Giudice USA ammette causa da 1 trilione di dollari contro Anthropic per violazione di copyright

RedazioneRedazione
| 28/07/2025
Giudice USA ammette causa da 1 trilione di dollari contro Anthropic per violazione di copyright

Una decisione della Corte federale in California apre un fronte legale epocale sull’uso non autorizzato di opere protette nei dataset per l’addestramento delle AI generative.

Il giudice federale William Alsup, presso la Corte distrettuale della California settentrionale, ha certificato una azione collettiva federale per violazione del copyright nei confronti della società di intelligenza artificiale Anthropic, autrice del modello linguistico Claude. La class action, avviata da tre autori — Andrea Bartz, Charles Graeber e Kirk Wallace Johnson — è ora formalmente estesa a milioni di scrittori statunitensi, i cui libri sarebbero stati utilizzati senza autorizzazione per l’addestramento di modelli di AI.

Secondo l’accusa, Anthropic avrebbe scaricato e archiviato copie pirata di milioni di opere letterarie dai repository LibGen e PiLiMi, tra il 2021 e il 2022, per alimentare il proprio motore linguistico. La certificazione legale trasforma un contenzioso privato in un potenziale precedente sistemico per il futuro della generative AI.

Il rischio di una responsabilità da 1 trilione di dollari

La certificazione della class action comporta implicazioni finanziarie straordinarie. Se una giuria dovesse concludere che Anthropic ha effettivamente violato intenzionalmente il copyright di ogni singola opera, le sanzioni statutarie previste dalla legge federale potrebbero raggiungere 150.000 dollari per titolo.

Il conto potenziale ammonterebbe a 1,05 trilioni di dollari, qualora venisse accertata la violazione di circa 7 milioni di opere protette — una cifra che supera il PIL annuale di molte nazioni e rappresenta, come osservato dal Los Angeles Times, una “minaccia esistenziale” per la società sostenuta da Amazon e Google (Alphabet). A oggi, Anthropic è valutata intorno ai 100 miliardi di dollari, con un fatturato annuo stimato in 3 miliardi.

Una sentenza salomonica sul fair use: sì all’addestramento, no all’archiviazione pirata

In un verdetto che alcuni osservatori legali definiscono “equilibrato, ma dirompente”, il giudice Alsup ha separato due profili giuridici distinti: da un lato, ha riconosciuto che l’addestramento dei modelli linguistici su testi protetti può, in determinate condizioni, rientrare nella dottrina del fair use, in quanto “altamente trasformativo”; dall’altro, ha stabilito che l’archiviazione permanente e organizzata di copie pirata in una biblioteca digitale interna costituisce una violazione piena e consapevole del copyright.

Alsup ha quindi ordinato ad Anthropic di consegnare entro il 1° agosto un elenco completo contenente titoli, autori, editori e codici ISBN delle opere archiviate. Parallelamente, gli autori querelanti dovranno presentare un inventario dettagliato delle opere presumibilmente coinvolte entro il 1° settembre.

Un contesto legale sempre più affollato

Il caso si inserisce in una crescente ondata di contenziosi sull’uso improprio di materiali protetti da copyright nei dataset di addestramento AI. Oltre a questa causa, Anthropic deve affrontare un’azione parallela da parte delle major discografiche, tra cui Universal Music Group, per il presunto uso illegittimo di testi musicali. Allo stesso tempo, cause simili sono in corso contro OpenAI, Microsoft e Meta, in un panorama giuridico in rapida evoluzione che mette in discussione l’intero modello operativo delle AI generative.

Questa proliferazione di azioni legali segna un punto di svolta: il principio secondo cui “tutto il web è addestrabile” si trova oggi sotto severo scrutinio giudiziario.

Profili geopolitici, industriali e di policy

La questione va ben oltre il diritto d’autore. Si colloca nel cuore del dibattito su governance dell’AI, proprietà intellettuale, sovranità digitale e protezione degli ecosistemi creativi. I modelli linguistici generativi, come Claude, ChatGPT o Gemini, sono ormai al centro della catena del valore dell’intelligenza artificiale, alimentando strumenti di scrittura automatica, assistenti vocali, motori di ricerca, piattaforme di customer service e tool creativi.

Il rischio di una responsabilità sistemica da trilioni di dollari ha implicazioni dirette su venture capital, politiche industriali e regolazione algoritmica. L’intervento della giustizia americana rappresenta anche una sfida geopolitica, in quanto modella le condizioni d’uso e commercializzazione delle AI negli Stati Uniti e nei Paesi che ne recepiranno i precedenti legali.

Reazioni e scenari futuri

Mary Rasenberger, CEO dell’Authors Guild, ha commentato positivamente la decisione: “Siamo grati, ma non sorpresi. È un passo atteso e cruciale per ristabilire un equilibrio tra innovazione e diritti d’autore.”

Anthropic, dal canto suo, ha rafforzato il proprio team legale con figure di spicco provenienti da Morrison Foerster e Wilmer Hale, tra cui l’avvocato Louis Tompros, noto per le sue difese in cause ad alto profilo nel campo della proprietà intellettuale.

Il processo è fissato per dicembre 2025, ma gli osservatori ritengono che i suoi effetti si faranno sentire ben oltre l’aula giudiziaria: è il primo vero stress test giuridico globale per l’ecosistema AI generativa.

Un punto di svolta nel rapporto tra AI e proprietà intellettuale

Il caso Bartz et al. v. Anthropic potrebbe diventare la causa del secolo per la tecnologia, fissando un precedente su ciò che le intelligenze artificiali possono (e non possono) fare con contenuti protetti. In gioco ci sono modelli economici, diritti degli autori, pratiche di business e responsabilità d’impresa.

Qualunque sarà il verdetto finale, è ormai chiaro che il tempo della sperimentazione “senza regole” per l’IA è finito. L’era della compliance algoritmica e dell’accountability legale è appena iniziata.

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