all’intelligenza artificiale. La sua strategia è quella di costruire un ecosistema che unisca efficienza tecnologica, ambizione geopolitica e diversificazione economica. Se avrà successo, gli Emirati potrebbero ritagliarsi un ruolo da protagonisti nella nuova geografia dell’AI globale. Se fallirà, resterà comunque un esperimento che ha dimostrato una verità scomoda per i colossi: la forza non sta solo nella scala, ma nella capacità di innovare in modo mirato e strategico.

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