Google e la stretta del Digital Markets Act: l’Europa alza il livello dello scontro con Big Tech

RedazioneRedazione
| 20/08/2025
Google e la stretta del Digital Markets Act: l’Europa alza il livello dello scontro con Big Tech

Tra antitrust, geopolitica e futuro dell’innovazione digitale: come il caso Google può ridisegnare gli equilibri globali.

Il Digital Markets Act come spartiacque regolatorio

Il Digital Markets Act (DMA) rappresenta uno dei più ambiziosi tentativi dell’Unione Europea di riequilibrare i rapporti di forza tra le grandi piattaforme tecnologiche e il mercato. Non si tratta più soltanto di multare comportamenti scorretti a posteriori – come avveniva con le tradizionali norme antitrust – ma di introdurre regole preventive, capaci di ridurre fin da subito i rischi di abuso di posizione dominante.
Google è tra i principali “gatekeeper” designati dal DMA, ossia quelle piattaforme considerate talmente pervasive da avere un impatto sistemico sull’economia digitale. Ed è proprio in questo quadro che l’UE accusa il colosso di Mountain View di ostacolare la libertà degli sviluppatori e di orientare in maniera distorsiva i consumatori.

Le accuse contro Google e il cuore della disputa

Secondo la Commissione Europea, Alphabet avrebbe limitato gli sviluppatori di app dal poter segnalare offerte alternative al di fuori del Play Store, imponendo vincoli che avrebbero ridotto la concorrenza e mantenuto alto il costo di acquisizione dei clienti.
Inoltre, i regolatori puntano il dito contro la pratica di favorire i propri servizi verticali – come Google Flights o Google Hotels – nei risultati di ricerca, relegando i concorrenti a posizioni meno visibili e dunque meno competitive. Un comportamento che, secondo Bruxelles, viola la logica del DMA, la cui finalità è proprio quella di impedire che i gatekeeper usino la loro posizione privilegiata per schiacciare la concorrenza.

Le contromisure di Google e i nodi sulla sicurezza

In risposta, Google ha annunciato modifiche al proprio External Offers Program, introducendo nuove condizioni che consentono agli sviluppatori di proporre ai clienti canali alternativi con commissioni riviste e maggiore flessibilità.
Nonostante ciò, l’azienda ha sollevato un punto cruciale: aprire troppo potrebbe compromettere la sicurezza dell’ecosistema Android, esponendo gli utenti a contenuti potenzialmente dannosi e riducendo la qualità dell’esperienza. Questo argomento richiama una tensione di fondo che attraversa tutto il dibattito tecnologico: dove tracciare il confine tra libertà di mercato e tutela del consumatore?

Un passato costellato di sanzioni miliardarie

Non è la prima volta che Google si trova di fronte a Bruxelles. Dal 2017 a oggi, la società ha ricevuto oltre 8 miliardi di euro in multe, legate a pratiche anticoncorrenziali su pubblicità online, shopping comparativo e sistema Android. Questi precedenti alimentano la percezione di un rapporto conflittuale strutturale tra l’UE e la Big Tech americana, dove ogni nuova inchiesta diventa un tassello di un mosaico più ampio di regolazione e potere.
Se confermate, le accuse odierne potrebbero portare a una multa fino al 10% del fatturato globale di Alphabet: oltre 25 miliardi di dollari, una cifra che, al di là dell’impatto finanziario, rappresenterebbe un segnale politico potentissimo.

Le implicazioni economiche e industriali

Il caso non riguarda soltanto Google. L’applicazione del DMA potrebbe infatti cambiare radicalmente i modelli di business delle piattaforme digitali in Europa. Per gli sviluppatori, significherebbe minori barriere di accesso, nuove opportunità di monetizzazione e un aumento della competitività.
Per gli investitori e i mercati finanziari, invece, le incertezze normative potrebbero tradursi in una maggiore volatilità per i titoli tech, soprattutto considerando che l’Europa rappresenta uno dei mercati più regolamentati ma anche più redditizi per i colossi della Silicon Valley.

La dimensione geopolitica della regolazione digitale

Il DMA non è solo un dispositivo giuridico: è un atto politico e geopolitico. L’Unione Europea vuole dimostrare di poter giocare un ruolo attivo nello stabilire le regole del gioco digitale, in un contesto dominato da Stati Uniti e Cina. Limitare il potere delle Big Tech americane – Google, Meta, Amazon, Apple – significa creare spazio per nuovi player europei e rafforzare la sovranità tecnologica del continente.
Se il modello europeo dovesse affermarsi, non è escluso che altre giurisdizioni – dall’India all’Australia fino agli stessi Stati Uniti – possano replicare le regole del DMA, trasformando l’UE in un laboratorio normativo globale.

Uno scenario aperto e in evoluzione

Il caso Google-DMA è soltanto all’inizio, ma avrà conseguenze di lungo periodo. Se la Commissione europea riuscirà a imporre le proprie regole, il rapporto tra innovazione tecnologica, concorrenza e politica industriale potrebbe cambiare in modo irreversibile. Per le aziende digitali, il futuro si gioca non soltanto sul terreno dell’innovazione tecnologica, ma anche sulla capacità di navigare in un ecosistema normativo sempre più complesso e interconnesso.

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