Rivoluzione nei fondi pensione USA: private equity, immobili e crypto entrano nei 401(k)

| 10/08/2025
Rivoluzione nei fondi pensione USA: private equity, immobili e crypto entrano nei 401(k)

Nuove regole aprono i piani pensionistici statunitensi agli asset alternativi: opportunità di rendimento e diversificazione, ma con sfide normative, rischi di liquidità e complessità di governance.

Con un Executive Order, la Casa Bianca ha incaricato il Department of Labor (DOL) e la Securities and Exchange Commission (SEC) di predisporre un quadro regolatorio chiaro e uniforme per consentire ai piani pensionistici 401(k) di includere, in misura controllata, asset alternativi come private equity, private credit, real estate non quotato, infrastrutture e persino fondi specializzati in digital assets.

Davvero possibile portare i private asset nei 401(k)?

Questa mossa non apre immediatamente la porta a tali investimenti in tutti i piani: non modifica da sola l’offerta attuale dei menu di investimento disponibili ai lavoratori. Piuttosto, rappresenta un mandato operativo alle autorità di vigilanza, chiamate ora a definire linee guida tecniche, criteri di ammissibilità e, se necessario, norme formali. L’intero processo passerà attraverso consultazioni pubbliche e valutazioni d’impatto, per garantire che la novità sia implementata in modo coerente con le tutele previste dall’Employee Retirement Income Security Act (ERISA).

Per i piani a contribuzione definita, il cambiamento è sostanziale: si passa da una situazione in cui l’accesso a questi strumenti era possibile solo in casi eccezionali e con strutture complesse a un futuro in cui la loro presenza potrà essere standardizzata, replicabile e regolamentata, offrendo così ai lavoratori opportunità di diversificazione finora riservate quasi esclusivamente agli investitori istituzionali.

Ridefinire la diversificazione nei portafogli pensionistici

L’ingresso degli asset alternativi nei piani 401(k) ha l’obiettivo di ampliare le possibilità di investimento, superando i limiti del tradizionale modello “60/40” — cioè il mix standard di azioni e obbligazioni — e introducendo strumenti capaci di offrire rendimenti potenzialmente superiori in cambio di una maggiore illiquidità. In concreto, ciò avverrà soprattutto attraverso veicoli di investimento già consolidati nei piani pensionistici, come i target date funds, i fondi a rischio predefinito (target risk), i conti gestiti individualmente (managed accounts) e i Collective Investment Trusts (CITs).

Una evoluzione che non parte da zero

Questa evoluzione non parte da zero. Già nel 2020, il Department of Labor (DOL) aveva pubblicato una Information Letter che apriva alla possibilità di includere il private equity in modo indiretto, cioè come componente all’interno di fondi multi-asset gestiti professionalmente. Tuttavia, tale apertura era accompagnata da rigidi requisiti di due diligence e da valutazioni preventive sull’adeguatezza dell’investimento per il profilo medio dei partecipanti.

Standardizzare le misure di salvaguardia

L’ordine esecutivo si colloca su questa stessa traiettoria, ma ne amplia la portata: incarica le autorità di regolamentazione di standardizzare le misure di salvaguardia. Tra queste, potrebbero rientrare limiti chiari alla quota di portafoglio investibile in asset alternativi, regole trasparenti per la valutazione delle partecipazioni e delle commissioni e controlli strutturati per gestire i rischi legati alla scarsa liquidità di questi strumenti. L’obiettivo finale è rendere questa diversificazione accessibile, comprensibile e sostenibile per i partecipanti, garantendo al contempo che la maggiore complessità non comprometta la sicurezza del capitale previdenziale.

Burocrazia, fiduciaria e tutela dell’investitore

Il cuore della questione resta la responsabilità fiduciaria che grava sui gestori dei piani 401(k). La normativa statunitense, in particolare l’Employee Retirement Income Security Act (ERISA), impone ai fiduciari tre obblighi fondamentali: prudenza (agire con la competenza e l’attenzione di un gestore professionale), lealtà (operare nell’esclusivo interesse dei partecipanti) e monitoraggio costante delle scelte di investimento e delle performance dei fornitori di servizi.

L’Executive Order del 2025 non elimina questi vincoli e non crea “zone franche” dove le regole siano sospese. Al contrario, chiede a Department of Labor (DOL) e Securities and Exchange Commission (SEC) di definire safe harbor operativi: cioè contesti e procedure in cui l’inclusione di asset alternativi — come private equity, private credit, real estate non quotato o fondi in criptovalute — sia effettuata con criteri verificabili, proporzioni adeguate e valutazioni documentate.

Il DOL e il suo approccio altalenante

La storia recente dimostra come il DOL abbia avuto un approccio altalenante. Nel 2022, ad esempio, aveva pubblicato la controversa guida “Crypto 2022-01”, che scoraggiava fortemente l’esposizione alle criptovalute nei piani pensionistici, citando rischi di volatilità e custodia. Questa linea è stata ritirata nel 2025, aprendo a un atteggiamento più “neutrale”: nessun divieto, ma neanche un’approvazione implicita. In pratica, il DOL oggi chiede ai fiduciari di effettuare analisi rigorose su ogni aspetto dell’investimento, dalla politica di allocazione alla governance dei veicoli, dalla selezione e monitoraggio dei gestori alla trasparenza su valutazioni (NAV), costi e profilo di rischio complessivo.

Questo significa che, anche con il nuovo quadro normativo, i fiduciari dovranno dimostrare in modo tracciabile che ogni decisione è stata presa nell’interesse dei partecipanti, con procedure solide e dati concreti a supporto.

I rischi nell’ombra: liquidità, costi e trasparenza

Gli asset alternativi possono offrire opportunità di rendimento e diversificazione, ma comportano rischi e complessità che li distinguono nettamente dagli investimenti tradizionali quotati in borsa. Il primo ostacolo è la liquidità: private equity, private credit o real estate non quotato non possono essere comprati e venduti con la stessa rapidità delle azioni o delle obbligazioni. Per questo, nei piani 401(k) sarà necessario prevedere finestre di riscatto programmate, meccanismi per prevenire la diluizione dei partecipanti (ad esempio in caso di ingressi e uscite non bilanciate) e politiche di valutazione indipendenti, così da evitare conflitti di interesse e garantire prezzi equi.

Il tema dei costi

A ciò si aggiunge il tema dei costi: le commissioni di gestione e le “performance fee” degli asset alternativi sono spesso più elevate rispetto ai fondi tradizionali e possono incidere in modo significativo sui rendimenti netti per i partecipanti. La trasparenza diventa quindi cruciale: è fondamentale che gli sponsor e i fiduciari espongano chiaramente struttura dei costi, criteri di valutazione e potenziali rischi.

I digital asset

Il discorso si complica ulteriormente quando si parla di digital asset, come criptovalute o token infrastrutturali. Qui entrano in gioco la volatilità estrema, le problematiche di custodia sicura (operational risk) e la necessità di comprendere bene come l’asset si inserisca nel portafoglio: dimensione dell’esposizione, ruolo strategico nell’asset allocation, adeguatezza per un contesto previdenziale (“401(k)-ready”). In questo ambito, sarà essenziale una disclosure accurata su meccanismi di tracciamento, struttura di mercato e commissioni applicate.

In definitiva, i fiduciari che intendono introdurre asset alternativi nei 401(k) dovranno giustificare con dati e documentazione ogni decisione, dimostrando di aver valutato scenari di stress, costi effettivi e impatto sui partecipanti. Processi chiari, policy trasparenti e un monitoraggio continuo non eliminano del tutto il rischio, ma ne riducono sensibilmente l’esposizione e abbassano le probabilità di contenzioso.

Opportunità industriali e tecnologiche emergenti

Dal lato dell’offerta, il mercato si sta già preparando a sfruttare il potenziale di questa apertura normativa. Asset manager e recordkeeper stanno sviluppando veicoli di investimento come i Collective Investment Trusts (CIT) e i Target Date Funds (TDF) dotati di “sleeve” private, ossia porzioni dedicate ad asset alternativi, integrati con sofisticati sistemi di gestione della liquidità. Questi sistemi possono includere mercati secondari per lo scambio di quote, linee di credito a breve termine e porzioni di portafoglio allocate in strumenti liquidi (cash sleeves) per fronteggiare eventuali richieste di rimborso senza intaccare gli investimenti a lungo termine.

Si prevede, inoltre, una forte accelerazione nell’adozione di valutazioni indipendenti e di piattaforme digitali avanzate in grado di offrire un “look-through” dettagliato sui sottostanti, garantendo così agli sponsor dei piani e ai partecipanti una visione chiara e aggiornata della composizione e dello stato dell’investimento. In questo scenario, la reportistica quasi in tempo reale (T+0 o T+1) sui flussi di cassa e sulle metriche di rischio diventerà uno standard competitivo, riducendo opacità e tempi di reazione.

Il vero salto qualitativo: la standardizzazione

I principali fornitori di servizi stanno già delineando roadmap di prodotto pronte a essere implementate non appena Department of Labor e SEC forniranno la guidance definitiva. Il vero salto qualitativo, però, avverrà con la standardizzazione: maggiore comparabilità tra prodotti, processi di auditing uniformi e una struttura di commissioni allineata alle logiche dell’universo DC (Defined Contribution), così da rendere gli alternativi un’opzione sostenibile non solo per grandi piani aziendali, ma anche per realtà di dimensioni medio-piccole.

Cosa dovranno fare concretamente sponsor e comitati investimento

Per integrare in modo sicuro e conforme asset alternativi nei piani 401(k), sponsor aziendali e comitati di investimento dovranno affrontare una serie di passaggi strutturati.

  1. Aggiornare l’Investment Policy Statement (IPS) e il framework di due diligence, includendo procedure chiare per la governance del piano, criteri di selezione dei gestori, definizione di benchmark rischio-rendimento e policy di valutazione indipendente degli asset. Questi documenti saranno la base per dimostrare coerenza e trasparenza delle decisioni.
  2. Definire limiti di allocazione e strategie di gestione della liquidità: stabilire soglie massime di esposizione a ciascuna tipologia di asset alternativo e prevedere strumenti, come cash sleeves o linee di credito, per far fronte a richieste di riscatto senza compromettere gli investimenti a lungo termine.
  3. Selezionare la struttura veicolare più adatta tra Target Date Funds (TDF), Collective Investment Trusts (CIT) o Managed Accounts, in funzione della demografia e delle esigenze specifiche del piano. La scelta dovrà considerare fattori come età media dei partecipanti, orizzonte temporale e propensione al rischio.
  4. Implementare programmi di education e disclosure: fornire ai partecipanti informazioni comprensibili e dettagliate sugli asset alternativi, sui relativi rischi e potenziali benefici, garantendo che le decisioni di investimento siano prese con piena consapevolezza.
  5. Istituire un sistema di monitoraggio con KPI chiari su costi, performance, incidenti operativi e compliance. Questo consente di valutare in tempo reale l’efficacia delle scelte e intervenire rapidamente in caso di criticità.

Se ben eseguiti, questi passaggi avvicineranno i piani 401(k) agli standard di diversificazione e governance tipici dei migliori piani a benefici definiti (DB), preservando al contempo la tracciabilità decisionale e gli obblighi di prudenza previsti dall’ERISA.

Impatti geopolitici, finanziamento dell’innovazione e normativa industriale

L’apertura dei piani 401(k) agli asset alternativi può trasformarsi in una leva strategica non solo per i mercati finanziari, ma per l’intera politica industriale statunitense. La possibilità di convogliare parte del risparmio previdenziale verso settori chiave — come infrastrutture critiche, energia rinnovabile, manifattura avanzata, semiconduttori e tecnologie deep tech — offre un canale stabile di finanziamento a lungo termine per progetti ad alto impatto strategico. Questi investimenti possono sostenere le priorità di Washington in ambiti quali il reshoring produttivo, la sicurezza delle catene di fornitura e lo sviluppo di tecnologie in linea con gli obiettivi net-zero.

Parallelamente, l’ingresso — seppure con cautela — di crypto asset e strumenti digitali nei portafogli a contribuzione definita spinge verso una più solida armonizzazione regolatoria. Temi come la custodia sicura degli asset, l’applicazione rigorosa delle norme AML/KYC e la tutela dell’integrità dei mercati (market integrity) diventano prioritari per evitare rischi sistemici e garantire la fiducia degli investitori.

Il messaggio che questa riforma invia ai mercati globali è duplice: da un lato, un chiaro segnale di diversificazione intelligente del risparmio, dall’altro un rafforzamento del canale domestico di finanziamento all’innovazione. Ciò potrebbe incidere sugli equilibri competitivi globali, in particolare nei confronti di Europa e Asia, attirando negli Stati Uniti una quota maggiore di capitale “paziente” — ossia risorse disponibili a sostenere progetti innovativi con orizzonte temporale lungo e tolleranza al rischio più elevata rispetto ai mercati tradizionali.

    Un cambio strutturale per la previdenza complementare

    L’apertura dei piani 401(k) agli asset alternativi non rappresenta una liberalizzazione indiscriminata, ma un cambio strutturale nel modo in cui la previdenza complementare può allocare i propri capitali. Significa ampliare la gamma di strumenti disponibili, definire regole operative più trasparenti e mantenere intatta la responsabilità fiduciaria di sponsor e gestori, che restano tenuti agli stessi standard di prudenza e tutela previsti dall’ERISA.

    Il vero banco di prova sarà la capacità del Department of Labor e della SEC di tradurre l’Executive Order in linee guida chiare e applicabili. Se queste regole riusciranno a bilanciare in modo efficace innovazione e protezione degli investitori, i piani a contribuzione definita (DC) potranno accedere a premi di rendimento di lungo periodo senza compromettere la stabilità del sistema, grazie a meccanismi di gestione della liquidità, criteri di valutazione indipendenti e processi di trasparenza rafforzati.

    Il successo della riforma dipenderà da un fattore chiave: la capacità di implementare processi documentati, verificabili e replicabili che consentano di monitorare costantemente rischi, costi e benefici. Solo in questo modo l’apertura agli alternativi potrà diventare una leva strutturale non solo per migliorare i rendimenti previdenziali, ma anche per canalizzare capitali verso l’economia reale, sostenendo innovazione, crescita e competitività industriale.

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