AI on Device: Il futuro dell’intelligenza artificiale è nella prossimità, non nella distanza

| 03/07/2025

Per anni, l’intelligenza artificiale ha vissuto sospesa nelle nuvole del cloud. Tutto passava da lì: calcolo, archiviazione, intelligenza. Ma oggi sta emergendo un nuovo paradigma, tanto silenzioso quanto dirompente: l’AI on device. È una transizione tecnica, certo. Ma soprattutto strategica, politica ed economica.

L’intelligenza artificiale non è più solo un servizio remoto. Sta diventando una funzione nativa dell’hardware, integrata direttamente nei nostri smartphone, nei dispositivi medici, nei veicoli elettrici e nei sistemi industriali. Questo cambiamento ridefinisce non solo le architetture tecnologiche, ma anche le gerarchie di potere digitale.

Una rivoluzione di prossimità

Quando l’AI vive nel cloud, è potente ma distante. Quando vive sul dispositivo, è limitata ma vicina. Vicina ai dati, alle persone, al contesto. È in grado di rispondere in tempo reale, anche offline. Protegge meglio la privacy. Riduce la dipendenza dalla connettività. Ed è energeticamente più sostenibile, in un’epoca in cui il costo ambientale del digitale non è più ignorabile.

Non è un caso che i grandi player stiano spingendo su questo fronte. Apple ha fatto dell’elaborazione on-device un pilastro della propria strategia. Google, con Android e Tensor, segue lo stesso sentiero. Huawei ha trasformato il suo chip Kirin in una piattaforma edge AI. E aziende come Qualcomm, NVIDIA e MediaTek stanno ridefinendo il concetto stesso di microprocessore.

Una sfida di sovranità digitale

Ma la posta in gioco va oltre la tecnologia. L’AI on device è un tema di sovranità. Quando l’intelligenza è distribuita nei terminali, i dati restano localmente. Questo ha implicazioni enormi per la sicurezza, la regolazione e il governo della tecnologia. In Europa, dove la protezione dei dati è un valore fondante, l’AI on device può rappresentare una via d’uscita sostenibile da modelli centralizzati e opachi.

In questa direzione si muove anche il programma europeo KDT JU – Key Digital Technologies Joint Undertaking, che ha inserito l’AI on edge tra le priorità strategiche della nuova politica industriale comunitaria. Ma per non restare ai margini, servono azioni più rapide e coordinate: una nuova generazione di chip europei intelligenti, filiere tecnologiche sicure e incentivi concreti alla produzione locale.

Un’opportunità industriale da miliardi

La trasformazione è anche economica. Secondo IDC, il mercato globale dell’Edge AI supererà i 70 miliardi di dollari entro il 2027, trainato dalla domanda di inferenza real-time nei settori automotive, sanità, manifattura e consumo. Chi saprà posizionarsi ora, potrà controllare il cuore digitale di milioni di dispositivi nei prossimi anni.

In questo scenario, la competizione non sarà solo tra aziende, ma tra sistemi-paese. Il controllo dei chip, dei framework di ottimizzazione e dei modelli di AI adattivi diventa una leva strategica al pari dell’energia o delle infrastrutture.

Anche le regole devono evolvere

L’AI on device cambia la natura stessa dell’intelligenza artificiale: più diffusa, meno centralizzata, più legata ai contesti d’uso. Questo impone anche una riflessione normativa. Le regole europee sull’AI – come l’AI Act – dovranno saper distinguere tra modelli centralizzati e edge, tenendo conto della minore esposizione al rischio e della maggiore protezione dei dati nei sistemi on-device. È un cambio di prospettiva necessario, per evitare che la regolazione ostacoli proprio quei modelli che favoriscono la privacy e l’autonomia tecnologica.

Un’AI più democratica

Infine, c’è un tema culturale. L’AI on device è anche un’AI più accessibile. Non servono datacenter, né ingegneri altamente specializzati per integrarla. Le piccole imprese, gli sviluppatori indipendenti, le startup possono oggi utilizzare modelli leggeri, ottimizzati, preaddestrati e adattabili, per costruire prodotti intelligenti con pochi mezzi ma grandi idee.

È un ritorno alla logica dell’innovazione distribuita. Invece di accentrare potere e risorse, l’AI on device democratizza l’intelligenza. E questo è, forse, il vero cuore della rivoluzione.

Non lasciamoci ingannare dal silenzio. La vera rivoluzione dell’AI non è quella dei grandi modelli generativi che occupano i titoli dei giornali. È quella che avviene sotto la scocca del nostro telefono, nella telecamera di sorveglianza che rileva anomalie, nel robot agricolo che analizza il suolo. È un’intelligenza più umile, ma molto più pervasiva.

Investire nell’AI on device significa costruire un ecosistema più resiliente, umano e sostenibile. È il momento di abbracciare questo cambiamento e di guidarlo. Perché nel futuro dell’intelligenza artificiale, la vera potenza sarà nella prossimità, non nella distanza.

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