Equilibrismi asiatici: la Corea del Sud tra l’abbraccio americano e il richiamo cinese

RedazioneRedazione
| 25/08/2025
Equilibrismi asiatici: la Corea del Sud tra l’abbraccio americano e il richiamo cinese

Mentre il presidente Lee Jae Myung vola a Washington per rafforzare l’alleanza con Trump, Seoul invia a Pechino un emissario speciale per riaprire il dialogo con Xi Jinping. Tra diplomazia economica e nodi di sicurezza, la Corea del Sud prova a non restare schiacciata nella competizione globale.

Diplomazia pragmatica in un equilibrio fragile

Il viaggio della delegazione sudcoreana guidata da Park Byeong-seug a Pechino non è stato un semplice gesto cerimoniale. È il segnale che la Corea del Sud sta cercando di ricalibrare i propri rapporti con la Cina in un momento in cui la politica estera del Paese è segnata da tensioni incrociate. Il presidente Lee Jae Myung, recatosi a Washington per incontrare Donald Trump, ha scelto di inviare contemporaneamente una missione diplomatica in Cina, una mossa che riflette chiaramente l’urgenza di mantenere aperti entrambi i canali. Seoul non può permettersi di ridurre il proprio spazio di manovra tra le due superpotenze: la sua sopravvivenza economica e la sua sicurezza nazionale dipendono dalla capacità di giocare su più tavoli.

La geopolitica dei doppi binari

L’alleanza con gli Stati Uniti rimane il pilastro della difesa sudcoreana, soprattutto di fronte alla minaccia costante rappresentata dalla Corea del Nord. Eppure, l’interscambio commerciale con la Cina supera quello con qualsiasi altro Paese e costituisce un elemento imprescindibile per la stabilità economica di Seoul. Questa tensione tra sicurezza militare e integrazione economica è il cuore della strategia sudcoreana: un equilibrio instabile che espone il Paese al rischio di pressioni incrociate. La visita a Pechino, dunque, non è solo un atto diplomatico, ma un tentativo di ridefinire i margini di autonomia strategica di fronte a un’Asia orientale che si sta rapidamente polarizzando.

Economia e catene di approvvigionamento: il nuovo terreno di confronto

Se il linguaggio della diplomazia parla di “amicizia” e “cooperazione”, quello dell’economia racconta una realtà più concreta. Corea del Sud e Cina hanno discusso della necessità di rafforzare la cooperazione nelle catene di fornitura, un tema che è diventato centrale dopo la pandemia e le interruzioni dovute alle tensioni geopolitiche. La Corea del Sud, hub mondiale dei semiconduttori, dipende ancora in modo significativo dal mercato cinese per componenti, materie prime e sbocchi commerciali. Allo stesso tempo, la Cina ha interesse a preservare l’accesso a tecnologie avanzate in un momento in cui Washington spinge per limitare le esportazioni verso Pechino. La cooperazione sulle supply chain, quindi, non è solo un progetto economico, ma un punto critico in cui si intrecciano interessi commerciali, tecnologici e di sicurezza nazionale.

La gestione delle divergenze e il ricordo del THAAD

La disponibilità mostrata dal ministro degli Esteri cinese Wang Yi va letta alla luce delle tensioni passate. L’installazione del sistema missilistico THAAD nel 2017 da parte di Seoul, con l’appoggio degli Stati Uniti, provocò una durissima reazione da parte di Pechino, che rispose con ritorsioni economiche e restrizioni commerciali. Quell’episodio è rimasto una ferita aperta nella memoria collettiva dei due Paesi e continua a condizionare la percezione reciproca. Parlare oggi di “gestione delle sensibilità” significa affrontare proprio queste fragilità strutturali: la Corea del Sud deve dimostrare di poter dialogare con la Cina senza rinunciare alla protezione americana, mentre Pechino intende verificare fino a che punto Seoul sia disposta a mantenere una posizione autonoma.

La Cina tra diplomazia economica e pressione strategica

Per la Cina, normalizzare i rapporti con Seoul significa molto più che rafforzare un partner economico. È un tassello della strategia più ampia di indebolire la presa americana sull’Asia orientale. Offrire cooperazione economica e opportunità commerciali rappresenta, per Pechino, una forma di soft power mirata: rendere più costoso per la Corea del Sud un allineamento totale con Washington. In altre parole, Pechino utilizza l’arma della diplomazia economica per costruire un’alternativa attrattiva al modello statunitense, mettendo Seoul di fronte a una scelta difficile: seguire l’ombrello di sicurezza americano o preservare i legami economici con il vicino più potente.

Un contesto internazionale in rapido mutamento

La ricerca di una nuova intesa tra Corea del Sud e Cina non può essere letta isolatamente. Si inserisce in un quadro globale in cui le catene di valore stanno cambiando, la frammentazione geopolitica si accentua e la logica dei blocchi torna a dominare. La guerra in Ucraina, la competizione tecnologica tra Stati Uniti e Cina e l’incertezza sui mercati delle risorse strategiche spingono Paesi come la Corea del Sud a rafforzare la propria resilienza. In questo senso, la mossa di Seoul appare come un tentativo di navigare tra le onde di un ordine internazionale sempre più instabile, evitando di cadere nella trappola di una dipendenza esclusiva da un solo partner.

Prospettive e interrogativi aperti

L’invito rivolto a Xi Jinping a partecipare al summit APEC in ottobre è un segnale di apertura multilaterale, ma resta da vedere se questa volontà politica si tradurrà in azioni concrete. Le divergenze di fondo – dalla sicurezza regionale alle restrizioni tecnologiche – sono profonde e difficili da superare. La vera sfida per Seoul sarà costruire una politica estera che riesca a bilanciare l’ombrello militare statunitense con l’integrazione economica regionale. Una sfida che non riguarda solo la Corea del Sud, ma che riflette la condizione di molti Paesi di medio peso nel nuovo ordine globale: costretti a navigare tra i giganti, cercando di evitare che la loro autonomia venga schiacciata.

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