Wizard of Oz at Sphere: AI, Hollywood e la nuova frontiera dell’intrattenimento immersivo

| 21/08/2025
Wizard of Oz at Sphere: AI, Hollywood e la nuova frontiera dell’intrattenimento immersivo

Dall’alleanza tra Warner Bros Discovery, Google DeepMind e Sphere Entertainment nasce a Las Vegas The Wizard of Oz at Sphere: un progetto che unisce intelligenza artificiale, cinema immersivo e innovazione tecnologica, ridefinendo il futuro di Hollywood e dell’industria dell’intrattenimento globale.

L’apertura di un’esperienza cinematografica senza precedenti

Il debutto di The Wizard of Oz at Sphere, previsto a Las Vegas il 28 agosto 2025, segna una trasformazione radicale nell’esperienza cinematografica. Per la prima volta, un classico del 1939 viene proiettato su una superficie LED di 160.000 metri quadrati, alta 22 piani, in grado di avvolgere quasi 18.000 spettatori. Non si tratta di una semplice rimasterizzazione, ma di un’operazione che combina cinema, intelligenza artificiale, effetti ambientali e realtà immersiva. Il tornado che trascina via la casa di Dorothy, grazie a ventilatori da 750 cavalli e proiezioni in 16K, non è più soltanto un’immagine sullo schermo, ma un’esperienza fisica collettiva. Questa spettacolarizzazione evidenzia un trend globale: l’intrattenimento non è più solo narrazione, ma coinvolgimento sensoriale totale.

Un investimento strategico tra industria culturale e tecnologia

Dietro l’evento si cela una delle più significative alleanze fra Hollywood e Big Tech. Warner Bros Discovery, Sphere Entertainment e Google DeepMind hanno mobilitato oltre 2.000 professionisti tra produttori, accademici, ingegneri e artisti visivi. L’investimento, stimato in centinaia di milioni di dollari, ha una duplice valenza: consolidare il valore di un’IP iconica come Il Mago di Oz e testare un modello scalabile di intrattenimento immersivo. In un mercato audiovisivo segnato dalla saturazione dello streaming e dalla crisi dei box office tradizionali, progetti come questo diventano laboratori di nuove fonti di ricavo, capaci di attirare capitali e partnership cross-industry.

Le implicazioni giuridiche e la tutela della proprietà intellettuale

L’aspetto legale è stato cruciale per il successo dell’operazione. Warner Bros Discovery ha imposto paletti netti: l’AI poteva essere addestrata sugli attori originali, ma i dati restavano proprietà esclusiva dello studio. Nulla sarebbe confluito nei modelli pubblici di Google. Questa clausola ha creato una “zona di quarantena” per l’AI, che consente l’innovazione senza sacrificare la sovranità sulla proprietà intellettuale. Il modello potrebbe diventare uno standard per future collaborazioni tra major e aziende tecnologiche, aprendo un dibattito più ampio su copyright, contratti e licenze nell’era della generative AI.

L’AI come strumento di restauro e non di sostituzione

Dal punto di vista tecnico, l’AI non è stata impiegata per alterare i personaggi o creare versioni alternative, ma per preservare e amplificare la qualità dell’opera originale. I fotogrammi in celluloide del 1939 sono stati convertiti in immagini ultra-HD, restituendo dettagli perduti dal Technicolor: le lentiggini sul volto di Judy Garland, le fibre del costume dello Spaventapasseri, la grana del metallo del Boscaiolo di Latta. L’uso dell’outpainting ha consentito di adattare scene girate in formato ridotto a uno spazio immersivo, senza snaturarne la composizione. L’AI si è così configurata come strumento di valorizzazione culturale, piuttosto che di sostituzione creativa.

Il nodo sindacale e il futuro del lavoro creativo

Il progetto è nato in un clima di tensione a Hollywood, segnato dagli scioperi di sceneggiatori e attori contro l’uso indiscriminato dell’AI. Alcuni studi di effetti visivi hanno persino rifiutato di partecipare, vincolati da clausole contrattuali. Eppure, Wizard of Oz at Sphere dimostra che l’AI può convivere con il lavoro umano, se accompagnata da regole chiare. Non si tratta di rimpiazzare professionisti, ma di affiancarli, trasformando strumenti sperimentali in mezzi di potenziamento artistico. Per Hollywood, la sfida è duplice: rassicurare i lavoratori sulla centralità della creatività umana e, al tempo stesso, garantire agli investitori che l’innovazione può generare nuove forme di valore.

L’intrattenimento immersivo come nuovo mercato globale

Con biglietti a partire da 104 dollari e una capacità di 18.000 posti, lo spettacolo si posiziona come un nuovo segmento industriale, a metà fra cinema, teatro e realtà virtuale. La logica è quella del premium experience market: offrire non un film, ma un evento culturale irripetibile, in grado di giustificare prezzi elevati e di attrarre turismo internazionale. Se replicato su altre IP, questo modello potrebbe costituire una nuova industria parallela all’audiovisivo tradizionale, capace di generare miliardi in ricavi accessori (merchandising, diritti secondari, licensing tecnologico).

Soft power e geopolitica culturale

Il progetto assume anche una valenza geopolitica. Gli Stati Uniti riaffermano il loro primato nell’intrattenimento globale, integrando AI, arte e infrastrutture di avanguardia. In un momento in cui Paesi come la Cina e gli Emirati Arabi stanno investendo massicciamente in complessi immersivi e realtà aumentata, The Wizard of Oz at Sphere si configura come un atto di soft power culturale. Non solo spettacolo, dunque, ma dimostrazione di leadership tecnologica ed estetica. Nel lungo termine, assisteremo a una competizione internazionale per la supremazia nell’industria dell’esperienza.

L’eredità di un classico e il futuro del cinema

La scelta di partire proprio da Il Mago di Oz non è casuale. Il film, già nel 1939, rappresentò una rivoluzione tecnica con l’uso del Technicolor. Riportarlo oggi in un contesto di avanguardia significa riconoscerne la natura di “pietra miliare tecnologica” e proiettarla nel futuro. L’operazione diventa così un ponte tra due epoche: quella in cui il cinema sperimentava con il colore e quella in cui l’AI ridefinisce i confini della narrazione visiva. In questa prospettiva, Wizard of Oz at Sphere non è solo intrattenimento, ma un manifesto sul destino del cinema: sopravvivere reinventandosi.

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