La produzione europea di etilene e propilene arretra mentre Cina, Medio Oriente e USA avanzano: in gioco ci sono sovranità industriale, sicurezza strategica e la sopravvivenza di un settore chiave dell’economia continentale.
L‘industria petrolchimica europea si trova in una fase di declino senza precedenti, sotto la pressione congiunta di impianti datati, costi produttivi elevati e un’espansione globale trainata dalla Cina. La produzione continentale di prodotti fondamentali come etilene e propilene — elementi chiave per plastica, farmaci e manufatti industriali — sta arretrando, rendendo l’Europa sempre più dipendente dalle importazioni.
Il cuore della crisi risiede in un modello industriale superato. Gli impianti europei, molti dei quali costruiti oltre quarant’anni fa, operano con margini sempre più ridotti e a tassi di utilizzo inferiori all’80%, soglia considerata antieconomica. I costi di produzione dell’etilene, ad esempio, superano gli 800 dollari a tonnellata se prodotti da nafta in Europa, contro meno di 400 dollari negli Stati Uniti (grazie all’etano da shale gas) e 200 dollari in Medio Oriente.
Reazioni politiche e misure tardive
La Commissione Europea ha promesso interventi a sostegno della produzione di sostanze strategiche, annunciando un’estensione degli aiuti di Stato per la modernizzazione degli impianti e la promozione del “made in Europe” negli appalti pubblici. Tuttavia, molti analisti ritengono queste misure tardive e insufficienti a invertire la tendenza.
Secondo un documento congiunto pubblicato da otto Stati membri, tra cui Francia, Italia e Spagna, entro il 2035 potrebbero chiudere diversi impianti di cracking con la perdita potenziale di 50.000 posti di lavoro. Il “Critical Chemicals Act”, auspicato da più governi, mira a contenere i rischi di dipendenza esterna, ma lo scarto competitivo rimane ampio.
Strategie industriali divergenti e consolidamento globale
Nel frattempo, i grandi attori internazionali stanno rivedendo le loro strategie europee. Eni, con la sua controllata Versalis, ha accumulato oltre 3 miliardi di euro di perdite in cinque anni e sta chiudendo gli ultimi due steam cracker italiani per investire 2 miliardi in bioraffinerie e riciclo chimico. ExxonMobil, Dow, TotalEnergies e Shell stanno ridimensionando la propria presenza nel continente.
In contrasto, INEOS ha avviato un progetto da 4 miliardi di euro per un nuovo impianto di cracking ad Anversa, il primo in Europa da trent’anni, con una capacità annuale di 1,45 milioni di tonnellate. L’obiettivo è competere con le produzioni asiatiche e statunitensi, riducendo al contempo l’impronta carbonica.
La concorrenza asiatica: Cina e oltre
Il vantaggio competitivo della Cina appare ormai consolidato. Secondo il China National Chemical Information Centre, tra il 2025 e il 2030 Pechino aumenterà la propria capacità produttiva di etilene del 6,5% annuo, arrivando a oltre 87 milioni di tonnellate, più del triplo rispetto all’intera capacità europea. Le aziende cinesi stanno anche costruendo hub di esportazione nel Sud-est asiatico per aggirare tariffe e tasse sul carbonio.
La Corea del Sud e il Giappone, invece, stanno mantenendo bassi tassi di utilizzo degli impianti, consapevoli dell’impossibilità di competere con i costi cinesi.
Scenari futuri e concentrazione del mercato
L’industria petrolchimica europea non è destinata a scomparire, ma a concentrarsi. Secondo Enzo Baglieri, docente di Operations and Technology Management alla SDA Bocconi, solo le grandi imprese in grado di determinare i prezzi continueranno a produrre in Europa.
Nel frattempo, la geopolitica delle materie prime si sta riorganizzando. In Medio Oriente, la fusione da 60 miliardi di dollari tra Abu Dhabi National Oil Company e l’austriaca OMV porterà alla nascita del gruppo Borouge, quarto produttore mondiale di poliolefine, pronto a competere in Europa con le multinazionali asiatiche e statunitensi.
Sovranità industriale e scelte strategiche
La sopravvivenza della chimica europea dipende ora da decisioni politiche coraggiose e investimenti mirati. Come ha dichiarato il Commissario UE all’Industria Stéphane Séjourné: “La sovranità comincia dai nostri cracker”. Ma la sovranità ha un prezzo: modernizzazione, competitività e visione industriale a lungo termine, in un contesto sempre più globale, tecnologico e competitivo.