Il piano di Marc Murtra ridisegna la strategia del gruppo spagnolo: cessioni in America Latina, acquisizioni mirate in Europa e la sfida di trasformare un mercato frammentato in un ecosistema competitivo globale
Telefonica è arrivata a un tornante decisivo della sua storia centenaria. Dopo decenni trascorsi a costruire un impero tra Madrid e Buenos Aires, oggi la compagnia guidata da Marc Murtra sceglie di guardare al cuore dell’Europa, dove la frammentazione del mercato e le resistenze regolatorie rischiano di soffocare l’innovazione. La nuova scommessa passa da un atto di coraggio industriale: vendere gli asset latinoamericani, liberare risorse e tentare di costruire – con acquisizioni mirate e una visione politica – il primo vero gigante europeo delle telecomunicazioni. Una sfida che non riguarda solo Telefonica, ma l’autonomia tecnologica del continente.
Una nuova fase per un gigante storico
Telefonica è molto più di un operatore telefonico. Nata nel 1924 come compagnia pubblica spagnola, ha attraversato quasi un secolo di trasformazioni: dal monopolio alla liberalizzazione, dall’espansione in America Latina all’avvento del digitale. Oggi, dopo anni di erosione del valore in Borsa e di crescente pressione competitiva, l’azienda cerca una seconda vita. Marc Murtra, manager con un passato nel settore tecnologico e della difesa, è stato scelto per guidare una svolta che non riguarda soltanto l’azienda, ma l’intero settore europeo delle telecomunicazioni.
La sua idea è semplice nella formulazione, ma complessa nell’attuazione: concentrare risorse nei mercati considerati strategici – Spagna, Germania, Regno Unito e Brasile – e dismettere progressivamente gli asset in America Latina. In questo modo Telefonica punta a liberare capitale per scalare in Europa, sfidando una struttura di mercato che, a detta di molti analisti, ha raggiunto un punto di non ritorno.
Il peso della frammentazione europea
L’Europa è il continente con la maggiore frammentazione del settore. Nel 2024 erano attivi 41 operatori con più di mezzo milione di clienti ciascuno: un’anomalia se confrontata con Stati Uniti (5), Cina e Giappone (4 ciascuno), Corea del Sud (3). Questo mosaico di operatori locali, nato dalla volontà politica di preservare la concorrenza, ha garantito tariffe contenute ai consumatori, ma ha al tempo stesso ridotto la capacità di investimento.
Il risultato è un paradosso: mentre gli operatori americani e asiatici accumulano risorse da destinare a nuove tecnologie, quelli europei lottano per finanziare l’espansione delle reti in fibra, lo sviluppo del 5G e l’integrazione dei sistemi di intelligenza artificiale. Murtra sostiene che questo modello non è più sostenibile: “Se vogliamo davvero sovranità tecnologica, servono operatori titanici, in grado di competere su scala globale. Altrimenti saremo solo consumatori di innovazione altrui.”
La leva delle cessioni latinoamericane
Il cuore finanziario della strategia è la dismissione degli asset latinoamericani. Telefonica ha già siglato accordi per vendere le attività in Argentina e Uruguay, mentre sono in corso valutazioni su Cile, Messico ed Ecuador. L’operazione, secondo le stime di Kepler, potrebbe generare fino a 3,6 miliardi di euro da destinare a fusioni e acquisizioni in Europa.
Questa scelta segna un cambio di paradigma. L’America Latina è stata per decenni il motore della crescita internazionale di Telefonica, una sorta di “seconda casa” costruita sulla comune lingua e su legami culturali e politici profondi. Oggi, però, quei mercati appaiono sempre più esposti a instabilità macroeconomica, rischi normativi e volatilità valutaria. Puntare sull’Europa significa rinunciare a una parte importante dell’identità internazionale dell’azienda, ma anche allinearsi a una strategia più coerente con gli obiettivi di crescita e di consolidamento del continente.
Le possibili acquisizioni
La seconda gamba della strategia riguarda la crescita per acquisizioni. Tra i target più discussi vi è Vodafone España, che consentirebbe a Telefonica di consolidare la propria posizione nel mercato domestico. In Germania l’attenzione si concentra su 1&1, operatore con una rete complementare a quella di Telefonica Deutschland. Nel Regno Unito, infine, si valuta un rafforzamento della joint venture Virgin Media O2 con Liberty Global, magari acquisendo la quota di minoranza del partner.
In Brasile, dove Telefonica è già fortemente radicata, la priorità non è tanto un’acquisizione, quanto il consolidamento dell’infrastruttura digitale, con l’obiettivo di trasformare il Paese in un hub strategico per i servizi tecnologici in America Latina.
La dimensione geopolitica
La partita non è solo industriale o finanziaria. Le telecomunicazioni sono ormai considerate un’infrastruttura critica al pari dell’energia o della difesa. Reti, data center, cavi sottomarini e satelliti sono asset che condizionano la sicurezza nazionale e la sovranità tecnologica di un continente.
Murtra è esplicito: se l’Europa non riuscirà a dotarsi di operatori di dimensioni comparabili a quelli americani e asiatici, il rischio è che servizi cruciali come cloud, intelligenza artificiale e cybersicurezza restino nelle mani di pochi colossi extraeuropei. In uno scenario segnato da tensioni geopolitiche e nuove linee di frattura globali, il tema non è più solo economico ma di sicurezza e autonomia strategica.
Un nuovo “patto sociale”
La proposta di Murtra ai regolatori è ambiziosa: consentire processi di consolidamento a condizione che gli operatori investano in settori strategici per l’Unione Europea. Non si tratta solo di reti mobili, ma di infrastrutture digitali più ampie: cybersecurity, intelligenza artificiale applicata alle telecomunicazioni, data center, satelliti. In altre parole, un “patto sociale” tra imprese e istituzioni, in cui il guadagno di scala degli operatori viene bilanciato da investimenti diretti nell’interesse collettivo.
La domanda resta aperta: fino a che punto le autorità europee saranno disposte a ridurre il numero di player nazionali per favorire la nascita di grandi campioni continentali? E, soprattutto, come vigilare perché le promesse di investimento non restino lettera morta, ma si traducano in un reale beneficio per cittadini e imprese?
Le sfide del mercato e della finanza
Telefonica non parte da una posizione di forza. Dal 2015 la capitalizzazione si è dimezzata e il titolo resta tra i più shortati d’Europa. Gli investitori restano scettici sulla capacità del gruppo di invertire la rotta e l’ipotesi di un aumento di capitale aleggia come un’ombra sulla strategia di Murtra. La priorità dichiarata è mantenere il rating investment grade, ma le acquisizioni di scala richiedono capitali ingenti: il bilanciamento tra prudenza finanziaria e ambizione industriale sarà decisivo.
Consolidamento: il prossimo passo per l’Europa
Gli analisti concordano: il prossimo biennio sarà cruciale. In una prima fase, il consolidamento avverrà probabilmente all’interno dei singoli mercati nazionali, dove spesso operano quattro o più player. Successivamente, si potrebbe aprire la stagione delle aggregazioni transfrontaliere, che ridisegnerebbe la mappa delle telecomunicazioni europee. Telefonica, con il suo nuovo corso, potrebbe innescare una reazione a catena che coinvolga altri incumbent come Deutsche Telekom, Orange e BT.
Il futuro dell’Europa digitale
La posta in gioco va oltre Telefonica. La domanda centrale è se l’Europa riuscirà a costruire i propri campioni industriali in grado di sostenere l’innovazione e la sicurezza del continente. Se i regolatori accoglieranno la sfida, il settore delle telecomunicazioni potrebbe diventare il banco di prova di una nuova politica industriale europea. Se, invece, prevarrà la logica della frammentazione, l’Europa rischia di restare un cliente nelle mani di colossi tecnologici extraeuropei.
Telefonica, nel bene o nel male, ha deciso di giocare questa partita. E dall’esito di questa scommessa dipenderà non solo il suo futuro, ma anche quello dell’Europa digitale.