La partecipazione saudita si allontana. BAE Systems: «La finestra di ingresso come partner principale si sta chiudendo». Focus su governance, proprietà intellettuale e tempistiche industriali.
Le possibilità che un nuovo Stato entri nel Global Combat Air Programme (GCAP) — il progetto congiunto tra Regno Unito, Italia e Giappone per sviluppare un caccia stealth di sesta generazione entro il 2035 — si stanno riducendo. A confermarlo è Herman Claesen, managing director del programma Future Combat Air System di BAE Systems, che ha dichiarato: «La probabilità diminuisce di continuo. Il ritmo raggiunto oggi rende l’ingresso come partner principale molto complesso».
Il riferimento, sebbene indiretto, è alla candidatura dell’Arabia Saudita, che da tempo manifesta interesse a entrare nel consorzio, ma non ha ancora ricevuto un’apertura politica concreta da parte dei governi coinvolti. L’esclusione di nuovi partner nel breve termine appare oggi una scelta strategica legata alla tempistica e alla governance del progetto.
GCAP: una piattaforma strategica trilaterale per il futuro della difesa aerea
Il Global Combat Air Programme nasce ufficialmente nel 2022 come evoluzione del progetto Tempest britannico e ha formalizzato la propria struttura nel giugno 2025, con l’obiettivo di consegnare il nuovo sistema d’arma entro un decennio. L’aereo, progettato per sostituire l’Eurofighter Typhoon e competere con l’FCAS franco-tedesco-spagnolo, sarà un velivolo stealth multiruolo di sesta generazione, capace di operare in ambienti ad alta densità informativa e con funzioni avanzate di interoperabilità, intelligenza artificiale e gestione del dominio spaziale.
Il progetto è guidato da BAE Systems per il Regno Unito, Leonardo per l’Italia e Mitsubishi Heavy Industries per il Giappone.
Una cooperazione bilanciata: il peso della proprietà intellettuale e della ripartizione industriale
Uno dei motivi per cui l’ingresso di nuovi partner appare problematico riguarda la delicata architettura giuridica e industriale del programma. A differenza del consorzio FCAS — rallentato da tensioni tra Dassault e Airbus per il controllo della proprietà intellettuale e la distribuzione dei carichi di lavoro — il GCAP ha mantenuto una governance agile, con ruoli chiari e una divisione tecnologica già concordata tra i tre Paesi fondatori.
L’inserimento di un nuovo attore comporterebbe non solo ritardi nello sviluppo ma anche rinegoziazioni su IP, standard tecnologici, sicurezza informatica e trasferimenti di know-how, con potenziali implicazioni sui vincoli geopolitici tra Asia, Europa e Medio Oriente.
Il nodo saudita: opportunità commerciale o rischio strategico?
L’Arabia Saudita è da tempo interessata a partecipare come partner industriale, offrendo potenzialmente finanziamenti consistenti e un accesso privilegiato al mercato MENA. Tuttavia, l’ingresso di Riad solleva interrogativi di natura politica e diplomatica, soprattutto per Tokyo, che mantiene una linea più cauta rispetto a collaborazioni con Paesi al di fuori dell’asse euro-indo-pacifico.
Il principale vantaggio di un ingresso saudita sarebbe l’ampliamento del mercato finale e il consolidamento di un blocco industriale alternativo agli Stati Uniti e alla Francia. Ma secondo Claesen, la domanda estera sarà comunque sufficiente anche con l’attuale assetto a tre: «C’è già una coda di Paesi interessati a trattare con i nostri governi».
Competizione globale: GCAP vs FCAS e l’equilibrio industriale europeo
Il programma GCAP si contrappone direttamente al Future Combat Air System (FCAS), il progetto rivale lanciato da Francia, Germania e Spagna, che ha però registrato ritardi significativi e conflitti interni. Le tensioni tra Dassault Aviation e Airbus Defence & Space sul controllo della piattaforma comune hanno rallentato lo sviluppo, lasciando spazio a una leadership momentanea del GCAP in termini di coerenza progettuale e roadmap.
Il caccia GCAP sarà più lungo di 3-4 metri rispetto all’Eurofighter Typhoon, con maggiore autonomia operativa e architetture modulari per l’integrazione di droni, sensori distribuiti e payload dinamici. A Warton, nel Regno Unito, è stato già presentato un concept avanzato del velivolo.
Geoeconomia della difesa: tecnologia, export e politica industriale
Oltre al valore militare, il programma GCAP rappresenta un asset strategico per la politica industriale e tecnologica dei tre Paesi coinvolti. Permette di sviluppare filiere avanzate nei settori avionica, radar, propulsione, materiali compositi e AI applicata alla difesa.
Dal punto di vista finanziario, la sostenibilità del progetto richiede una base export ampia e stabile, motivo per cui si guarda con interesse all’India, al Golfo e all’Indo-Pacifico. Tuttavia, il bilanciamento tra apertura commerciale e controllo tecnologico resta il punto più sensibile, specie in un’epoca di crescente frammentazione geopolitica e protezionismo difensivo.
GCAP chiude (per ora) le porte per mantenere il vantaggio
L’affermazione di Claesen sintetizza il momento attuale: il treno per entrare come co-partner principale sembra ormai partito. Tuttavia, il GCAP resta aperto a future alleanze flessibili, anche sotto forma di acquisizioni, licenze o cooperazioni tecniche secondarie.
La strategia dei tre governi fondatori punta sulla velocità decisionale, la coerenza industriale e la protezione della tecnologia come elementi centrali per arrivare per primi sul mercato globale della difesa di sesta generazione. E in questo scenario, ogni nuovo ingresso dovrà essere valutato non solo in termini economici, ma anche strategici, normativi e tecnologici.