AI sotto processo: Musk accusa Apple e OpenAI di monopolio

RedazioneRedazione
| 26/08/2025
AI sotto processo: Musk accusa Apple e OpenAI di monopolio

Il tribunale del Texas diventa il nuovo campo di battaglia della Silicon Valley. xAI denuncia un accordo esclusivo tra Cupertino e ChatGPT: in gioco non c’è solo Grok, ma il futuro della concorrenza nell’intelligenza artificiale globale.

Una causa che segna un punto di svolta

La battaglia legale aperta da Elon Musk in Texas contro Apple e OpenAI non è un semplice contenzioso commerciale. È un vero banco di prova per il modo in cui la giustizia americana intende affrontare la concentrazione di potere nel settore tecnologico più strategico del XXI secolo: l’intelligenza artificiale. La denuncia di xAI e X – due delle aziende controllate da Musk – parte dall’accusa che i due giganti abbiano stretto un’alleanza esclusiva, capace di soffocare la concorrenza sia nel mercato degli smartphone che in quello dei chatbot generativi. Nel cuore della causa c’è una domanda cruciale: fino a che punto è lecito integrare tecnologie complementari quando il risultato finale rischia di consolidare monopoli e ridurre la libertà di scelta degli utenti?

Quote di mercato e dominio dei dati: la nuova materia prima

Il ricorso sottolinea un aspetto chiave: Apple controlla circa il 65% del mercato statunitense degli smartphone, mentre OpenAI detiene oltre l’80% del mercato dei chatbot generativi con ChatGPT. Se a queste percentuali si aggiunge l’integrazione nativa di ChatGPT all’interno di iOS – in particolare con Siri e con le funzioni base dell’iPhone – l’effetto combinato diventa dirompente. Non si tratta solo di market share, ma soprattutto di dati: miliardi di prompt generati dagli utenti Apple confluiscono su una singola piattaforma, rafforzando la capacità di apprendimento di ChatGPT e lasciando fuori i rivali. In un’economia digitale basata su dati e reti, la concentrazione di input rappresenta un vantaggio competitivo difficilmente scalzabile. Qui si colloca il cuore dell’accusa: Apple e OpenAI, insieme, avrebbero costruito una barriera d’ingresso che rischia di marginalizzare competitor come Grok di xAI.

L’App Store come campo di battaglia

Un altro fronte centrale riguarda l’App Store, definito da molti osservatori come “il cancello d’ingresso all’economia mobile”. Secondo la causa, Apple avrebbe manipolato le classifiche favorendo ChatGPT e ritardando gli aggiornamenti dell’app Grok, privandola di visibilità e rallentandone la scalabilità. È un’accusa che richiama direttamente le indagini già avviate dalla Commissione Europea e dal Dipartimento di Giustizia americano sulle pratiche esclusive di Apple. Se confermata, questa condotta non solo indebolirebbe la narrazione di Apple come “abilitatore di innovazione”, ma rilancerebbe il tema del controllo monopolistico delle piattaforme digitali. In prospettiva giuridica, il caso potrebbe definire nuovi standard sull’obbligo di neutralità delle infrastrutture digitali che gestiscono la distribuzione delle applicazioni.

Musk e OpenAI: da cofondatori a rivali

La dimensione personale di questa vicenda non va sottovalutata. Elon Musk è stato tra i fondatori di OpenAI, prima di lasciarla nel 2018 per divergenze strategiche e filosofiche. Da allora, il miliardario non ha perso occasione per criticare la trasformazione di OpenAI da fondazione non profit a società for-profit con forti legami con Microsoft. La nuova causa, dunque, non è solo una sfida commerciale, ma anche l’ultimo capitolo di una rivalità alimentata da visioni opposte sull’AI: da una parte, l’approccio centralizzato e commerciale di OpenAI; dall’altra, la retorica di Musk che presenta Grok come un’alternativa “più aperta e meno controllata”. Questo scontro personale aggiunge una dimensione narrativa che amplifica l’impatto mediatico della vicenda, trasformandola in una sorta di “guerra dei mondi” dell’intelligenza artificiale.

Impatti industriali e intrecci geopolitici

Oltre al piano legale, la causa apre scenari complessi sul fronte industriale e geopolitico. Grok, lanciato da xAI, è già integrato nei sistemi Tesla e potrebbe diventare il cuore di una futura piattaforma AI multi-dispositivo, con sinergie che vanno dalle auto connesse ai social media fino alla robotica. La scelta di attaccare Apple e OpenAI potrebbe dunque avere una funzione strategica: rallentare i competitor mentre xAI accelera la propria crescita. A livello geopolitico, invece, la causa si inserisce in un momento in cui Stati Uniti ed Europa stanno rivedendo le regole antitrust per i big tech e la Cina sta spingendo le proprie aziende nazionali nell’arena globale dell’AI. Una decisione favorevole a Musk avrebbe implicazioni ben oltre i confini americani, fornendo ai regolatori di Bruxelles e Pechino nuovi argomenti per contenere il potere delle piattaforme occidentali.

Antitrust e AI: un laboratorio giuridico per il futuro

La causa in Texas potrebbe diventare il primo grande “case study” di antitrust applicato all’intelligenza artificiale. Tradizionalmente, le cause di questo tipo hanno riguardato software, hardware o servizi online; oggi il focus si sposta su algoritmi e dati, elementi intangibili, ma centrali per il potere economico. Se i giudici riconosceranno che l’accordo Apple-OpenAI configura una barriera anticoncorrenziale, si aprirà la strada a una nuova stagione di regolazione che potrebbe imporre limiti anche a partnership considerate “tecnicamente virtuose”. Il rischio, per le aziende, è che sinergie industriali legittime vengano reinterpretate come abusi di posizione dominante. La posta in gioco, dunque, non riguarda solo i miliardi chiesti da Musk, ma l’intero equilibrio tra innovazione, concorrenza e regolazione.

Un processo destinato a fare scuola

Il contenzioso tra xAI, Apple e OpenAI non è un episodio isolato, ma il riflesso di un momento di transizione. L’intelligenza artificiale sta diventando la nuova infrastruttura critica dell’economia digitale, al pari di internet negli anni Novanta e degli smartphone negli anni Duemila. Definire chi può controllarla, come distribuirla e con quali regole non è solo un tema di diritto della concorrenza, ma una questione politica e industriale globale. Se Musk riuscirà a dimostrare le proprie accuse, potremmo assistere a un ridisegno dei rapporti di forza tra i colossi del tech e i nuovi player emergenti. In ogni caso, il processo texano rappresenta già oggi un laboratorio per il futuro: il luogo in cui si deciderà non soltanto la sorte di Grok o di ChatGPT, ma la cornice entro cui l’AI plasmerà la società e i mercati nei prossimi decenni.

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